Sanità

In Ucraina preoccupa anche l'HIV

Nel 2020 il Paese si era classificato al secondo posto per il più alto tasso di nuovi sieropositivi in Europa – Con lo scoppio della guerra, molte persone sono rimaste senza scorte di medicamenti, alimentando paure, preoccupazioni e rischi – L'OMS è intervenuta con un piano di consegna per sostenere i malati
Federica Serrao
13.04.2022 06:00

Non solo la guerra, ma anche la sanità. L'HIV, in particolare, ha reso ancora più complessa la quotidianità, già di per sé tragica, del popolo ucraino. Nel Paese sono circa 260.000 le persone che convivono con il virus dell'HIV. Nel 2020, l'Ucraina ha registrato il secondo più alto tasso di nuove diagnosi in tutta Europa. Più della metà di queste erano attribuite alla trasmissione eterosessuale, mentre un 38% dei casi era riconducibile all'uso di droghe per via parenterale. Prima del conflitto, la situazione era ancora preoccupante. Si stima infatti che, prima dello scoppio della guerra, fossero quasi 150.000 le persone in cura con un trattamento antiretrovirale salvavita. In questo numero si contavano anche più di 2.700 bambini. Nella quinta settimana di guerra, l'Ucraina ha iniziato ad allarmarsi. La fornitura iniziale di farmaci per l'HIV, prima che Putin attaccasse, era di sei settimane per tutti i pazienti affetti dalla malattia. Avvicinandosi alla data, le scorte hanno cominciato a scarseggiare, mentre le paure e le preoccupazioni dei malati diventavano sempre più grandi. Come nel caso di Anastaysia, intervistata dal Telegraph. Una ragazza 29.enne residente a Nemishaieve, a ovest di Kiev, a cui è stato diagnosticato l'HIV all'inizio di febbraio, pochissime settimane prima del conflitto. «Non so dire cosa mi ucciderà prima: l'HIV o le bombe?» ha confessato la ragazza al Telegraph, nascosta nel suo rifugio temporaneo a Vinnytsia. «La mia vita è divisa in due: c'è un prima e un dopo. Non potevo immaginare che una mattina mi sarei svegliata e la guerra sarebbe iniziata. Avevo scoperto da sole due settimane il mio stato di sieropositività. Era tutto davvero spaventoso». Anastaysia è rimasta a casa per più tempo possibile, sperando che l'invasione terminasse. Vedendo che il conflitto non accennava a fermarsi, è stata costretta a cercare riparo in un rifugio antiatomico. Quando è fuggita, la giovane disponeva di una scorta di cure limitata, ma riceveva regolarmente comunicazioni e supporto dagli assistenti sociali. 

Dopotutto, quando si sta scappando dalla guerra, portarsi con sé i rifornimenti può non essere evidente. «I bombardamenti iniziano all'improvviso, in maniera così spaventosa che la gente lascia le loro case in 20 minuti. Capita perciò di dimenticare le scorte di medicine», sostiene il direttore esecutivo della ONG Alliance for Public Health, Andriy Klepikov. In altri casi, le medicine sono addirittura state distrutte negli attacchi.  Un'interruzione della fornitura di farmaci, va da sé, comporterebbe dei rischi evidenti, a partire da complicazioni come la resistenza ad altri medicamenti, che mette a rischio la salute del paziente, rendendo il virus più difficile da trattare. Klepikov ha sottolineato come un'interruzione del trattamento potrebbe portare i pazienti sieropositivi a contrarre la tubercolosi, una delle principali cause di morte tra le persone che vivono con l'HIV. «Contrarre la tubercolosi sarebbe ancora più pericoloso. In Ucraina abbiamo già riscontrato più di 4.000 pazienti affetti da tubercolosi resiste a più farmaci. Se il trattamento per l'HIV venisse interrotto i pazienti si troverebbero davvero a rischiare la vita».

Medicine salvavita da parte dell'OMS

Fortunatamente l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), poco dopo aver appreso la gravità della situazione accentuata dalla guerra, ha comunicato che a breve verrà consegnata una fornitura di dodici mesi di farmaci antiretrovirali salvavita a tutti i pazienti sieropositivi che vivono in Ucraina. Il piano di consegna è frutto di un lavoro congiunto tra il Piano di Emergenza per l'AIDS del presidente degli Stati Uniti e autorità e ONG ucraine. Una cooperazione preziosa che mette in salvo tutte le persone la cui vita era minacciata dall'esaurimento delle scorte di medicamenti. «Avevamo bisogno di lavorare molto rapidamente. Nel giro di sei settimane abbiamo valutato i bisogni, stilato una lista di approvvigionamento, ottenuto l'accordo dei partner e consegnato i primi farmaci in Polonia, che sono poi stati trasferiti in Ucraina», ha comunicato Martin Christopher Donoghoe, consulente senior su HIV, tubercolosi ed epatite per l'OMS in Ucraina. Si stima che in totale verranno consegnate 209.000 confezioni, ognuna delle quali conterrà una fornitura sufficiente per 90 giorni. 

Le difficoltà continuano

Tuttavia, le difficoltà non si esauriscono qui. Restano in campo grandi sfide logistiche, specialmente in mezzo ai crescenti attacchi agli operatori sanitari e alle strutture. Sono circa 70 infatti gli ospedali distrutti dai bombardamenti, ed è altrettanto alto il numero delle strutture sotto pressione per l'esaurimento delle scorte, secondo quanto comunicato dalla Croce Rossa. «Ora abbiamo il difficile compito di far arrivare le pillole nelle mani e nei corpi dei pazienti», ha aggiunto Donoghoe, sottolineando come alcune delle persone addette alla consegna degli antiretrovirali siano già state uccise. Klepikov, aveva infatti riferito del bombardamento di un furgone di un'organizzazione partner in procinto di consegnare medicine e prestare aiuti umanitari. In quell'occasione sono morte due persone, colpite dalle bombe delle forze militari russi. Per i bambini sieropositivi la storia è altrettanto complicata, dal momento che necessitano in un trattamento diverso da quello concordato. Stando a quanto affermato da Donoghoe, il farmaco per l'HIV è adatto «alla maggior parte delle persone, ma non funziona per tutti». In particolare, la necessità è quella di trovare un farmaco che si adatti anche ai neonati.

Il rischio di vanificare i progressi

Nonostante le rapide soluzioni dell'OMS, quello dell'HIV rimane un altro colpo basso per l'Ucraina, già piegata brutalmente dalla guerra. Secondo il direttore regionale dell'OMS per l'Europa, il dottor Hans Klugem, prima che il Paese fosse invaso si stava arrivando a una svolta nella gestione del virus, grazie a una rapida crescita nell'accesso ai farmaci antiretrovirali, oltre che a una migliore capacità di diagnosi e trattamento. «Questa guerra ha il potenziale per minare i progressi faticosamente raggiunti negli ultimi anni su una serie di questioni sanitarie, tra cui spicca l'HIV», ha affermato il dottor Klugem. Tuttavia, secondo Donoghoe, si può già parlare di «recupero». Stando alle parole del consulente dell'OMS, i piani per salvare la situazione sono già in fase di elaborazione. La maggior parte delle persone deve ancora ricevere le medicine, ma «grazie alla capacità di recupero e allo spirito degli ucraini, niente è stato distrutto». E secondo Donoghoe, questo è «fondamentale». 

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