Il punto

«La cattura russa di Chasiv Yar potrebbe essere solo questione di tempo»

È il timore espresso dal vicecapo dell'intelligence del Ministero della Difesa ucraino, Vadym Skibitsky, secondo cui l'eventuale caduta della città «dipenderà dalle nostre riserve e dai nostri rifornimenti»
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Red. Online
03.05.2024 09:01

Intervistato dall'Economist, il vicecapo dell'intelligence del Ministero della Difesa ucraino, servizio noto come HUR, non ha usato giri di parole. Il maggior generale Vadym Skibitsky, al contrario, è andato subito al sodo quando gli è stato chiesto un parere sulle prospettive dell'Ucraina sul campo di battaglia. Le cose, ha spiegato, sono complicate. Come non lo erano da tempo, anzi: dai primissimi giorni di invasione russa. Non solo, stanno per peggiorare. Nella notte, secondo i primi lanci di agenzia, le forze di Mosca hanno aperto una breccia nel tentativo di prendere la città di Chasiv Yar, nel Donetsk, entro il 9 maggio. Così da consegnare a Vladimir Putin un successo da celebrare in Piazza Rossa, per il Giorno della Vittoria.

Skibitsky, al riguardo, è stato categorico. La Russia, a suo dire, continuerà a portare avanti il suo piano di «liberazione» delle regioni orientali ucraine. Donetsk e Luhansk, nello specifico. Skibitsky ha confermato che l'ordine, partito dal Cremlino, è quello di «prendere qualcosa» entro il 9 maggio o, nella peggiore delle ipotesi, per la settimana successiva, quando Putin visiterà l'amico Xi Jinping a Pechino. L'eventuale successo russo, secondo il maggior generale, determinerà quando, e soprattutto dove, i russi colpiranno in seguito. «Il nostro problema è molto semplice» ha ribadito Skibitsky. «Non abbiamo armi. I russi hanno sempre saputo che aprile e maggio sarebbero stati un periodo difficile per noi». Lo scenario, al netto degli aiuti sbloccati di fresco dagli Stati Uniti, rimane insomma delicatissimo. E le preoccupazioni di Kiev riguardano proprio Chasiv Yar, roccaforte ucraina o, agli occhi di Mosca, la chiave per arrivare alle ultime città del Donetsk. Il maggior generale, circa la possibile caduta di Chasiv Yar, è apparso piuttosto fatalista: il destino, beh, potrebbe essere quello di Avdiivka. «Non oggi o domani, ovviamente, ma tutto dipende dalle nostre riserve e dai nostri rifornimenti».

I successi (e i piani) russi

La Russia ha già ottenuto un successo tattico nel sudovest, nel villaggio di Ocheretyne, dove le forze di Mosca sono riuscite a sfondare una prima linea di difesa e hanno creato un saliente di 25 chilometri quadrati. L'Ucraina è ben lontana dallo stabilizzare la situazione, mentre la Russia sta gettando tutto quello che ha per ottenere un guadagno maggiore. Secondo Skibitsky, l'esercito russo ha messo da parte una certa arroganza mostrata nel 2022. Ora, opera come un «corpo unico, con un piano chiaro e sotto un unico comando».

Allargando l'orizzonte, Skibitsky ha spiegato che la Russia si sta preparando per un assalto intorno alle regioni di Kharkiv e Sumy, nel nordest. I tempi di questa offensiva dipendono dalla solidità delle difese ucraine nel Donbass. Ma, ha ipotizzato il general maggiore, la spinta principale della Russia dovrebbe iniziare «alla fine di maggio o all'inizio di giugno». La Russia ha un totale di 514 mila truppe di terra impegnate per l'operazione ucraina, un numero superiore alle 470 mila stimate il mese scorso dal generale Christopher Cavoli, comandante supremo della NATO. L'esperto di spionaggio ucraino ha affermato all'Economist che il raggruppamento settentrionale della Russia, con sede oltre il confine di Kharkiv, è attualmente composto da 35 mila uomini, ma è destinato a espandersi fino a raggiungere un numero di truppe compreso tra 50 e 70 mila. La Russia sta anche «generando una divisione di riserve» (cioè tra i 15 e i 20 mila uomini) nella Russia centrale, divisione che potrebbe venire aggregata al fronte.

