Il caso

I lavoratori nordcoreani in Russia: «Trattati come schiavi, con turni di 18 ore»

Sei operai hanno raccontato alla BBC le condizioni di lavoro nei cantieri dell'Estremo Oriente russo: «Svegliarsi era terrificante, ogni giorno era uguale al precedente»
© EPA/JEON HEON-KYUN
Red. Online
17.08.2025 06:00

Non solo i soldati nordcoreani. Da qualche tempo, la Russia ha iniziato a reclutare anche lavoratori dal Paese di Kim Jong-un. Una strategia volta a risolvere la carenza di manodopera nella Federazione Russa, a causa della guerra in Ucraina e della diminuzione della natalità.

Ma secondo un reportage della BBC, attualmente, migliaia di lavoratori nordcoreani inviati in Russia per lavorare si trovano in «condizioni simili alla schiavitù». Sei di loro, intervistati dall'emittente britannica, hanno descritto situazioni di lavoro «abissali». Aggravate dal fatto che le autorità nordcoreane, in collaborazione con Mosca, stanno rafforzando il controllo di questi lavoratori, per impedire loro di scappare. 

Tra questi, c'è un uomo che ha raccontato alla BBC la sua esperienza di lavoro nell'Estremo Oriente russo. Arrivato a destinazione, era stato scortato dall'aeroporto al cantiere da un agente di sicurezza nordcoreano, che gli aveva immediatamente ordinato di non parlare con nessuno e non guardarsi in giro. «Il mondo esterno è nostro nemico», aveva aggiunto. L'uomo ha raccontato di essere stato subito messo al lavoro nella costruzione di grattacieli residenziali per più di 18 ore al giorno. 

Una condizione comune, a cui hanno dovuto sottostare tutti e sei i nordcoreani interpellati dalla BBC. La sveglia, per loro, suona ogni giorno alle 6 del mattino. Dopo sole quattro ore scarse di sonno. Sono costretti, infatti, a costruire grattacieli fino alle 2 del mattino. Con soli due giorni di riposo all'anno. 

«Svegliarsi era terrificante, rendersi conto che dovevi ripetere lo stesso giorno ancora una volta», ha raccontato un operaio edile riuscito a fuggire dalla Russia lo scorso anno. L'uomo ha ricordato come le sue mani si irrigidissero al mattino, incapaci di aprirsi, paralizzate dal lavoro del giorno precedente. «Alcuni lasciavano il loro posto per dormire durante il giorno, o si addormentavano in piedi, ma i supervisori li trovavano e li picchiavano. Era davvero come se stessimo morendo», ha confessato un altro dei lavoratori. 

Una situazione a cui non è difficile credere. «Le loro condizioni sono davvero pessime», ha dichiarato alla BBC Kang Dong-wan, professore dell'Università Dong-A della Corea del Sud, che si è recato più volte in Russia con l'obiettivo di intervistare i lavoratori nordcoreani. «I lavoratori sono esposti a situazioni molto pericolose. Di notte le luci vengono spente e lavorano al buio, con poche attrezzature di sicurezza».

Non solo. Secondo il racconto di questi uomini, la loro vita è circoscritta ai cantieri in cui lavorano, dove vivono giorno e notte, continuamente sorvegliati da agenti del dipartimento di sicurezza dello Stato nordcoreano. Non hanno case, ma dormono in container sporchi e sovraffollati, infestati da insetti. In altri casi, direttamente sul pavimento di condomini in costruzione, con teloni stesi sui telai delle porte per cercare di ripararsi dal freddo.

Uno degli operai interpellati dalla BBC ha raccontato di essere stato vittima di un incidente. Un giorno, mentre lavorava nel cantiere, è caduto da circa quattro metri di altezza. Ha picchiato la faccia e ha accusato ferite che non gli sentivano di continuare a lavorare. Ma anche in quel caso, i suoi supervisori non gli hanno permesso di lasciare il cantiere per recarsi in ospedale.

Paradossalmente, questi lavori di costruzione in Russia sono molti ambiti dai nordcoreani, perché pagati meglio di quanto non accada in patria. La maggior parte dei lavoratori, infatti, parte con la speranza di cambiare vita e sfuggire alla povertà. Pensando di tornare in Corea del Nord con abbastanza soldi per comprare una casa o avviare una proprietà. 

Le cose, però, sono diverse. La maggior parte dei loro stipendi viene inviata direttamente allo Stato nordcoreano come «tassa di fedeltà». Ciò che rimane, di solito, è una cifra compresa tra i 100 e i 200 dollari al mese. Viene annotata su un registro e i lavoratori ricevono quei soldi solo quando tornano a casa. Una strategia, questa, che secondo gli esperti non permetterebbe ai nordcoreani di scappare prima di aver concluso il loro lavoro. 

Uno degli uomini intervistati ha dichiarato di essersi «vergognato» quando ha saputo che altri lavoratori edili provenienti dall'Asia centrale venivano pagati cinque volte più di lui per un terzo del lavoro. «Mi sentivo come se fossi in un campo di lavoro, una prigione senza sbarre», ha dichiarato. Secondo un altro operaio, anche gli altri lavoratori asiatici sono soliti prendere di mira i nordcoreani, insultandoli. «Ci dicevano che non siamo uomini ma schiavi, solo macchine che possono parlare»

Nonostante scappare sia considerato un rischio estremo, negli ultimi tempi, tuttavia, alcune persone - tra cui gli uomini intervistati dalla BBC - sono riuscite a fuggire, grazie a smartphone di seconda mano «proibiti», acquistati risparmiando la piccola indennità giornaliera che è loro concessa per sigarette e alcolici. 

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