Pandemia

La strategia zero-COVID della Cina è tornata

Quartieri, città o intere province in lockdown e funzionari statali «negligenti» licenziati: Pechino vuole a tutti i costi una vittoria politica sul virus, anche a costo di sacrificare l'economia
Marcello Pelizzari
29.03.2022 06:00

Sembra un déjà-vu. Anzi, lo è. Zone o intere città sigillate, confinamenti, zelanti operatori sanitari in tuta bianca che, di casa in casa, spingono affinché ogni residente si sottoponga al test quotidiano anti COVID-19. E guai se qualcuno non dovesse rispettare le procedure e i protocolli.

Parliamo di coronavirus, sì. In Cina. Il Dragone sta vivendo l’ondata più forte e significativa dall’inizio della pandemia. Ogni giorno, da parecchi giorni oramai, il contatore dei casi spaventa. Niente a che vedere con i numeri europei o americani, d’accordo. Ma per chi, da sempre, ha fatto della tolleranza zero un mantra avere a che fare con migliaia di contagi quotidiani è un problema. Grosso.

Giornate sempre uguali

Pechino, insomma, sta affrontando un vero e proprio terremoto. È un po’ come in Ricomincio da capo, film del 1993 con Bill Murray. La storia e le giornate si ripetono. Già, la Cina è tornata a vivere un tempo sospeso, fra lockdown lampo e restrizioni mirate. Che, tuttavia, riguardano milioni e milioni di persone. Con tutte le conseguenze sul fronte economico e, come detto a suo tempo, sociale.

Laddove molti, in primis in Europa, hanno scelto la strada della convivenza con il virus, le autorità cinesi hanno spinto e continuano a spingere per una politica zero-COVID. Che ha pagato sulle prime, dimostrando l’efficacia e l’efficienza dell’apparato statale. Ma che ora mostra tutti i suoi limiti. Al minimo focolaio, ecco gli elementi tipici del controllo e del contenimento: screening di massa, contact tracing, confinamento.

Le misure, spesso, sono talmente drastiche da riguardare intere città. Come Shenzhen, megalopoli da dodici milioni di abitanti da molti considerata la Silicon Valley cinese considerando le sue aspirazioni tecnologiche. Sotto la campana, addirittura, è finita Jilin, una provincia. Ahia.

La visione di Xi

La domanda degli esperti, allora come oggi, è sempre quella: quale sarà l’impatto di simili restrizioni, oramai una costante, su un’economia se non in difficoltà comunque al ribasso rispetto agli anni d’oro? E come riuscirà, il Paese, a rispettare l’obiettivo fissato dal Partito per il 2022, ovvero una crescita del 5,5% per il PIL? Belle domande.

Di più, il Partito quest’anno si gioca molto, forse tutto sul piano politico: all’orizzonte, infatti, si staglia il Congresso che dovrebbe eleggere Xi Jinping per un terzo mandato. E in termini di consenso, leggiamo, conta di più sconfiggere la pandemia che risollevare l’economia. O, quantomeno, la seconda può essere sacrificata per raggiungere il primo scopo.

Lo stesso Xi, settimana scorsa, è stato chiaro: «Dobbiamo sempre mettere le persone e le loro vite al primo posto, attenerci alla politica zero-COVID, e fermare la diffusione del epidemia il più rapidamente possibile».

C'è chi è stato licenziato

Per certi versi, la Cina ha gioco facile. E questo perché non parliamo di una democrazia. Ogniqualvolta che il virus torna, più o meno con forza, le voci che mettono in discussione la strategia di Pechino si contano sulle dita di una mano. E, soprattutto, si fanno largo nel dibattito quotidiano con parecchia timidezza.

L’anno scorso, citiamo Libération, l’epidemiologo Zhang Wenhong fu accusato di ascoltare le influenze e le sirene straniere quando suggerì che il Paese avrebbe dovuto allentare il concetto di tolleranza zero.

La situazione, di per sé, è invidiabile: oltre l’87% della popolazione è completamente vaccinata. Eppure, c’è un problema con le fasce più fragili: solo la metà degli ultraottantenni ha ricevuto due iniezioni e meno del 20% si è sottoposta alla dose di richiamo.

Qualcuno, a livello politico e istituzionale, ha pagato quest’ultima recrudescenza del virus: dall’inizio dell’ondata a oggi, infatti, sono già stati licenziati una ventina di leader locali di svariate province. Tolleranza zero, appunto.

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