Il «nuovo fiore» Addis Abeba sboccia nonostante la guerra
«Nuovo fiore». È questo il significato di «Addis Abeba», il nome amarico della capitale dell'Etiopia. Fondata nel 1886 dall'imperatore Menelik II, la città posizionata a quasi 2.400 metri sul livello del mare sta onorando il proprio nome. Da qualche anno a questa parte, infatti, sta sbocciando grazie ad alti grattacieli e parchi lussureggianti. Un vero fiore nel mezzo di un Paese ancora dilaniato dalla guerra civile. Uno Stato dove i conflitti etnici sono ancora all'ordine del giorno. In mezzo a tutto ciò, come evidenziato da un recente articolo apparso sull'Economist, il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali sta puntando tutto sulla propria capitale. L'idea? Impregnare l'importante città di benessere e avanzamento tecnologico, innalzandola così a modello per tutta l'Etiopia.

Sheger Park e lo sport d'avventura
Tra i più nuovi e sfavillanti esempi di questa politica, v'è un verde e modernissimo spazio pubblico: Sheger Park. Immaginate, nell'aria, il vapore generato dalle spettacolari fontane d'acqua, misto al profumo dei fiori che, ovunque, crescono rigogliosi. E la delicata musica di pianoforte che riempie l'aria. La pagina dedicata al parco pubblicizza la possibilità di creare «epici ricordi» per tutta una serie di eventi: «dalle cerimonie nuziali agli anniversari, compleanni, cerimonie di laurea o servizi fotografici».
Ma Sheger Park è solo uno di una serie infinita di grandi progetti in cantiere. Il vicino palazzo di Menelik II è stato trasformato nel primo di numerosi nuovi centri espositivi, mentre ad inizio 2022 vi è già stata inaugurata un'enorme biblioteca pubblica. Subito accanto, intanto, si lavora alacremente per veder presto sorgere un museo della scienza e un anfiteatro. Ma non finisce qui. Il vicino Monte Entoto, invece, vanta la possibilità di percorrere sentieri escursionistici e praticare sport d'avventura. E se qualcuno volesse un po' di relax? Niente paura: vi sono anche un resort di lusso e numerosi raffinati ristoranti.
Ma ad Addis Abeba non è solo il verde a crescere. Anche le infrastrutture preesistenti si stanno rinnovando: le strade pubbliche sono state colorate e abbellite con fiori e murales, mentre gli uffici governativi hanno subito un deciso restyling. L'anno scorso piazza Meskel, la storica piazza centrale, è stata sontuosamente ristrutturata per un costo di oltre 73 milioni di dollari (circa 70 milioni di franchi)
Parchi e spazi verdi, insomma si moltiplicano nel cuore di un Paese che, pur vantando (prima dell'esplosione del conflitto nel Tigray) una delle più rapide ascese economiche al mondo, rimane ai piedi della scala in termini di PIL pro capite.
Perché puntare tutto su Addis Abeba?
Ma per quale motivo il premier Abiy ha deciso di puntare tutto su Addis Abeba, agendo in prima persona per promuovere lo sviluppo della città? Il rinnovamento della capitale, spiega l'Economist, «è un progetto politico oltre che estetico». Lo stesso Abiy era stato chiaro in una delle sue prime interviste: «Se si può cambiare Addis, sicuramente si può cambiare l'Etiopia». Se già il Fronte Democratico rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF), coalizione al potere dal 1991, si era adoperato per promuovere una modernizzazione del grande centro (pur mantenendo un certo interventismo statale nell'economia), con l'ascesa di Abiy e del Partito della Prosperità, l'Etiopia ha svoltato verso un capitalismo più liberale e consumistico. Un orientamento che spinge a investire sulle apparenze. Chiedete ad Abiy, che interrogato sul perché dei fiori posti lungo la strada dell'aeroporto, aveva risposto: «Una mente che non vede una cosa buona, non creerà una cosa buona». Un'idealizzazione dell'apparire che ha spinto il premier anche a promuovere una più uniforme tinta per i palazzi della città: all'amministrazione non resta che scegliere fra le generose 13 tonalità di grigio.
Ma non è solo opportunismo politico o semplice edonismo a spingere il premier a una ricerca della bellezza. Intervistato dal settimanale britannico, il docente aggiunto alla Ethiopian Graduate School of Theology (EGST) Tekalign Nega ha spiegato come per Abiy, cristiano evangelico, l'abbellimento potrebbe avere anche una dimensione religiosa. «L'enfasi sull'estetica urbana riflette i principi del "Vangelo della prosperità", secondo i quali splendore terreno e favore divino sono strettamente connessi. Una Addis Abeba pulita e splendente, secondo questo modo di pensare, è un passo verso il paradiso e verso un'Etiopia pacifica e prospera: si tratta di dare un assaggio di ciò che sta per arrivare».
E cosa ne pensano gli abitanti? Tutti apprezzano lo sforzo di Abiy? Non proprio. Se, da una parte, pochi mettono in dubbio il valore di spazi pubblici più numerosi e meglio utilizzati, dall'altra alcuni sono preoccupati per i costi. Davvero avere spazi così lussuosi è una priorità? Secondo le stime proposte dall'Economist, la prima fase della progettazione di Sheger Park è costata circa un miliardo di dollari (960 milioni di franchi). Come sottolineato dal premier, interrogato sulla fattibilità dell'opera, gran parte del denaro proviene da fonti private o dall'estero (Cina ed Emirati Arabi Uniti fra i principali). Ma anche le tasche dei contribuenti etiopi sono state toccate dal progetto, pur non avendo alcuna voce in capitolo sulla sua realizzazione.

Etnie e conflitti
Priorità, evidenziavano alcuni cittadini. Già, perché in Etiopia le tensioni etniche sono ormai divenute endemiche. Alla storica rivalità fra i due principali gruppi, Oromo (34,4% della popolazione, secondo dati del 2007) e Amara (27%), fonte di continui scontri, si è aggiunto nel 2020 un devastante conflitto fra le forze separatiste del Tigray e il Governo federale. Onorato col Nobel per la pace nel 2019 per i suoi sforzi nel riavvicinamento con l'Eritrea, Abiy non è riuscito ad evitare l'escalation. Non solo: nella repressione messa in campo, il premier è stato accusato da più fonti di aver commesso crimini contro l'umanità. Nell'aprile del 2021, un video della BBC aveva portato alla luce, ad esempio, un'esecuzione di massa commessa dall'esercito regolare nei confronti di civili disarmati.
Secondo i dati aggiornati dell'Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR), in Etiopia si trovano oggi oltre 3,5 milioni di sfollati interni: un terzo di questi è stato costretto a fuggire nella prima metà del 2021. E non finisce qui. Altri 924 mila rifugiati provenienti da nazioni terze (per la maggior parte Sud Sudan, Somalia, Eritrea) risiedono nel Paese. E nelle regioni del Tigray, Afar e Amhara circa 9 milioni di persone necessitano di aiuti alimentari.
Di qui, ancora, la domanda che attanaglia molti contribuenti etiopi: «Abbiamo davvero bisogno di un altro parco?».