Il caso

Le aziende che inquinano sostengono gli sport invernali

Un rapporto rivela come oltre cento eventi, organizzazioni e atleti abbiano beneficiato di sponsorizzazioni da parte di compagnie di combustibili fossili, case automobilistiche e vettori aerei
© KEYSTONE / ANTHONY ANEX
Red. Online
27.02.2023 12:00

Sembra un paradosso. E in parte, sicuramente, lo è. D’altro canto, per dirla con gli anglosassoni business is business. Sì, gli sport invernali sono sponsorizzati da aziende (eufemismo) con poca, pochissima attenzione nei confronti del cambiamento climatico. O, se preferite, dall’impronta carbonica notevole. Tradotto: inquinando, queste aziende hanno contribuito a surriscaldare il pianeta e, di riflesso, a sciogliere la neve sulle montagne. Neve di cui hanno bisogno, va da sé, gli sport invernali.

Lo afferma un rapporto, firmato dagli attivisti di Badvertising e dal think tank New Weather Sweden. Oltre cento eventi, organizzazioni e atleti hanno beneficiato di sponsorizzazioni da parte di compagnie di combustibili fossili, case automobilistiche e compagnie aeree. Per farla breve, è come se gli sport invernali avessero inchiodato il coperchio sulla propria bara.

Nello specifico, il rapporto cita 83 accordi di sponsorizzazione da parte di case automobilistiche. Per dire: il più grande organo di governo degli sport invernali, la Federsci internazionale (FIS), gode del sostegno di Audi. Vero che il marchio tedesco sta svoltando, con decisione, verso la transizione elettrica. Tuttavia, nel 2021 quasi il 90% dei veicoli prodotti da Audi era ancora a benzina o a diesel. Detto delle automobili, citiamo anche accordi con 12 compagnie di combustibili fossili, tra cui la russa Gazprom ed Equinor, e con cinque vettori aerei, con British Airways e SAS in testa.

Le Alpi, in Europa, hanno sofferto e non poco questo inverno povero di neve. Una recente ricerca ha scoperto che la durata del manto nevoso, rispetto alla media sul lungo periodo, è ora di 36 giorni inferiore a causa delle emissioni di CO2 e del susseguente innalzamento delle temperature. In dettaglio, l’aumento delle temperature globali – in media – ha ridotto la copertura nevosa di circa 90 mila chilometri quadrati l’anno nell’emisfero settentrionale. Tant’è che le Olimpiadi di Pechino, nel 2022, sono state le prime a fare affidamento quasi esclusivamente sulla neve artificiale. Con tutte le conseguenze del caso.

Lizzy Yarnold, fra le olimpioniche più in vista del Regno Unito, l’ha messa in questi termini: «Nel loro momento migliore, gli sport invernali sono una celebrazione di persone che si godono alcuni dei paesaggi più incredibili della Terra. Ma l’impatto dell’inquinamento climatico sta ora sciogliendo la neve e il ghiaccio da cui dipendono questi sport».

Dello stesso avviso Emil Johansson Kringstad, ex sciatore di fondo d’élite svedese: «È una grande ironia che le sponsorizzazioni di combustibili fossili siano così comuni in uno sport che dipende fortemente dagli inverni freddi e dalla neve. Le compagnie di combustibili fossili stanno sciogliendo la neve degli sport invernali».

Andrew Simms, di Badvertising, ha aggiunto: «Lo sport ha posto fine alla sponsorizzazione del tabacco per problemi di salute, deve fare lo stesso con i principali inquinatori, non solo per proteggere gli atleti, il pianeta e il pubblico, ma anche per il futuro dello sport stesso».

Questo mese, i migliori sciatori in circolazione hanno esortato la FIS ad agire sulla crisi climatica. Una richiesta riguardava un programma di gare «geograficamente più ragionevole» per ridurre le emissioni di carbonio dei voli. In questa stagione, i concorrenti maschi si sono sobbarcati due volte il tragitto dall’Europa al Nordamerica. E ritorno.

Altri sport, in questo senso, hanno mostrato la via. Nel 2022, ad esempio, Tennis Australia ha terminato il suo accordo di sponsorizzazione con la compagnia petrolifera Santos, dopo che la stessa azienda era stata accusata di sportswashing. Audi e FIS, sollecitate dal Guardian, hanno declinato ogni commento.