Tensioni

Che cosa intende fare la Cina dopo le esercitazioni attorno a Taiwan?

Il massiccio dispiegamento di forze nei pressi dell'isola, una risposta alla visita di Nancy Pelosi, ha alzato e di molto il livello di tensione: quali i possibili scenari?
Marcello Pelizzari
04.08.2022 16:30

La Cina ha stretto la morsa attorno a Taiwan, con esercitazioni militari in grande stile. Una chiara risposta alla visita di Nancy Pelosi, speaker della Camera degli Stati Uniti. Della serie: l’isola è territorio cinese. Punto.

Le esercitazioni, leggiamo, si terranno fino a domenica e assomigliano a una vera e propria generale in vista di un potenziale blocco e di una altrettanto potenziale invasione. Scriviamo potenziale perché, senza girarci troppo attorno, se la Cina cercasse di prendersi Taiwan con la forza quasi certamente trascinerebbe nel discorso l’America e alcuni suoi alleati, come Giappone e Australia.

I numeri dell'esercito

La Cina, va da sé, ha una potenza di fuoco invidiabile. Il suo esercito è composto da 2 milioni di uomini (è il più grande al mondo) mentre la marina ha più navi rispetto agli Stati Uniti. Taiwan, numericamente, non può reggere. Ma ha promesso strenua resistenza. No, il Partito comunista non prevarrà sulla democrazia instauratasi sull’isola.

I politologi, all’unanimità, concordano: davanti a noi si profilano settimane complicate.

Pechino, finora, ha fornito pochi dettagli circa la natura e la portata delle esercitazioni. Si sa, però, che rappresentano un segnale muscolare lanciato agli americani. Soprattutto, ci danno una reale testimonianza di come potrebbe essere una vera azione militare per assumere il controllo di Taiwan.

La Cina non rispondeva in maniera così netta e violenta da quando, nel 1995 e nel 1996, lanciò missili nelle acque a nord e a sud dell’isola. Il motivo che scatenò quell’esercitazione, beh, fu la visita negli Stati Uniti dell’allora presidente di Taiwan Lee Teng-hui.

Negli ultimi mesi, in particolare, la Cina ha intensificato l’invio di aerei da guerra pur evitando incursioni o attacchi diretti.

Che cosa dice la costituzione

La Cina, da tempo, sostiene che, se necessario, Taiwan verrà (ri)presa con la forza, in barba alle posizioni di Washington e di altri Paesi occidentali che sostengono la democrazia dell’isola.

La visita di Nancy Pelosi, nello specifico, è caduta in un periodo storico particolarmente delicato per Pechino e, di riflesso, Xi Jinping, alle prese con la recrudescenza della pandemia, un PIL non proprio florido e, appunto, relazioni con l’Occidente non proprio ottimali, complice l’appoggio alla Russia: tre fardelli pesantissimi nell’ottica di un terzo mandato quale leader del Partito comunista, l’obiettivo dichiarato del presidente.

Xi, spiegano gli esperti, sta perdendo la pazienza o, nella migliore delle ipotesi, non intende aspettare all’infinito una soluzione per Taiwan. Ai suoi occhi, insomma, meglio promuovere la via militare. Secondo la costituzione cinese, d’altronde, Taiwan fa parte del territorio nazionale mentre una legge anti-secessione, datata 2005, prevede proprio l’invasione qualora «le possibilità di una riunificazione pacifica dovessero essere completamente esaurite». Occhio, quindi, a una dichiarazione formale di indipendenza o, ancora, a un intervento straniero.

Taipei, ovviamente, ha una posizione differente. E, finora, ha sempre resistito alle minacce di Pechino nonché all’isolamento diplomatico imposto dalla Cina continentale. Gli abitanti di Taiwan, in massa, sostengono l’indipendenza de facto dell’isola. Un sentimento uscito rafforzato dopo la campagna di repressione di Pechino sui diritti fondamentali a Hong Kong, fra cui la libertà di parola.

Ma i rapporti Cina-USA?

Taiwan, per il momento, ha risposto allertando i suoi militari e organizzando al meglio la protezione civile. Aviazione, marina e forze armate, assieme, contano 165 mila membri. Pochi, sebbene ben riforniti. Di più, l’invasione russa dell’Ucraina, sostenuta o comunque non condannata da Pechino, ha ulteriormente insospettito (eufemismo) Taipei. Che ha reagito di conseguenza, rivedendo i suoi piani di difesa.

Gli Stati Uniti, per contro, hanno schierato mezzi navali e militari in aree vicine a Taiwan. Compresa la portaerei USS Ronald Reagan. Washington, fra le altre cose, ha chiarito che lo Stretto Taiwan non è, come sostiene Pechino, territorio cinese sovrano.

Il punto, ora, è capire se la Cina manterrà questo livello di tensione o, in alternativa, se assisteremo a una de-escalation. Le autorità di Pechino hanno spiegato che la visita di Nancy Pelosi ha un prezzo, senza spingersi oltre né specificare.

Anche l’America, attraverso il consigliere per la sicurezza della Casa Bianca, Jake Sullivan, ha ammesso che la possibilità di un incidente è reale. Le esercitazioni cinesi sono state definite irresponsabili.  

I rapporti fra Cina e Stati Uniti, concludendo, sono ai minimi da diverso tempo. Washington, par di capire, è piuttosto concreta e secca nell’offendere Pechino e, parallelamente, non sembra sentirci molto quando i cinesi avanzano pretese su Taiwan.

In questo articolo: