Francia

Dopo Lecornu resta il caos: Macron sotto assedio

Il premier si dimette a un giorno dal primo Consiglio dei ministri: terzo capo del governo a cadere in poco più di un anno – Le Pen invoca elezioni, Mélenchon la destituzione di Macron, i Républicains chiedono persino le dimissioni del presidente
© KEYSTONE (EPA/STEPHANE MAHE)
Red. Online
06.10.2025 13:45

Caos senza fine in Francia. Ad appena dodici ore dalla formazione del governo, il neo-premier Sébastien Lecornu, nominato da un mese per tentare di formare un esecutivo e approvare la manovra finanziaria 2026 dopo la caduta, a inizio settembre, dell'ex premier Francois Bayrou, ha rassegnato le dimissioni al presidente Emmanuel Macron.

Un terremoto politico senza precedenti, con un governo nato la sera e morto il mattino seguente: il più breve nella storia della Quinta Repubblica. L’incarico di Lecornu è durato appena 27 giorni, un record negativo dalla nascita della Quinta Repubblica nel 1958. È il terzo primo ministro a lasciare in poco più di un anno, dall’estate 2024. Con queste dimissioni, Lecornu batte anche il precedente record di brevità di Michel Barnier (99 giorni nel 2024), restando in carica per meno di un mese.

«Non c'erano le condizioni per restare primo ministro», ha ammesso Lecornu, in una breve dichiarazione dopo l'annuncio delle dimissioni, deplorando che i partiti abbiano «fatto finta di non capire quanto» la sua decisione «di non ricorrere all'articolo 49.3 della costituzione rappresentasse una rottura profonda» rispetto ai governi del passato. Ha inoltre denunciato il «risveglio di appetiti di parte» legati anche alle prossime presidenziali, sottolineando che per lui «bisogna sempre mettere il Paese davanti al partito». Secondo analisti politici citati dai media francesi, il discorso di Lecornu è stato soprattutto un atto d’accusa verso le altre forze, accusate di egoismi e calcoli elettorali in vista delle presidenziali del 2027.

Le reazioni

«Siamo alla fine del cammino (...) la farsa è durata abbastanza», attacca la responsabile del Rassemblement National (RN), Marine Le Pen, che insieme al suo delfino e segretario del partito, Jordan Bardella, torna ad invocare lo scioglimento dell'Assemblée Nationale e il ritorno ad elezioni anticipate.

Mentre la France Insoumise (LFI) di Jean-Luc Mélenchon si spinge fino a chiedere la destituzione del presidente Emmanuel Macron. Mélenchon ha invocato l’«esame immediato» della mozione di destituzione già depositata da 104 deputati. E su questa linea si aggiungono pure gli ex gollisti: David Lisnard, numero due dei Républicains e sindaco di Cannes, ha dichiarato che «l’interesse della Francia comanda che Emmanuel Macron programmi le sue dimissioni per preservare le istituzioni e sbloccare una situazione che rimane irrisolvibile», sottolineando che il capo dello Stato è «il primo responsabile di questa situazione». Dalla sinistra, invece, si è registrata una doppia presa di posizione: se il leader socialista Olivier Faure ha parlato di un governo «senza più legittimità» e di un gruppo macroniano «sull’orlo dell’implosione», lo stesso Faure ha reso comunque omaggio a Lecornu definendolo «un gollista che si è dimesso con dignità e onore».

Vero ago della bilancia in questa crisi che fa reagire le borse e sprofonda nell'incertezza la seconda economia della zona euro sono stati i Républicains (LR), il partito della destra neogollista che finora appoggiava la compagine governativa. «Non potevamo offrire un ultimo giro di pista» ai macroniani, ha dichiarato il vicepresidente LR, Francois-Xavier Bellamy, aggiungendo che il suo partito «non ha nulla da temere da uno scioglimento» del parlamento.

Secondo diverse fonti a Parigi, il ritorno a sorpresa di Bruno Le Maire come ministro della Difesa dopo i sette anni passati all'Economia (2007-2024), ha fatto infuriare il campo LR. A sua volta ex repubblicano passato dal 2017 con Macron, Le Maire è inviso a molti suoi vecchi compagni di partito. Molti lo accusano, tra l'altro, di avere pesanti responsabilità, da ex-titolare di Bercy, nella deriva dei conti pubblici e per l'allarmante situazione finanziaria della Francia, che è valsa a Parigi il recente downgrade di Fitch.

Ad irritare i Républicains sarebbe stato anche l'ampio spazio riservato a Renaissance (il partito di Macron) nella nuova squadra (10 ministri contro 4 LR), in contraddizione con quello spirito di «rottura» invocata dallo stesso Lecornu nel giorno del suo insediamento a Matignon.

L'attuale ministro dell'Interno e presidente LR, Bruno Retailleau, ha bollato la lista come incapace di segnare una vera rottura col passato. Aveva dunque convocato per le 11 di questa mattina un consiglio strategico dei Républicains per valutare un’eventuale uscita dal nascente governo. Un rischio che ha evidentemente indotto Lecornu ad agire d'anticipo annunciando le dimissioni a sorpresa.

Anche le opposizioni di estrema destra (Rassemblement national) e sinistra radicale (La France Insoumise) avevano criticato nelle ultime ore un governo ''fotocopia'' del precedente visto che 12 dei 18 ministri erano già nella squadra di Francois Bayrou sfiduciata a fine estate.

Nominato il 9 settembre con l'arduo compito di formare un nuovo esecutivo, Lecornu aveva convocato il suo primo consiglio dei ministri per oggi alle ore 16. Ma la storia è andata diversamente. Lecornu è il terzo terzo premier designato nel giro di un anno, dopo Michel Barnier e Francois Bayrou, entrambi rimandati a casa, dopo che la dissoluzione dell'Assemblea nel giugno 2024, ha prodotto un emiciclo ingovernabile, diviso in tre blocchi contrapposti e incapaci di qualsiasi forma di compromesso. 

Il caos politico ha avuto immediate ripercussioni economiche: la Borsa di Parigi, già partita in mattinata più lenta rispetto ad altri listini europei, ha perso il 2% e si fa sempre più concreta l’eventualità di misure di austerità.

Sul fondo resta il nodo del bilancio, con tagli e aumenti fiscali necessari a ridurre il più alto deficit dell’eurozona, lo stesso che ha fatto cadere i due predecessori di Lecornu, Bayrou e Barnier.

Il passo indietro del premier ha assunto anche contorni simbolici: l'emittente BFMTV ha tramesso le immagini del presidente francese, Emmanuel Macron, a piedi, sulle rive della Senna, dopo le dimissioni del premier. Nel video il presidente, vestito di scuro, cammina da solo sui 'quai' parigini patrimonio dell'Unesco, con tre persone a distanza, probabilmente un portaborse e membri del servizio di sicurezza.

Macron, che ad un certo punto sembra parlare al telefono, è in «prima linea» dinanzi alla crisi, scrive BFMTV. «Ci sono molte consultazioni da condurre per lui in questo momento», aggiunge un commentatore, parlando della «solitudine del potere, la solitudine di un presidente dinanzi alla decisione da prendere nelle prossime ore: scioglimento dell'Assemblea (con ricorso alle elezioni anticipate, le seconde in poco più do un anno), nomina di un nuovo primo ministro, referendum o chissà cos'altro ancora...».

Secondo un calcolo realizzato da Le Monde, la permanenza al potere del governo Lecornu si può contare addirittura in minuti, precisamente 836, dall'annuncio ufficiale dell'Eliseo (domenica sera alle 19.45) fino alle dimissioni del premier (lunedì mattina alle 9.41).
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