La storia

Draghi, Macron, Scholz e gli altri: quando la diplomazia corre sul treno

I viaggi verso Kiev dei leader occidentali fra foto simboliche e messaggi politici: l'Ucraina non è sola – Ma come si organizzano simili spostamenti?
Marcello Pelizzari
18.06.2022 12:00

La diplomazia, in Ucraina, corre sul treno. È così dall’inizio della guerra. O, meglio, dalla visita a sorpresa – a marzo – di Mateusz Morawiecki, Janez Jansa e Petr Fiala, i leader di Polonia, Slovenia e Repubblica Ceca. La ferrovia, d’altronde, era e rimane l’unico mezzo a disposizione per raggiungere Kiev. Lo spazio aereo, infatti, è chiuso dal 24 febbraio mentre diverse strade, ad oggi, risultano inaccessibili a causa dei combattimenti. Sui vagoni della Ukrzaliznytsia, che sembrano uscire da un altro tempo e da un’altra epoca, con il passare dei giorni hanno trovato posto diversi politici. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, il primo ministro britannico Boris Johnson, il premier canadese Justin Trudeau, il Segretario di Stato americano Antony Blinken. Infine, è di pochi giorni fa il viaggio del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del presidente francese Emmanuel Macron e del primo ministro italiano Mario Draghi.

La segretezza

Intendiamoci: sebbene la guerra, di fatto, si sia spostata a est è ancora pericoloso, se non pericolosissimo, viaggiare in treno verso Kiev. E questo perché l’esercito russo, di tanto in tanto, prende ancora di mira i binari nel tentativo di fermare (o quantomeno frenare) i rifornimenti di armi. Curiosamente, ma nemmeno troppo, i leader occidentali sono obbligati a viaggiare su treni ucraini. L’Europa, infatti, predilige lo scartamento standard o Stephenson di 1.435 mm. L’Ucraina utilizza quello russo da 1.520 mm.

La segretezza, soprattutto nelle prime settimane di guerra, è una delle condizioni essenziali affinché il viaggio possa svolgersi in relativa tranquillità. Morawiecki, a marzo, aveva fatto incazzare e non poco il presidente delle Ferrovie ucraine, Oleksandr Kamyshin, per aver annunciato la sua visita a Volodymyr Zelensky mentre era ancora in viaggio verso Kiev. Lo stesso Kamyshin e i suoi colleghi, dall’inizio del conflitto, operano da un treno in continuo movimento. «Non dico nemmeno ai miei figli dove siamo» le sue parole alla CNN. Von der Leyen, se possibile, l’aveva combinata ancora più grossa annunciando il suo arrivo troppo presto e dichiarando perfino il punto di partenza: la città polacca di Przemysl.

Fra lusso e ravioli

Detto della segretezza, la sicurezza non può essere garantita al 100%. Quello che possono fare le Ferrovie ucraine, tuttavia, è coccolare – nel limite del possibile – gli ospiti. Secondo Radio Free Europe, uno dei vagoni usati in questi mesi per trasportare i leader politici fu costruito nel 2014 allo scopo di condurre passeggeri facoltosi in Crimea. Verosimilmente, rimase in servizio per pochissimo tempo considerando che l’annessione della penisola da parte della Russia avvenne proprio quell’anno. Altri vagoni, per contro, rimandano direttamente all’epoca sovietica sebbene siano stati rimodernati di recente. In alcuni, addirittura, è possibile trovare letti king size e tv a schermo piatto.

Una volta a Kiev, beh, i politici rimangono per alcune ore. Giusto il tempo di incontrare e parlare con Volodymyr Zelensky, visitare le zone più colpite attorno alla capitale e, per alcuni, mangiare qualcosa. Boris Johnson, come riferito da svariati media, ad esempio aveva mangiato zuppa di pollo, un’insalata con formaggio di capra, roast-beef e deliziosi varenyky per dessert, ovvero ravioli ripieni di ciliegie.

A contare, più di ogni altra cosa, è il simbolismo. Le foto, le parole, i gesti. Esserci, insomma. Per ribadire che l’Ucraina non è sola. E che un viaggio in treno, per quanto pericoloso, può regalare speranza non solo alla leadership ucraina ma a un intero Paese.

© EPA
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