Arte

Come si proteggeranno i musei dagli "attacchi" degli attivisti?

Dopo i numerosi vandalismi delle scorse settimane, alcune mostre corrono ai ripari e intensificano le misure di sicurezza per i visitatori
Red. Online
12.11.2022 22:00

I primi sono stati i Girasoli di Van Gogh a Londra. A seguire è stato il turno del Pagliaio di Monet in Germania. Ma anche La ragazza con l'orecchino di perla all'Aia e il Seminatore di Van Gogh a Roma sono stati colpiti in maniera simile. I quadri dei musei di tutta Europa, nelle ultime settimane, sono stati minacciati da zuppe di pomodoro, purè e qualsivoglia altro alimento liquido. E dalla colla, con cui gli attivisti per il clima, responsabili di questi gesti, si sono più volte appiccicati alle pareti o agli stessi quadri. Sebbene, fino ad ora, nessuna opera sia stata danneggiata grazie agli appositi vetri di protezione, diversi musei, grandi e piccoli, in Europa e negli Stati Uniti, hanno deciso di adottare delle speciali misure di sicurezza, per minimizzare qualunque rischio. 

Niente di nuovo, o quasi

Che i quadri esposti in musei e mostre d'arte siano protetti da apposite misure di sicurezza è risaputo. Come spiega Il Post, spesso in queste gallerie si conservano opere dal valore inestimabile, che qualche malintenzionato potrebbe voler cercare di rubare. Non a caso, si contano decine di episodi di tentati furti o danneggiamenti a quadri, per motivi disparati. Tuttavia, quelli dei manifestanti sono dei vandalismi che vengono svolti in modalità a cui il personale dei musei non è abituato, né tantomeno istruito, a rimediare prima che il danno venga fatto. Da qui nasce l'esigenza di proteggersi e di tutelare le proprie opere. 

Come dei finti manifestanti

Prevenire, però, è sempre meglio che curare. Sebbene le proteste degli attivisti per il clima abbiano riguardato principalmente l'Europa, secondo quanto riportato in un articolo del Wall Street Journal, anche una decina i musei statunitensi avrebbero cominciato ad adottare nuove misure di sicurezza in seguito agli attacchi delle scorse settimane. La soluzione che va per la maggiore negli Stati Uniti, al momento, è quella di rivolgersi ad agenzie di sicurezza private. Che, per intenderci, sono solite operare in aeroporti o a importanti eventi sportivi. Un rimedio notevole, se paragonato alle misure in vigore fino a poco tempo fa. E un esempio di quanto messo in atto da alcuni musei ci viene dato dalla Chameleon Associates, un'agenzia californiana fondata da ex membri dell'esercito israeliano. Qui, per salvaguardare le opere del museo, questa agenzia viene pagata per inviare - senza alcun preavviso - membri delle cosiddette "squadre rosse". Ossia, dei semplici agenti in borghese che, con disinvoltura, si atteggiano come se fossero dei veri e propri manifestanti, alla ricerca delle telecamere di sicurezza. Per rendere la messa in scena ancor più realistica, questi agenti comunicano tra di loro con dei gesti, o evitano accuratamente di perdersi tra le sale del museo, dirigendosi subito verso i quadri più importanti. Lo scopo? Semplice. Allenare le guardie dei musei a scovare molto più in fretta eventuali individui sospetti. 

Come cambiano le regole al Barberini

Ma le squadre speciali di agenti inviate senza preavviso non sono l'unica soluzione adottata da musei e gallerie. Qualcuno ha invece optato per un'intensificazione dei controlli all'entrata delle mostre. È il caso del Barberini di Potsdam, colpito "in prima persona" a fine ottobre, quando due attivisti del gruppo ambientalista Letzte Generation avevano lanciato del purè contro il Pagliaio di Monet. Dopo cinque giorni di chiusura, il museo ha diramato delle speciali misure per evitare che si ripetano episodi di questo tipo in futuro. Ora, ai visitatori è vietato accedere all'interno delle mostre con le borse, e, allo stesso modo, è stato intensificato anche il controllo dei capotti. E non è tutto. Secondo Il Post, per evitare ogni rischio, il Barberini avrebbe deciso di cambiare più cornici possibili ai suoi quadri, andando ad aggiungere un vetro protettivo a quelli che ne erano ancora sprovvisti. Una misura poco apprezzata da molti esperti d'arte, ma estremamente necessaria di questi tempi. Secondo molti, infatti, il vetro distorcerebbe la bellezza del quadro. Ma come spiega John Barelli, consulente per la sicurezza delle istituzioni culturali, è in realtà molto raro che un'attivista possa deliberatamente scegliere di colpire un quadro privo di protezione. Questo perché, a detta dell'esperto, queste persone non vogliono finire realmente nei guai. Cosa che, al contrario, avverrebbe, tagliando per esempio un dipinto. Secondo Beate Reifenscheid, presidente del Consiglio Internazionale dei Musei in Germania, le misure potrebbero farsi ancor più stringenti, e in breve tempo potrebbe divenire necessario confiscare anche telefoni e macchine fotografiche. 

Cosa ne pensa l'Italia

Interpellata da Il Post, anche Iole Siena, presidente di Arthemisia, la società che ha organizzato la mostra di Van Gogh a Roma, dove gli attivisti hanno preso di mira il quadro Il Seminatore, ha spiegato quali fossero le misure di sicurezza da loro adottate e perché non abbiano funzionato. In primo luogo, secondo le parole della presidente, Arthemisia aveva il sospetto che la protesta potesse colpire anche i quadri della propria mostra, dal momento che erano presenti diverse opere d'arte con una buona visibilità mediatica. «Prima di inaugurare la mostra abbiamo organizzato moltissime riunioni con le forze dell’ordine e i responsabili della sicurezza per mettere a punto un piano: noi di misure di sicurezza da attuare ne avevamo già, considerato il valore dei beni assicurati», ha spiegato la donna a Il Post. Non è stato sufficiente, a quanto pare, vietare ai visitatori di portare con sé zaini, borse, o oggetti voluminosi. Sebbene fosse consentito portare unicamente una piccola borsa, i manifestanti ambientalisti sono riusciti a colpire il quadro di Van Gogh grazie a dei piccoli vasetti riempiti di zuppa, nascosti nei pantaloni e sotto la felpa. «Neanche un metal detector rileva barattolini in vetro o bustine di plastica. Finché quelli portati avanti sono attacchi mediatici contro le opere non c’è moltissimo che si può fare: i protocolli stessi di sicurezza prevedono che, se un guardasala è presente nel momento in cui qualcuno tira fuori una busta o un barattolo, non può intervenire, perché non si possono aggredire fisicamente le persone», dichiara la presidente a Il Post, aggiungendo che, dal momento che non sono stati arrecati danni seri, è molto probabile non si proceda con ulteriori misure di sicurezza più restrittive.