La Russia ha seri problemi con il prezzo della benzina, ma guai a parlare dei droni ucraini

La Russia sta facendo i conti con un vertiginoso aumento del prezzo della benzina, da qualche settimana schizzato alle stelle (ne abbiamo parlato qui). Eppure, nonostante i media del Paese di Vladimir Putin siano ben consapevoli della problematica, sembrano voler tacere sulle cause del rincaro.
Secondo il Moscow Times, l’innalzamento dei prezzi è spinto da un'ondata di attacchi ucraini alle raffinerie russe. Attacchi coincisi con il picco della domanda. Secondo i dati della Borsa di San Pietroburgo, la principale del Paese, il prezzo dell'AI-95, la benzina verde standard che si vende nelle stazioni di servizio, all’inizio di settembre aveva raggiunto il massimo storico di 82.380 rubli (1000 dollari) per tonnellata. E da allora la situazione non sembra essere migliorata, anzi.
Nonostante qualche calo nei giorni successivi, i droni ucraini non hanno mai smesso di colpire i siti delle fonti energetiche russe. Di fatto, l'industria petrolifera e del gas hanno ridotto profondamente la produzione di carburante al dettaglio, innescando colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento e scatenando l'ira degli automobilisti in gran parte del Paese.
I media locali russi stanno documentando giornalmente l'impennata dei prezzi alla pompe di benzina e le colonne chilometriche di automobilisti a caccia di carburante, ma negli articoli online i giornalisti non menzionano praticamente mai le cause dell’innalzamento dei prezzi. Qualcuno parla di generici «attacchi», ma i droni di Kiev non vengono citati. Ordini dall’alto?
Stando agli ultimi dati di Rosstat (l’Agenzia federale russa per le statistiche), il prezzo della benzina AI-95 alle stazioni di servizio è aumentato del 7,5% dall'inizio dell'anno, mentre il costo della benzina AI-92 è aumentato del 7,2%.
Secondo il Kyiv Post, l'esercito di Volodymyr Zelensky, dal primo agosto 2025, avrebbe messo a segno almeno 21 attacchi con droni a lungo raggio contro obiettivi dell'industria petrolifera russa, con alcuni impianti colpiti due o addirittura tre volte. I velivoli ucraini, sempre più all'avanguardia, avrebbero poi colpito almeno 7 volte altre infrastrutture dell'industria energetica, come stazioni di pompaggio del petrolio, impianti chimici e terminal per petroliere. Gli analisti ucraini stimano che i danni causati dalle esplosioni e gli incendi abbiano ridotto la capacità di lavorazione del petrolio della Russia del 17-25%.
Per quanto riguarda la crisi dei prezzi, i media del Paese di Putin non segnalano disagi per gli automobilisti nelle regioni più ricche e politicamente importanti del Paese, come Mosca e San Pietroburgo, ma al di fuori dei grandi centri urbani, attraverso gli 11 fusi orari della Russia, trovare carburante per la propria auto sembra essere diventata un'impresa.
Carenze e interruzioni sono problemi più sentiti sulla costa del Pacifico, nella Siberia orientale e centrale, nelle regioni sud-occidentali di Rostov e Krasnodar, lungo la parte centrale e inferiore del fiume Volga e persino nelle isole Curili, vicino al Giappone, nonché nell'enclave di Kaliningrad, situata tra Lituania e Polonia.
In gran parte del Paese il consenso è pressoché unanime sul fatto che esista un problema di prezzi, ma nessuno parla dei droni ucraini. Tra i tanti esempi che si possono facilmente reperire su Internet, citiamo un articolo di Gazeta.ru. Il portale ha intervistato Larisa Tsikanova dell'Istituto per le Relazioni Economiche Internazionali, secondo la quale il prezzo di un litro di benzina AI-92 alle stazioni di servizio russe è destinato ad aumentare ulteriormente, tra il 2 e il 4%, ad ottobre, raggiungendo i 60-62 rubli. Il prezzo di un litro di benzina AI-95, invece, dovrebbe salire del 3-5%, raggiungendo i 65-68 rubli. L'esperta non parla mai di droni, ma cita l'aumento delle accise e «vincoli produttivi e logistici: manutenzione delle raffinerie e interruzioni delle forniture in alcune regioni».
A inizio settimana, i gestori delle stazioni di servizio del Daghestan, nel Caucaso, hanno pubblicato alcuni video in cui spiegavano agli automobilisti di aver aumentato i prezzi a causa di «problemi nella catena di approvvigionamento».
Sul sito di notizie Newstracker.ru si legge che nella regione sud-occidentale russa di Stavropol «metà delle stazioni di servizio è senza benzina: i residenti di Stavropol sono preoccupati per la carenza di carburante». Anche questa volta, non vengono menzionati gli attacchi di Kiev, nonostante siano stati lanciati droni contro un impianto di Volgograd (il 14 agosto e il 18 settembre), un sito di stoccaggio del carburante di Afipsky (il 7 e il 28 agosto) e un serbatoio di Ilsky (il 5 settembre).
Nelle regioni più colpite dall'aumento dei prezzi, in particolare nella Siberia orientale e nei territori di Lugansk e della Crimea, occupati dai russi, le autorità locali hanno imposto il razionamento e i buoni carburante nel tentativo di gestire la situazione.
Nella settimana dal 12 al 19 settembre, mentre i prezzi del carburante salivano a livelli record e sui social media russi circolavano video di chilometriche colonne di auto fuori dalle stazioni di servizio, l'agenzia statale russa TASS riferiva di un'industria energetica in buona salute, con prospettive positive sulla produzione di carburante. Per il Cremlino tutto bene, dunque. E non chiamatela propaganda.