La sfida (quasi) impossibile del «rompiscatole» François Bayrou

Come Michel Barnier, anche François Bayrou vanta una lunga, lunghissima carriera politica. D'altro canto, proprio come il suo predecessore anche il nuovo primo ministro francese ha 73 anni. Giorni fa, all'interno del suo partito – il Movimento Democratico o più semplicemente MoDem, di ispirazione centrista – c'è chi aveva sentenziato in previsione di una sua nomina: «È la persona giusta al momento giusto». Certo, a giudicare dalle prime reazioni, tanto a destra quanto a sinistra, la sfida di formare un governo stabile e, parallelamente, risolvere il grande rebus di un'Assemblea Nazionale divisa in tre blocchi appare, se non impossibile, quantomeno complicata. Ma, agli occhi di Emmanuel Macron, Bayrou aveva (e ha) tre assi nella manica importanti: è un fedelissimo del presidente della Repubblica ma, al contempo, una voce critica; sa parlare con tutte le forze politiche e, quindi, porsi come riconciliatore; voleva fortemente un posto a Matignon e, di conseguenza, era pronto a gettarsi in una tonnara simile.
Nato il 25 maggio del 1951, professore di lettere, a lungo deputato, Bayrou è stato ministro dell'Educazione per quattro anni, dal 1993 al 1997, nei governi di Édouard Balladur e Alain Juppé. Tre, per contro, i tentativi di conquistare la presidenza del Paese: nel 2002, nel 2007 e nel 2012. Altrettanti i fallimenti, purtroppo per lui. Nel 2007, la sua posizione di terzo incomodo (al 18%) lo ha spinto a creare un suo partito, di centro, nato dalle ceneri dell'Unione per la Democrazia Francese di cui era stato presidente. Il MoDem, già. Di cui, da allora, è leader incontrastato e con cui, negli anni, ha stretto alleanze lungo tutto l'arco politico francese.
La fedeltà a Emmanuel Macron, per contro, risale al 2017, sull'onda lunga generata dall'inaspettata vittoria elettorale dell'attuale capo dello Stato. Nominato ministro della Giustizia nel governo di Édouard Philippe, Bayrou ha lasciato dopo un mese e poco più per lo scandalo dei presunti impieghi fittizi del suo partito all'Europarlamento. Un caso, questo, che lo accomuna a Marine Le Pen. Rimasto più o meno fuori dai giochi negli anni successivi, Bayrou piano piano ha riacquistato quota. Tant'è che il suo partito, dal 2022 in avanti, si è ritrovato con più di una carta da giocare in seno all'Assemblea Nazionale. Carte che MoDem ha usato, spesso, per opporsi ad alcune politiche di Macron considerate troppo di destra. Bayrou, in particolare in occasione della legge sull'immigrazione, arrivata a fine 2023, spesso ha alzato la voce contro il presidente della Repubblica. Non senza conseguenze, basti pensare che a inizio 2024 Macron ha scelto il giovane Gabriel Attal quale primo ministro mentre al MoDem è stato dato un ruolo marginale in quel governo. Il vento, evidentemente, nel frattempo è cambiato. Il capo dello Stato si è reso conto di non godere più di ampi margini di manovra. Di qui la scelta, caduta in queste ore, di affidarsi al «rompiscatole» Bayrou. Nel tentativo, o nella speranza, di trovare la cosiddetta quadra.
Resta da capire, ora, che cosa succederà. A sinistra, la France Insoumise ha già sbandierato l'intenzione di presentare una mozione di censura contro la nomina di Bayrou mentre i socialisti, per giorni, hanno insistito sul fatto che mai e poi mai la scelta del nuovo ministro sarebbe dovuta cadere sull'esponente di MoDem. Come si comporteranno gli stessi socialisti in caso le minacce di mozione diventino realtà? Per ora, si sono limitati a «scambiare» la rinuncia di Bayrou al famigerato articolo 49.3 per la non censura. Anche a destra, e in particolare dal Rassemblement National, non sono arrivate propriamente parole al miele. Ma la scelta di Macron potrebbe pure essere interpretata come un gesto distensivo, se non di vera riappacificazione, con il partito di Marine Le Pen. Partito che, sotto Barnier, si è sentito maltrattato o nella migliore delle ipotesi non rispettato. Le Monde, nel tracciarne un profilo, ha ricordato come Bayrou fondamentalmente sia un conservatore e perfino, a detta dei suoi detrattori, un immobilista. Spesso paragonato a François Mitterrand, soprattutto per la sua disinvoltura e il suo gusto per la letteratura e la storia, il 73.enne è stato dipinto altresì come un uomo solo, privo del necessario entourage politico dalla scomparsa di Marielle de Sarnez, nel 2021. Un uomo solo chiamato a difendere, come peraltro ha già promesso di fare, Macron da chi ne chiede le dimissioni, con insistenza e da tempo, e chi vorrebbe destituirlo.