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In silenzio, la Cina sta abbandonando il mercato russo

Esportazioni verso Mosca in calo e aziende in fuga complici le sanzioni: l'amicizia «eterna» sta vacillando?
Marcello Pelizzari
10.05.2022 13:17

Mosca, Pechino, Russia, Cina. E un’amicizia, citiamo, senza confini ad immagine dei patti bilaterali firmati poco prima che Vladimir Putin invadesse l’Ucraina. Era perfino circolata un’indiscrezione legata alle Olimpiadi. Della serie: il Cremlino aspetterà la fine dei Giochi per muovere guerra a Kiev.

Ora, sebbene la Cina non abbia mai formalmente condannato l’invasione né applicato le sanzioni varate dall’Occidente nei confronti della Russia, sembrerebbe che qualcosa, nel rapporto eterno e senza confini fra i due Paesi, si sia incrinato. Un imprevisto, agli occhi dello stesso Putin, il grande amico di Xi Jinping.

L'allarme

L’allarme, in questo senso, è stato lanciato dal prestigioso Wall Street Journal. Al centro, beh, ci sono proprio le sanzioni al di là dei (soliti) discorsi geopolitici e di opportunità. L’economia russa, sempre più piegata ancorché non spezzata (ogni riferimento a Ivan Drago è puramente casuale), sta perdendo anche alcune, se non molte, aziende tech cinesi. Ahia.

Di per sé, leggiamo, non è una novità. E questo perché già nelle prime settimane dopo l’invasione i produttori di smartphone del Dragone avevano bloccato le vendite in Russia. Parliamo di un mercato, quello dei telefonini, che nella Federazione è (era) dominato al 60% dai marchi cinesi. Xiaomi, Oppo e Huawei, proprio loro.

La situazione, tuttavia, in questi giorni starebbe peggiorando parecchio. Si tratta, manco a dirlo, di un doppio problema. Ovvero, «sentito» a Mosca sotto le volte del Cremlino e a Pechino, a maggior ragione se consideriamo che le autorità cinesi avevano invitato, a modo loro, le aziende a una certa resilienza.

Senza far rumore

Il discorso è articolato e complesso. Ne ha parlato, appunto, il Wall Street Journal. Spiegando come, in realtà, questo addio stia avvenendo in silenzio. Senza, cioè, annunci veri e propri se non quello di SZ DJII, che si occupa di droni e ha sospeso le sue attività in Russia nell’attesa di sviluppi.

Lenovo e Xiaomi, per contro, starebbero battendo in ritirata. Il primo, leader globale a livello di personal computer, nel 2021 ha venduto tantissimo nel territorio della Federazione. Solo HP aveva saputo fare meglio. Entrate in vigore le sanzioni nei confronti di Mosca, il colosso ha deciso di interrompere le spedizioni. Nei negozi, in Russia, restano giusto le ultime scorte. Poi, si aprono le scommesse. Xiaomi, dal canto suo, non spedisce telefoni in Russia da oltre un mese. Di nuovo: ahia.

I dati, ora, pubblicati da Pechino. Le esportazioni di prodotti tech cinesi in Russia sono calate parecchio a marzo rispetto al mese precedente. Segni negativi ovunque, dai laptop (-40%) agli smartphone (-60%).

Come leggerli? Di fatto, la Cina ha privilegiato il concetto di armonia. D’accordo l’amicizia senza confini con la Russia, ma le aziende coinvolte non possono concedersi il lusso di perdere per strada altri mercati. Quello europeo e quello americano, su tutti.

Le pressioni

Le pressioni, d’altronde, sono arrivate non tanto (o non solo) dai singoli governi occidentali, ma anche dalle aziende a stelle e strisce. Per dire: i produttori di chip, americani, hanno spinto affinché i loro semiconduttori non finissero in Russia. Detto, fatto.

Poi, certo, il ministero del Commercio cinese – dicevamo – ha invitato le aziende del Dragone a non cedere alle pressioni esterne. Parole al vento, più che altro, o banale pretattica. Perché, in realtà, lo stesso ministero ha ammesso che gli scambi con la Russia hanno subito una frenata: -27% a marzo rispetto al mese precedente, se teniamo conto delle esportazioni totali cinesi verso la Russia.

Lo stop ai semiconduttori, in particolare, dovrebbe dare una mazzata non indifferente a Mosca a livello di tecnologia militare. E, quindi, placare lo sforzo bellico russo, vieppiù insostenibile.

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