Dopo l'attacco

La storia si ripete: Brasilia come Washington, Bolsonaro come Trump

Almeno 400 persone sono state arrestate in seguito all'assalto avvenuto ieri al Congresso brasiliano — Si contano i danni, mentre gli eventi sembrano ricalcare quanto avvenuto due anni fa negli Stati Uniti
©ANDRE BORGES
Giacomo Butti
09.01.2023 09:30

Scontri e vandalismi, mentre il cuore istituzionale del Paese viene violato. Scene che sanno di déjà-vu, quelle viste ieri a Brasilia, mentre i sostenitori dell'ex presidente Jair Bolsonaro assaltavano il Congresso brasiliano. La mente, infatti, non può che correre a due anni fa, quando i fan di Trump cercarono di ribaltare l'esito del voto mettendo sotto assedio Capitol Hill.

Ieri è toccato al Brasile. «Un atto di golpismo» (così lo ha descritto il ministro della Giustizia brasiliano, Flávio Dino) che ha portato sin qui all'arresto di almeno 400 persone.

Ora la situazione sembra sotto controllo. I danni, lo testimoniano le foto, sono tuttavia innumerevoli. E il Paese è sotto schock.

© AP Photo/Eraldo Peres
© AP Photo/Eraldo Peres

Elezioni «rubate»

Come si è arrivati all'assalto? Proprio come gli Stati Uniti a suo tempo (parliamo del 6 gennaio 2020), il Brasile esce da un duro scontro alle presidenziali. Bolsonaro contro Lula. Destra contro sinistra. Dopo una campagna elettorale che aveva già acceso gli animi (causando anche qualche morto) a uscirne vincitore è stato Luiz Inacio Lula da Silva, che il 30 ottobre ha trionfato nel ballottaggio con un risicato, risicatissimo margine. In un Paese così polarizzato, equamente diviso fra presidente uscente e nuovo eletto, Bolsonaro ha sostanzialmente giocato la parte di Trump. 

Nelle scorse ore, Lula ha accusato il predecessore di aver incoraggiato i rivoltosi. Etichettando i responsabili dell'assalto come «vandali fascisti», il leader di sinistra ha affermato: «Tutti sanno che sono vari discorsi dell'ex presidente ad aver incoraggiato tutto questo». In passato, Bolsonaro aveva messo in discussione la validità del sistema elettorale brasiliano. Una mossa in pieno stile "Donald": proprio come il tycoon statunitense, prima del fatidico 30 ottobre, aveva ripetutamente affermato che il sistema di voto elettronico brasiliano era vulnerabile ai brogli, un'accusa respinta dalle autorità elettorali. Retorica che, non solo secondo Lula ma anche a detta di molti analisti, avrebbe tuttavia alimentato l'idea di un'elezione «rubata» e portato al caos di ieri. 

L'esercito

A inizio dicembre, parlando per la prima volta a 40 giorni dalla sconfitta elettorale, Bolsonaro aveva espresso davanti ai suoi sostenitori la volontà di continuare a «lottare per la libertà». Durante il suo discorso, l'ex presidente aveva descritto le forze armate del Paese come «l'ultimo baluardo contro il socialismo». Non stupisce, dunque, che molti sostenitori di Bolsonaro si siano rivolti proprio all'esercito, invocando il golpe militare. Già prima dell'insediamento di Lula, avvenuto la scorsa settimana, alcuni manifestanti si erano accampati davanti alle caserme, implorando l'esercito di intervenire per evitare che il neoeletto divenisse ufficialmente presidente. Un colpo di Stato militare che non si è materializzato sebbene, secondo alcuni quotidiani brasiliani, un gruppo di seguaci di Bolsonaro avrebbe cercato e ottenuto protezione, stanotte, proprio al quartier generale dell'esercito a Brasilia. Le forze armate avrebbero impedito alla polizia l'ingresso all'area sotto esclusiva responsabilità militare (Settore militare urbano, SMU). 

E Bolsonaro?

 Bolsonaro, intanto, si trova in Florida. L'ultraconservatore era volato a fine dicembre a Orlando con l'intenzione di restarvi per almeno un mese. Lo stesso Trump, il 6 gennaio 2021, si trovava a chilometri e chilometri dalla propria capitale: a Mar-a-Lago, a nord di Miami. Da qui, un po' come fece il tycoon, anche Bolsonaro ha condannato con qualche ora di ritardo le violenze messe in campo dai suoi sostenitori. «Le manifestazioni pacifiche, a norma di legge, fanno parte della democrazia. Tuttavia, le depredazioni e le invasioni di edifici pubblici come quelle avvenute oggi, così come quelle praticate dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali», ha twittato Bolsonaro all'1.17 (ora svizzera), oltre 6 ore dopo le prime notizie provenienti da Brasilia. «Respingo le accuse, senza prove, attribuitemi dall'attuale capo dell'esecutivo del Brasile», ha poi aggiunto l'ex presidente, in riferimento ai commenti di Lula.

I cocci

E allora non resta che raccogliere i cocci. Questa mattina le autorità brasiliane hanno iniziato a valutare i danni (ingenti) al palazzo presidenziale. Oltre a vetrate rotte e seggi della plenaria distrutti, anche diverse opere d'arte presenti nelle strutture del Governo sono state prese di mira. Fra queste, l'opera "I Mulatti", del pittore modernista Di Cavalcanti, esposto nel palazzo presidenziale, che presenta diversi buchi, secondo le foto che circolano sui social.

Intanto, a rompersi, è anche la rete istituzionale. Il giudice della Corte suprema federale Alexandre de Moraes ha ordinato la rimozione del governatore del Distretto federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, per un periodo di 90 giorni. «La violenta escalation di atti criminali è circostanza che può verificarsi solo con il consenso, e anche l'effettiva partecipazione, dalle autorità competenti per la sicurezza pubblica e i servizi segreti», ha affermato Moraes, indicando come il Rocha avrebbe ignorato tutte le richieste di rafforzamento della sicurezza avanzate da varie autorità.

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