Le feste alla «Great Gatsby» dei russi a Phuket
Phuket. Lo yacht «Princess» taglia le acque turchesi del Mare delle Andamane. A bordo della lussuosa imbarcazione ci sono una ventina di russi. Sorseggiano vino bianco a volontà, mentre le note suonate da un sassofonista si diffondono nell'aria. Delle donne si dimenano con entusiasmo davanti a uno dei caratteristici tramonti iridescenti di Chalong Bay. Alcuni dei presenti sullo yacht sono residenti in Thailandia da molto tempo. La sola Phuket, infatti, ospita normalmente una comunità russa di almeno 5.000 persone, che raddoppia durante l'inverno. Fra di loro ci sono boss dell'industria, magnati dell'immobiliare, nomadi digitali, ma anche oligarchi. La città balneare thailandese è infatti prediletta da questi ultimi come meta di vacanza, come riferisce Libération. Andrey Melnichenko, re dei fertilizzanti chimici, è il proprietario di SY A, super yacht a vela progettato da Philippe Starck e sequestrato nel porto di Trieste dalla polizia italiana un mese fa. Ha fatto diverse apparizioni sul suolo thailandese prima della pandemia. Spostandoci invece nel nord dell'isola, troviamo l'ultra-esclusivo resort Amanpuri, di proprietà dell'uomo di affari Vladislav Doronin, che accoglie ogni anno milionari e celebrità russe. E ancora, per ritornare agli yacht, anche «Clio», quello del miliardario Oleg Deripaska, ha un posto speciale nelle acque di Putin. Ma cosa stanno combinando i russi in Thailandia, in questo momento?
10.000 euro a notte
«Dall'inizio della guerra ho notato che molti russi, ultra-ricchi, sono arrivati a Phuket», confessa Denys Dudariev, l'organizzatore della scintillante festa sullo yacht «Princess». «È gente che ha fatto fortuna in Russia o in Ucraina, c'è anche qualche cripto-milionario. Recentemente ho registrato un numero piuttosto alto per feste private nelle ville di russi arrivati da poco nel Paese. Sono sempre piccoli gruppi, una dozzina di persone al massimo, con un budget che si aggira attorno ai 10.000 euro a notte». Coordinatore di eventi di lusso in Ucraina, Denys è ucraino e in passato era il proprietario di un nightclub a Kiev. La sua famiglia, al momento, è bloccata a Kharkiv, città pesantemente bombardata dall'inizio del conflitto. Come molti imprenditori all'estero, la sua clientela è per l'80% russa. «La lingua russa è un fattore importante negli affari internazionali - spiega Denys -. Questo perché, nella maggior parte dei casi, i milionari russi non parlano bene l'inglese, o non lo parlano affatto».
«Vietato parlare di guerra»
Ucraini, russi e bielorussi formano una grande comunità. Nei circoli d'affari all'estero, Phuket compresa, al momento si respira un'aria molto più rilassata rispetto a quella che ha travolto l'Europa. A bordo degli yacht è quindi «vietato» parlare della guerra in Ucraina. Tutti ne sono a conoscenza, ma nessuno vuole tirare fuori l'argomento. «Siamo a Phuket. L'atmosfera è rilassata, nessuno ha voglia di parlare di guerra», ammette Denys. Il sassofonista della «Princess», Igor, anche lui ucraino, nel corso della serata - dopo alcune bottiglie di vino - si lascia scappare qualcosa. «Sto per uccidere Putin e i membri del suo governo!». Ma nessuno lo ascolta o lo prende sul serio. Tutti fingono di non aver sentito e Igor stesso riprende il suo sax e si prepara alla successiva sessione musicale.
Dove russi e ucraini vivono pacificamente insieme
Anche Janna Sviritkova, a capo di un'agenzia immobiliare specializzata in ville di lusso, è russa. «Bisogna tenere a mente che i russi a Phuket non sono particolarmente pro-Putin», confessa la donna. «Penso che questo sia qualcosa che gli occidentali faticano a comprendere dei russi. Putin è al potere da quasi vent'anni. Non è che ci piaccia, ma accettiamo di non poter cambiare le cose. La maggior parte della gente cerca solo di vivere, di fare affari sfruttando le crepe del sistema. L'idea di cambiare il mondo attraverso le elezioni o attraverso l'impegno politico è estranea alla maggior parte di noi», continua Janna. Ogni domenica, la donna si reca alla chiesa ortodossa della Santa Trinità, nel nord dell'isola. «La moschea», così chiamata dai thailandesi, è un grande edificio dalle pareti color verde mela, sormontato da tre cupole dorate. Anche qui, russi e ucraini vconivono. Dall'inizio del conflitto, l'archimandrita Oleg Cherepanin, un prete di origine bielorussa che dirige la chiesa ortodossa in Thailandia, ha aperto questi luoghi di culto allle famiglie di rifugiati ucraini, ma anche agli squattrinati turisti russi, costretti a prolungare il loro soggiorno perché i voli di ritorno sono stati cancellati e le loro carte di credito bloccate. Anche un prete ucraino, padre Roman, della diocesi di Kiev, è rimasto in Thailandia. Ora, i due preti cantano e celebrano la messa insieme. «La comunità qui è unita. Preghiamo per la fine della guerra, russi e ucraini insieme», dice uno dei due sacerdoti. Le raccolte di denaro e di beni non deperibili sono organizzate e inviate in Ucraina ogni settimana attraverso la rete di contatti personali dei fedeli.