Cifre, queste, non «sufficienti» per un'operazione di conquista di una grande città, come hanno sostenuto i funzionari militari occidentali, ma abbastanza corpose per un compito più piccolo. Ancora Skibitsky: «Un'operazione rapida per entrare e uscire, forse. Per prendere Kharkiv, o anche la città di Sumy, servono però altri numeri e i russi lo sanno. Come lo sappiamo noi». In ogni caso, si prospettano giorni bui per Kharkiv, una città di 1,2 milioni di abitanti che aveva resistito e respinto gli assalti iniziali della Russia nel 2022.

Il mese chiave

Maggio sarà il mese chiave, dunque, con la Russia che impiegherà un piano «a tre livelli» per destabilizzare il Paese. Il fattore principale rimane quello militare. Sebbene il Congresso americano abbia dato il via libera a maggiori aiuti militari, ci vorranno settimane prima che le armi arrivino in prima linea. È improbabile che possano eguagliare le scorte di proiettili russi o fornire una difesa efficace contro gli attacchi aerei di Mosca. Il secondo fattore è la campagna di disinformazione della Russia in Ucraina, volta a minare la mobilitazione ucraina e la legittimità politica di Volodymyr Zelensky, il cui mandato presidenziale scadrebbe teoricamente il 20 maggio. Sebbene la Costituzione ne consenta chiaramente la proroga a tempo indeterminato in tempo di guerra, i suoi oppositori hanno già sottolineato la vulnerabilità del presidente. Un terzo fattore, secondo Skibitsky, è l'incessante campagna della Russia per isolare l'Ucraina a livello internazionale. «Sconvolgeranno le cose in ogni modo possibile».

Inoltre, il processo di mobilitazione – già delicato di suo – è stato ostacolato da lotte politiche e indecisioni a Kiev. La coscrizione si è in gran parte bloccata in inverno, dopo che Zelensky ha licenziato i capi degli uffici di leva. Ci sono voluti mesi prima che il Parlamento approvasse una nuova legge per estendere la leva ai 25-27enni e obbligare i maschi in età militare a registrarsi in un nuovo database. La situazione è leggermente migliorata dal dicembre scorso, ma il generale Skibitsky si è detto riluttante a dichiarare conclusa l'emergenza. I funzionari ucraini temono che la prossima ondata di reclute mobilitate darà vita a soldati demotivati e con un morale basso. Una salvezza, ha riconosciuto Skibitsky, è legata al fatto che la Russia debba affrontare problemi simili. Il suo esercito, infatti, oggi è irriconoscibile dal corpo professionale che aveva cominciato la guerra. Detto ciò, Mosca può contare su molti più uomini da mandare in battaglia per mettere a dura, durissima prova le già stressate difese dell'Ucraina.

Vincere da soli? Impossibile

Il generale Skibitsky, concludendo, ha riconosciuto di non vedere una via d'uscita per l'Ucraina. Non in solitaria, quantomeno. Anche se riuscisse a respingere le forze russe ai confini, una prospettiva sempre più lontana, Kiev non riuscirebbe con le proprie forze a vincere la guerra. Un conflitto simile, ha spiegato il maggior generale, può concludersi solo e soltanto con un trattato. Non a caso, entrambe le parti stanno cercando di ottenere «la posizione più favorevole» in vista di potenziali negoziati. Ma negoziati significativi potranno iniziare solo nella seconda metà del 2025, secondo l'esperto di intelligence. Allora, la Russia dovrà risolvere problemi non indifferenti. La capacità di produzione militare russa è sì cresciuta, ma raggiungerà un plateau all'inizio del 2026, secondo le stime di Skibitsky, a causa della carenza di materiali e di ingegneri. Entrambe le parti potrebbero non avere più armi. Ma, se non cambierà da qui al 2026, sarà l'Ucraina a terminarle per prima. E qui entra in ballo l'Occidente o, se preferite, l'Europa: se gli alleati dell'Ucraina non troveranno un modo per aumentare ulteriormente la produzione di difesa per aiutare l'Ucraina, finiranno per trovarsi nel mirino della Russia a detta del maggior generale. «I russi potrebbero prendere i Paesi baltici in sette giorni» ha detto l'esperto. «Il tempo di reazione della NATO invece è di dieci giorni».

Il coraggio e il sacrificio dell'Ucraina hanno dato all'Europa un vantaggio in termini di tempo. La domanda, si legge ancora sull'Economist, è se l'Europa ripagherà il favore salvando l'Ucraina. Amara, ancorché carica di speranza, la stoccata finale di Skibitsky: «Continueremo a combattere. Non abbiamo scelta. Vogliamo vivere. Ma l'esito della guerra non dipende solo da noi».

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