Il caso

«Il video dello stupro diffuso da Meloni? Un errore, da lei nessuna proposta»

Dopo le polemiche sul filmato condiviso dalla leader di Fratelli d'Italia, abbiamo parlato con lo psichiatra Paolo Crepet: «Non lo avrei mai pubblicato, ma si differenzia tanto da quello con la morte di Floyd?»
24.08.2022 17:01

«Sono disperata, mi hanno riconosciuta da quel video». Lo ha confidato agli inquirenti la donna ucraina vittima dello stupro avvenuto in strada a Piacenza lo scorso 21 agosto. All'alba di domenica, un 27.enne richiedente l'asilo avrebbe inseguito la donna e si sarebbe avventato su di lei. Il tutto è stato ripreso con il telefonino da un passante e il video è stato diffuso, tra gli altri, anche sui canali social di Giorgia Meloni, scatenando le ire del segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, e non solo.

«E se la vittima fosse stata sua madre?»

La donna, ricoverata in stato di shock, nel frattempo è stata dimessa dall'ospedale e la neosindaca della città emiliana, Katia Tarasconi, si è detta pronta ad andarla a trovare e ad attivare il fondo regionale per le vittime di reato. Ma con la circolazione di quel video, ha affondato Tarasconi, la donna sta subendo «una seconda violenza». La domanda della prima cittadina di Piacenza è secca: «Chi lo ha pubblicato avrebbe fatto lo stesso se la vittima fosse stata sua sorella o sua madre?». Sui social sono piovuti numerosi attacchi indirizzati a Giorgia Meloni, colpevole, secondo molti, di aver usato quel video per fini elettorali.

È solo campagna elettorale?

Il video era comparso inizialmente su alcuni media e quello ripostato dalla leader di Fratelli d’Italia era «oscurato in modo da non far riconoscere la vittima ed è preso dal sito di un importante quotidiano nazionale», ha sottolineato la stessa Giorgia Meloni, respingendo ai mittenti le accuse di strumentalizzazione per lanciare la sua campagna elettorale. «Mistificazioni», «attacchi scomposti», dicono altri esponeneti del partito, come Isabella Rauti e Ylenja Lucaselli.

«La lesione della dignità non è la condanna di uno stupro: è lo stupro», ha sentenziato Meloni rivolgendosi direttamente a Enrico Letta, che aveva invitato a «non superare i limiti della dignità e della decenza», puntando il dito contro la leader di FdI per la pubblicazione di quel video «indecente e indecoroso». Una cosa «indegna», anche per il leader di Azione Carlo Calenda. Ma il punto, secondo Meloni, presa di mira da quasi tutto il centrosinistra, è che «la sicurezza è fuori controllo, anche grazie alle surreali politiche di immigrazione» portate avanti in questi anni proprio dalla sinistra che «non spende una parola» né per la signora ucraina né per la «condanna del suo stupratore». 

«Mi hanno riconosciuta, sono disperata»

Nel frattempo sono arrivate le prime parole delle persone coinvolte nei fatti di Piacenza. Sekou Souware, l’uomo presente nel video, tutt’ora in arresto, ha negato tutto. Souware, un operaio incensurato, sbarcato sulle coste siciliane nel 2014 e richiedente l'asilo, ha risposto alle domande, fornendo una sua versione dei fatti. Avrebbe detto di non aver avuto alcuna volontà di fare del male alla donna, ma di essersi avvicinato per soccorrerla, pensando che stesse male. L’uomo ha inoltre riferito agli inquirenti di aver passato la notte tra sabato e domenica in una discoteca e di non essere a conoscenza del video della violenza. Anche la vittima, una 55.enne ucraina che lavora in Italia da diversi anni, ha fornito la sua versione dei fatti. Stando a quanto riportato da Agi, la donna avrebbe inoltre dichiarato: «Sono stata riconosciuta per colpa di quelle immagini», dicendosi «disperata» (anche) per questo.

Parola a Crepet

Per maggiori chiarimenti da un punto di vista sociale e politico abbiamo intervistato Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, educatore, saggista e autore del recente libro Lezioni di sogni (Mondadori, 2022). «Il caso di Piacenza è gravissimo, e come questo anche tutti quelli che accadono ogni giorno», ha sottolineato Crepet, commentando anche il sempre più diffuso fenomeno di filmare con il telefonino un reato piuttosto che aiutare la persona in difficolta. Secondo lo psichiatra, «al giorno d’oggi siamo otto miliardi di potenziali fotografi e questo lo abbiamo deciso noi, è dunque ipocrita chi rimane scocciato per la visione di un video come questo, piuttosto che di uno sgozzamento».

Ma di chi è la colpa?

Sempre più spesso capita di essere presenti, se non addirittura coinvolti, in una rissa o peggio. E la tendenza purtroppo è quella di filmare tutto con il telefonino, piuttosto che cercare di placare gli animi o avvisare le autorità. Un comportamento certamente sintomo di scarso senso civico che però, per Crepet, è legato alla responsabilità dei social network, su cui viene condiviso tutto e solo in un secondo momento viene posto il problema di vietare la pubblicazione di certi contenuti. L’esperto constata: «Primariamente è indecente che i social e i loro gestori aspettino due giorni per togliere le immagini, se non lo fai subito diventi pericoloso. Devono avere loro il controllo della situazione».

Crepet continua prendendo in esame il caso Trump: «Quando vi fu la vicenda della presa dei negazionisti di Capitol Hill, inizialmente andava tutto bene, i social erano liberi. Il perché? Hanno fatto miliardi di interazioni, numeri e soldi incredibili, poi ci si è accorti che forse non era così tanto giusto promuovere la divulgazione di certi contenuti e allora si è bloccato tutto. Se trovo un elemento di orrore morale, lo trovo primariamente in chi è a capo di questi strumenti, non controllandoli o facendolo a piacere». E se Crepet fosse segretario di un partito politico, l’avrebbe condiviso quel video? «Assolutamente no, ma è la mia educazione a dirmi di non farlo. Questo video si differenzia così tanto da quello di Floyd? Non credo, anzi in quello vi era pure un trapasso, eppure tutti i quotidiani l’hanno ripubblicato».

«I politici non hanno le palle»

Secondo Crepet, il problema del video pubblicato da Giorgia Meloni è che nella didascalia dello stesso la leader di FdI non ha scritto neppure una riga su come provare a fermare tali avvenimenti: «L’errore per un politico è far vedere ciò che non va e la denuncia non è supportata da alcuna proposta politica. La Meloni ha tutti i diritti per dire “non sono stata l’unica a condividere la clip”, ma lei di mestiere fa il politico e dunque deve fornire proposte. Le città sono insicure: va bene, ma cosa si fa? Il mio lavoro è descrivere il contesto, studiare la società e darne un quadro oggettivo, il suo è dare proposte e, in caso di vittoria, attuarle».

Crepet conclude: «Se dovessi entrare in politica, per ovviare ai problemi “della notte” farei chiudere tutti quei posti che vendono alcol ai ragazzini di 13 anni che ogni fine settimana finiscono in coma etilico, ma perderei perché andrei a limitare delle libertà, inoltre tutte le associazioni mi verrebbero contro. Farei felice quattro pensionati e basta. La furbizia dei politici è quella di “non dire”, ma alla lunga crei una società sbagliata, senza futuro. I politici non hanno le palle, io sì».