Il caso

Israele sì, Ucraina no, perché? «Aiutateci maggiormente, basta la volontà politica»

Rammaricato, se non polemico, il tono usato da Volodymyr Zelensky nel suo più recente messaggio: «Il terrore deve essere sconfitto ovunque, non più in alcuni luoghi e meno in altri» – Mentre l'Occidente teme l'escalation in caso di un aiuto diretto, scarseggia pure il sostegno indiretto
©TOMS KALNINS
Giacomo Butti
16.04.2024 19:00

Perché Israele sì e noi no? È questa la domanda che, da domenica, aleggia dalle parti di Kiev. Il copione dell'attacco condotto dall'Iran contro lo Stato ebraico, ne abbiamo parlato qui, è del tutto simile a quello che, da due anni, la Russia utilizza in Ucraina. Droni, missili da crociera e missili balistici vengono inviati a ondate, così da sincronizzare il loro arrivo, confondere la difesa antiaerea e arrecare il massimo dei danni. Eppure, le aggressioni hanno portato a risultati completamente differenti. Se l'Ucraina è giornalmente costretta a fare i conti con importanti danni a strutture militari e civili (soprattutto energetiche), nullo - o quasi nullo - è stato l'impatto del seppur imponente attacco iraniano sul territorio israeliano. È vero, buona parte del merito sta nelle migliori disponibilità militari e tecnologiche. Basti pensare alla famosa Cupola di ferro, l'Iron Dome, che da anni protegge Israele dai razzi inviati da Hamas: sabato notte ha fatto altrettanto bene contro i missili iraniani. Ma un grande apporto è stato dato da un'alleanza fra Paesi occidentali e Stati arabi. Mentre Stati Uniti, Regno Unito e Francia si davano da fare con i propri jet per intercettare droni e missili, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita hanno accettato di fornire intelligence relativa all'attacco, il tutto mentre la Giordania apriva i suoi cieli agli aerei israeliani per rispondere in anticipo alla minaccia. L'unione, insomma ha fatto la forza, come fatto notare dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale alla nazione: «Difendendo Israele, il mondo libero ha dimostrato che l'unità tra alleati non solo è possibile, ma è efficace al 100%. Le azioni decisive degli alleati hanno impedito al terrorismo di trionfare e hanno costretto l'aggressore a più miti consigli».

Ma nel videomessaggio di Zelensky non è mancato un pizzico di rammarico, se non di polemica: «Il terrore deve essere sconfitto completamente e ovunque, non più in alcuni luoghi e meno in altri. Lo stesso può essere fatto per difendere l'Ucraina dal terrorismo». L'Ucraina, evidenzia, Zelensky, «come Israele non è un membro della NATO». Aiutarla, dunque «non richiede o comporta l'attivazione dell'articolo 5, ma solo la volontà politica». Tradotto: secondo Zelensky, i Paesi occidentali potrebbero, se lo volessero davvero, aiutare direttamente Kiev. Lo farebbero in qualità di semplici alleati, al di fuori di una logica NATO (della quale, appunto, l'Ucraina non fa parte).

La Russia, del resto, ha recentemente intensificato i suoi attacchi missilistici e con droni contro le infrastrutture energetiche ucraine. Il risultato? Diverse centrali termiche sono state completamente distrutte. Tra queste, cinque giorni fa, l'impianto di Trypilska, principale fornitore di energia elettrica negli oblast di Kiev, Zhytomyr e Cherkasy. La situazione, di settimana in settimana, si sta facendo più difficile, specialmente data la grande penuria di munizioni. Zelensky lo ha spiegato con l'esempio di Trypilska: «Alla centrale abbiamo neutralizzato i primi 7 missili russi, ma i 4 che sono arrivati dopo l'hanno distrutta: avevamo esaurito tutti i missili a difesa della centrale». Quasi a dire: basterebbe poco.

Pochi aiuti, e indiretti

Ma torniamo alla domanda iniziale. Perché Israele sì e l'Ucraina no? Tanto, tantissimo sta appunto nel timore che un intervento più diretto di Paesi terzi porti a un'escalation con Mosca. L'intervista concessa ieri dal ministro degli Esteri britannico David Cameron alla radio LBC mostra con chiarezza la posizione non solo del Regno Unito, ma di tutto l'Occidente. «Utilizzare jet da combattimento per proteggere l'Ucraina da attacchi missilistici, come è stato fatto per Israele il 14 aprile, porterebbe a una pericolosa escalation», ha dichiarato Cameron. «La RAF (Royal Air Force, ndr) non può difendere lo spazio aereo ucraino allo stesso modo, perché una cosa che deve essere assolutamente evitata è che le truppe NATO si impegnino direttamente con le truppe russe». Per questo, ha sottolineato il ministro degli Esteri, Kiev va sostenuta «in termini di denaro e, soprattutto, di armi. Ciò di cui l'Ucraina ha bisogno in questo momento non sono gli aerei occidentali sopra i propri cieli, ma un maggior numero di sistemi di difesa aerea».

Il problema, come detto prima, è che nemmeno questi stanno arrivando. Una decina di giorni fa, Zelensky aveva dichiarato la necessità, per l'Ucraina, di ricevere urgentemente almeno altri 25 sistemi missilistici MIM-104 Patriot per proteggere il Paese dagli attacchi russi. Il 13 aprile la Germania ha annunciato che ne fornirà uno. Ma dagli Stati Uniti – Paese produttore – per il momento nessuna risposta, mentre il pacchetto di aiuti approvato in Senato rimane bloccato alla Camera dei rappresentanti.

Il sostegno che, in questa fase di guerra, l'Occidente sembra maggiormente disposto a concedere all'Ucraina pare sia quello dei droni. La Germania, i Paesi Bassi e il Canada hanno infatti dichiarato che forniranno presto centinaia di droni all'Ucraina, mentre la Lituania stanzierà fondi aggiuntivi per la produzione di droni con visuale in prima persona (FPV), ha riferito ieri il ministero della Difesa ucraino citato dal Kyiv Independent.