La situazione

Dopo i giovanissimi, Mosca ora pensa ai «veterani»

Secondo l'intelligence occidentale il Cremlino sta richiamando in servizio i militari già licenziati per «coprire le vaste perdite»
Marcello Pelizzari
11.04.2022 10:15

La rivelazione, beh, arriva direttamente dall’intelligence occidentale: per far fronte alle perdite elevate accusate in Ucraina, Mosca sta richiamando in servizio i cosiddetti pensionati. Ovvero, soldati congedati.

Addirittura, secondo il ministero della Difesa britannico Mosca sono coinvolti perfino militari licenziati nel 2012. E ancora: il Cremlino si starebbe rivolgendo altresì a reclute provenienti dalla Transnistria, la regione separatista della Moldavia, pur di coprire «perdite crescenti».

La nuova offensiva

L’Ucraina, dal canto suo, si sta preparando a una nuova offensiva russa. Nel Donbass, già, dopo che l’invasore non è riuscito ad assicurarsi Kiev. Di fatto, è già iniziata.

Secondo diversi analisti, come l’Institute for the Study of War citato dal Daily Telegraph, la Russia non avrà vita facile a est proprio perché, in queste settimane, ha perso moltissimi uomini sul campo.  

L’esercito ucraino, insomma, potrebbe approfittarne nuovamente. L’impressione, infatti, è che Mosca continuerà – con testardaggine – a lanciare offensive tramite unità solo parzialmente ricostituite. Ottenendo, di riflesso, successi limitati a costi elevati, anzi elevatissimi.

Sebbene il numero esatto di soldati russi morti non si conosca, secondo stime indipendenti dovrebbe essere più vicino ai numeri forniti da Kiev (oltre 19 mila) rispetto alle cifre del Cremlino (1.350).

La recente campagna di reclutamento varata da Vladimir Putin difficilmente consegnerà all’esercito soldati pronti da qui a un anno. Sì, la riorganizzazione delle truppe sta creando non pochi grattacapi ai vertici di Mosca. E la tensione, di riflesso,  

La tensione, al Cremlino, su questo aspetto è palpabile. Peskov, il portavoce di Putin, è finito nel tritacarne per aver ammesso che la Russia ha subito «perdite significative» in Ucraina. «Una tragedia per noi» ha aggiunto. I falchi del presidente lo hanno subito aggredito, costringendolo a correggere se non rettificare.

Errori e arroganza

Le mosse, disperate, di Mosca si inseriscono in un contesto di errori, valutazioni errate, finanche arroganza. L’ipotesi di arruolare i veterani, l’ultima carta del Cremlino, difficilmente garantirà al Cremlino una vittoria in Ucraina. O eviterà ulteriori perdite.

All’interno della Federazione, a margine dei cortei e delle cerimonie funebri che si accavallano di giorno in giorno, la frustrazione nei confronti della guerra cresce sempre di più. A morire, in queste settimane, sono stati anche giovanissimi fra i diciotto e i vent’anni. Ragazzi che, complice pure la pandemia e la mancanza di alternative professionali, hanno visto nei contratti dell’esercito una via d’uscita. L’unica possibile in Russia.

Il Moscow Times, a tal proposito, ha ricostruito la storia di Igor Ivkin, caduto a Kharkiv. Si era arruolato nel febbraio 2021, ancora diciottenne, poco prima che la sua compagna si rendesse conto di essere incinta. Ha fatto appena in tempo a vedere sua figlia. Poi, appunto, è arrivata la guerra. Ed è stato spedito al fronte. Fra sette mesi, avrebbe compiuto vent’anni.

La «generazione Putin»

Adolescenti, nati e morti durante il lungo regno di Putin. Si chiamano proprio così, «la generazione Putin». In questi vent’anni e poco più, hanno conosciuto solo la Russia autoritaria e assetata di potere costruita dall’attuale presidente.

Per certi versi, sono i figli prediletti. Mosca, però, non si è fatta problemi a mandarli in guerra, diciamo pure allo sbaraglio, in prima linea. Proprio loro, i meno esperti e quindi più vulnerabili.

«Bambini, siamo bambini» avevano gridato alcuni soldati russi a Sumy, immortalati in un video. «Ci hanno gettato in questa merda».

Molti ragazzi sono entrati in pianta stabile nell’esercito attraverso la leva militare. In Russia, per legge, tutti gli uomini fra i 18 e i 27 anni devono prestare servizio per un anno nelle forze armate. Esistono, va da sé, scappatoie, soprattutto se parliamo di giovani provenienti dalle grandi città o dagli ambienti borghesi: basta iscriversi all’università o, ancora, pagare una tangente.

Tradotto, in Ucraina il Cremlino ha mandato ragazzi e ragazzini dalle province più lontane. Dai villaggi. Da località con poca prospettiva, se non appunto quella di abbracciare l’esercito. Da angoli del Paese in cui il patriottismo è forte e le possibilità economiche, guarda caso, sono scarse.

Come in Cecenia e Georgia

Le testimonianze, di nuovo, raccontano di veri e propri lavaggi del cervello per convincere questi ragazzi a prestare servizio permanente nelle forze armate russe. Dopo appena tre mesi di servizio, arriva già la proposta di contratto. Ne arriva una seconda dopo sei mesi qualora la risposta fosse negativa. E poi ancora dopo nove.

Diversi genitori hanno affermato che, poco prima dell’invasione, a diverse reclute è stata intimata la firma.

I coscritti, d’altronde, erano stati mandati al fronte anche in Cecenia negli anni Novanta e in Georgia nel 2008.

Adesso, a quanto pare, oltre ai giovanissimi toccherà pure agli «anziani». La follia del Cremlino continua.

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