Diplomazia

Dal caldo record ai colloqui, la missione di John Kerry a Pechino

Il delegato per il clima statunitense ha in agenda una serie di incontri con l'omologo cinese Xie Zhenhua – Sul tavolo la riattivazione dei negoziati per la riduzione delle emissioni: sarà finalmente svolta?
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Red. Online
17.07.2023 14:30

E così, una remota cittadina nella regione dello Xinjiang, in Cina, ha stabilito un record a livello nazionale: il termometro, infatti, è salito fino a 52,2 gradi. Uno scenario, questo, paradossalmente ideale per rilanciare i negoziati sul clima con gli Stati Uniti: John Kerry, l'inviato statunitense, si è incontrato con la controparte cinese Xie Zhenhua a Pechino. A suo tempo, la collaborazione fra Cina e Stati Uniti sulla riduzione delle emissioni era stata interrotta a mo' di rappresaglia per la visita di Nancy Pelosi a Taiwan, nel quadro generale dell'interruzione delle relazioni diplomatiche di alto livello fra i due Stati.

Dicevamo del caldo record: la temperatura è stata toccata domenica a Sanbao, come dichiarato dall'Amministrazione meteorologica cinese in una nota. Il precedente primato, 50,6 gradi, era stato raggiunto nel luglio del 2017. Sanbao, leggiamo, si trova alla periferia di Turban, dove le autorità hanno dichiarato una sorta di lockdown climatico imponendo a lavoratori e studenti di restare a casa. Parallelamente, dei veicoli speciali hanno spruzzato acqua sulle strade principali. In alcune parti della città, domenica, le temperature al suolo hanno raggiunto gli 80 gradi.

Nelle ultime settimane, vaste aree dell'Asia, dell'Europa e degli Stati Uniti sono state colpite da pesanti, anzi pesantissime ondate di calore. Secondo gli scienziati, queste ondate sono state esacerbate dall'emergenza climatica in corso. Di più, in futuro – come annunciato da un articolo dell'Economist – l'area del Mediterraneo sarà sempre più sottoposta a singole giornate con temperature sopra i 45 gradi.

La Cina, nello specifico, è il Paese messo peggio sul fronte dell'inquinamento. Nel 2019, circa il 24% di tutte le emissioni di CO2 equivalente prodotte nel mondo veniva infatti dal Dragone, al primo posto tra tutte le nazioni. Le emissioni di metano, in particolare, e il consumo di carbone figurano nell'agenda di Kerry che, appunto, ha tenuto i primi colloqui formali con Xie dopo quasi un anno. Il duo, verosimilmente, ha discusso anche della COP28, il prossimo vertice sul clima.

La speranza di Kerry, nello specifico, è che gli incontri di questa settimana dimostrino responsabilità e spirito di azione nel fronteggiare l'emergenza climatica. «Nei prossimi tre giorni speriamo di poter iniziare a compiere alcuni grandi passi che invieranno un segnale al mondo sul serio impegno della Cina e degli Stati Uniti ad affrontare un rischio, una minaccia, una sfida comune a tutta l'umanità, creata dagli esseri umani se stessi» ha detto Kerry prima dei colloqui. 

Caldo e siccità, tornando alla Cina, hanno provocato carenze di energia nella provincia orientale del Sichuan, come riporta il Guardian, dove i bassi livelli dell'acqua nelle dighe idroelettriche hanno spinto al razionamento dell'energia. Un problema certo rilevante, considerando che il Sichuan di solito invia elettricità ad altre parti del Paese.

Kerry, dal canto suo, ha elogiato l'incredibile lavoro svolto da Pechino sulle energie rinnovabili. Nessuno produce più energia della Cina sul fronte eolico e solare, tant'è che il governo ha garantito di poter arrivare alla neutralità carbonica entro il 2060: una lenta, ma significativa discesa insomma dopo il picco di emissioni di carbonio, che dovrebbe essere raggiunto entro il 2030.

Le emissioni di CO2 e metano restano, appunto, un problema concreto e reale, nel presente e nel prossimo futuro. E questo perché, come detto, la Cina è il più grande consumatore mondiale di elettricità generata dal carbone. Qui sono emerse non poche contraddizioni, considerando che da un lato Pechino ha promesso di ridurre il consumo di carbone entro il 2026 ma, dall'altro, ha approvato la costruzione di nuove centrali.

Agire sul clima, per la Cina in particolare, è una questione di vita o di morte: il Paese è infatti molto vulnerabile agli impatti del riscaldamento globale, avendo scarse risorse idriche, una popolazione numerosa e una grave desertificazione in corso. Pechino, detto degli impegni presi e delle promesse, insiste però su un concetto: quello delle emissioni storiche. Gli accordi globali sulla riduzione delle emissioni, a detta della Cina, dovrebbero tenere conto delle emissioni storiche. E del fatto che molti Paesi, europei in primis, si sono industrializzati decenni o secoli prima della Cina. Tradotto: hanno inquinato di più e su più anni. Così facendo, il rischio intravisto da Pechino è quello di frenare la crescita del Dragone sacrificandola sull'altare del clima.

L'attuale riluttanza di Pechino nel rispettare l'agenda climatica, detto delle rappresaglie post visita di Nancy Pelosi a Taiwan, potrebbe essere legata anche all'attuale incertezza sull'esito delle presidenziali statunitensi, in programma nel 2024. Un'amministrazione repubblicana, per dire, avrebbe la stessa sensibilità rispetto a quella democratica a guida Joe Biden?

Il viaggio di Kerry è soltanto l'ultimo da parte di alti funzionari statunitensi, nel tentativo di rafforzare legami ridotti a brandelli dalle tensioni geopolitiche di questi ultimi mesi. Prima del delegato sul clima, infatti, avevano visitato la Cina anche il segretario di Stato Antony Blinken e il segretario al Tesoro Janet Yellen. Kerry, indubbiamente, cercherà di far valere il suo rapporto personale che lo lega a Xie. 

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