C'è una destra che non vuole Jair Bolsonaro
Come il cibo senza sale. Non ha sapore. Alla vigilia delle presidenziali del 2006, Lula descrisse così il suo avversario, Geraldo Alckmin. Non usò giri di parole, anzi: fu diretto e, diciamo, secco. A distanza di anni, siamo nel 2022, Lula e Alckmin condividono il medesimo obiettivo e, addirittura, lo stesso manifesto elettorale: vincere o, meglio, battere Jair Bolsonaro. La minaccia delle minacce, agli occhi di molti brasiliani (ma non solo).
In Brasile l’hanno definita la strana coppia. Eppure, dicono, potrebbe funzionare. Il primo, Lula, gioviale e vulcanico, è a capo del Partito dei Lavoratori. Il secondo, Alckmin, è (era) uno dei simboli forti della destra. Ha aderito al Partito Socialista dopo aver abbandonato quello della Social Democrazia Brasiliana, una sorta di terza via con posizioni apparentemente trasversali. Ora, si candida al ruolo di vicepresidente del Brasile.

I legami con Opus Dei
Cattolico, ultraconservatore, chiamato a più riprese a spiegare i suoi presunti legami con Opus Dei, la corrente più destrista della Chiesa, Alckmin ha scatenato critiche, sorrisi e polemiche quando ha annunciato il cambio di casacca in vista delle presidenziali. Ma come? Possibile? Evidentemente sì. Lo stesso Partito dei Lavoratori, che lo considera un neoliberista, ha ingoiato l’amaro boccone nel nome di un nemico comune, Bolsonaro appunto. Chiamatelo il potere di Lula.
Alckmin, d’altronde, vanta una vastissima esperienza in campo politico. Ha alle spalle quattro mandati come governatore del potente Stato di San Paolo, il motore economico del Paese, rappresentato dall’omonima capitale, un incrocio fra Milano e New York. Negli anni, è vero, ha dovuto affrontare diverse accuse: dall’eccessiva violenza della polizia alle tensioni sindacali, passando per casi di corruzione, finanziamento illegale e chi più ne ha più ne metta. Eppure, niente e nessuno ne ha scalfito il prestigio e l’influenza. Neppure il fatto di essere stato incriminato in tribunale.
Il salvatore della democrazia
Tutto dimenticato, insomma, tant’è che oggi Alckmin è considerato uno statista di rilievo. Capace, soprattutto, di spingere Lula oltre la minaccia Bolsonaro. E, quindi, di salvare la democrazia. Ha giurato, mesi fa, di difendere con tutto se stesso il ritorno di Lula alla presidenza del Brasile. Un ritorno in grande stile per questo medico di 69 anni, dopo che nel 2018, in elezioni vinte dall’estrema destra, ha racimolato solo il 5% di preferenze. Una sconfitta clamorosa per un partito un tempo dominante, il citato Partito della Social Democrazia Brasiliana.
In caso di elezione di Lula, Alckmin secondo gli analisti sarà il collante con la galassia conservatrice. Certo, la destra non è esattamente felice di questa svolta pro Lula da parte dell’ex governatore. C’è chi teme che la spesa pubblica, nonostante la presenza di Alckmin, aumenti. Chi, ancora, che l’aborto venga legalizzato.
A prevalere, però, sembrerebbero essere le larghe intese. In fondo, i partiti di Lula e Alckmin a suo tempo si unirono per lottare contro la dittatura. A questo giro, i due uomini foto hanno deciso di correre assieme per allontanare Bolsonaro. In ogni caso, i politologi lo avevano anticipato: Lula non sarà solo un candidato della sinistra.