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I detective fai da te della guerra

Sono diversi gli utenti che, su Twitter, analizzano immagini, video e informazioni provenienti dall'Ucraina
Marcello Pelizzari
02.05.2022 15:45

Conoscere l’Ucraina. Senza nemmeno averla mai visitata. Conoscerla a tal punto da meritarsi l’attenzione dei media internazionali, che gli riconoscono il ruolo di Sherlock Holmes del web. Justin Peden, uno studente di Birmingham, in Alabama, è balzato agli onori della cronaca grazie al lavoro, certosino, svolto via Twitter. Un detective (o debunker, se preferite) in piena regola.

«Colpa» della Crimea

Peden, leggiamo su Deutsche Welle, ha cominciato a interessarsi all’Europa orientale nel 2014, quando aveva appena tredici anni, in seguito all’annessione della Crimea da parte della Russia. Oggi, trascorre il suo tempo libero sorvolando virtualmente i territori contesi. E, soprattutto, informando i suoi followers.

Questo ragazzo-detective si basa su fonti libere e accessibili. Immagini satellitari, siti come Flightradar24 per le rotte degli aerei, video che fanno il giro dei social. Quindi, incrocia i dati e condivide con il pubblico (255 mila utenti) le sue analisi. Dai movimenti delle truppe alle coordinate di un attacco missilistico.

Peden, va da sé, non è il solo. Kyle Glen, un gallese attivo nella ricerca medica, su Twitter è noto per dirigere Open Source Intelligence. Un profilo divenuto celebre per la sua capacità di contestualizzare video o immagini provenienti dal conflitto e perché verifica l’accuratezza di quanto viene pubblicato in rete.

Comunità in crescita

La comunità di questi investigatori-fai-da-te è cresciuta a dismisura con il passare del tempo, acquistando parecchio in termini di numeri e credibilità. Open Source, fra le altre cose, ha seguito i movimenti dei convogli militari russi mentre altri si sono iscritti appositamente a Tinder per pizzicare i soldati di Mosca schierati lungo il confine, a Belgorod.

Governi e agenzie, non a caso, hanno apprezzato parecchio l’attività di Open Source e simili. Kiev, ad esempio, ha creato un’app che permette ai cittadini di caricare foto e video degli spostamenti dell’esercito russo. Di messaggi, ha spiegato il ministro ucraino per la Trasformazione digitale Mikhailo Fedorov, ne sono arrivati migliaia. Ogni giorno. «Sono molto, molto utili» ha dichiarato il politico al Washington Post.

Fra insidie e rischi

Cosa spinga tutte queste persone a battersi, via Twitter, per la causa ucraina è difficile a dirsi. È un misto di motivazioni e spiegazioni, mettiamola così. C’è chi ha esperienza militare, chi si sente particolarmente vicino alle sofferenze e chi, ancora, ha provato a immedesimarsi nel dolore provato da famiglie e civili. E poi c’è chi spera, come Peden, che i suoi tweet un domani vengano usati in un processo per crimini di guerra.

Una simile spinta verso la verità, è inutile negarlo, nasconde pure non poche insidie. Chiunque, per farla breve, potrebbe autoproclamarsi debunker di professione e pubblicare tutte le informazioni che desidera. Senza, peraltro, pagare pegno qualora mettesse online informazioni false o fuorvianti.

D’altro canto, le conseguenze per un singolo cinguettio potrebbero essere pesanti, se non pesantissime. Soprattutto, reali. Peden, proprio lui, al riguardo ha ricordato un video proveniente da Kherson, nel sud del Paese, durante le prime fasi dell’invasione. Era stato filmato da una donna e aveva quale soggetto una pattuglia russa. Peden, beh, non si è lasciato sfuggire l’occasione pubblicando in men che non si dica un tweet con tanto di geolocalizzazione. Un assist involontario all’invasore, che ha spinto il detective-fai-da-te a cancellare quanto pubblicato pochi istanti dopo. «Avrei potuto farla uccidere». Già.

Di mollare, però, il ragazzo non vuole saperne. Anzi. Il suo obiettivo è dare ai suoi followers tutti gli strumenti necessari per navigare nel mare di informazione e disinformazione che caratterizza la guerra, questa guerra.

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