«Voglio accumulare riserve in bath»
La Chiesa ortodossa thailandese ha le sedi principali a Bangkok, Phuket, Pattaya e Kho Phangan. In tutti i casi, questi magnifici e colorati edifici sono stati eretti negli ultimi quindici anni, interamente grazie al denaro dei (ricchi) fedeli. Dopo la liturgia, un piccolo gruppo si incontra per il pranzo negli appartamenti di padre Oleg. Lì si discute della situazione delle famiglie rifugiate, dell'educazione dei bambini, ma anche degli affari. Quelli di Janna, in particolare, sono decollati dall'inizio della guerra, dal momento che molti investitori russi hanno deciso di fare il grande passo e investire all'estero a causa del conflitto, preoccupati per le fluttuazioni del rublo. «Molti dei miei clienti russi, esitanti fino a non troppo tempo fa, hanno deciso di comprare a Phuket nelle ultime settimane. Vogliono accumulare riserve in bath thailandesi o in altre valute asiatiche, più stabili del rublo. Il mercato occidentale, d'altra parte, è ora visto come instabile. Le sanzioni, i sequestri di proprietà e di beni bancari appartenenti a uomini d'affari russi hanno scottato gli investitori», aggiunge Yuri, un promotore immobiliare russo-israeliano. «È troppo rischioso per i russi investire nei paesi occidentali in questo momento».
«Un mondo diviso in due»
Janna parla poi di «un mondo diviso in due», per quanto riguarda gli attuali investimenti russi. Da una parte, ci sono russi che vogliono riportare i loro soldi nella Federazione. «Questo perché con la partenza delle grandi aziende occidentali, come Coca-Cola o McDonald's, c'è ora spazio per fare affari con un tasso di crescita molto veloce. In Russia ci sono già potenziali clienti: persone che vogliono bere Coca Cola e mangiare hamburger. È un concetto che già esiste». Janna ride, e aggiunge: «Dovremmo solo creare un McDonald's in stile russo. Una specie di "RusDonald's"». Dall'altra parte, ci sono invece russi che vogliono investire all'estero. «In quel caso, si concentrano sulla Cina, sull'India o sul Sud-Est asiatico. In questo modo c'è un ritorno di denaro verso la Russia, e una partnership con i vicini asiatici. Penso che questo fosse il piano di Putin fin dall'inizio», conclude la donna.
«Al momento, i paesi del sud-est asiatico, come la Thailandia, si stanno allineando per riempire il vuoto creato dal boicottaggio occidentale. Il divieto di alcuni prodotti russi da parte dei paesi occidentali dà alla Thailandia e ad altri paesi l'opportunità di prendere il loro posto», spiega Vitaly Kiselev, vicepresidente della Camera di commercio russo-thailandese. «Abbiamo sempre più richieste da parte dei produttori russi che non possono più ottenere i loro pezzi di ricambio dall'Europa, quindi cominciano a chiedere alla Thailanda o al Vietnam di fabbricarli. In tal senso, la Thailandia ha votato per la risoluzione per attuare le sanzioni russe all'ONU il 3 marzo, ma i suoi leader mantengono una posizione politica neutrale». Gli analisti avvertono però che scelte finanziarie di questo tipo favoriscono l'emergere di un blocco commerciale asiatico indipendente dalle potenze occidentali, che in futuro sarebbe immune dalle sanzioni. In una recente nota del segretariato dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, infatti, vi è l'avviso di una "frammentazione" dell'economia mondiale in due blocchi distinti. Le sanzioni potrebbero incoraggiare le grandi economie a muoversi verso un «disaccoppiamento» su base geopolitica, con l'obiettivo di raggiungere una maggiore autosufficienza nella produzione e nel commercio. Anche senza l'emergere di blocchi formali, infatti, gli attori privati potrebbero scegliere di minimizzare il rischio, riorientando le loro loro catene di approvvigionamento».
Occhi puntati sulla Cina
Gli occhi rimangono ora puntati anche sulla Cina che, ultimamente, sta vivendo un'ondata di «disimpegno» da parte degli investitori occidentali, anche per paura di imminenti sanzioni contro il gigante asiatico che continua ad affermare le sue ambizioni su Taiwan. Secondo l'ex analista finanziario della HSBC, si corre il «rischio di uno scisma finanziario globale», che non sarà limitato al mondo della finanza, ma bensì, solleverà la concreta possibilità di ritrovarsi di fronte a un mondo spaccato in due. Tutto ciò, però, non sembra allarmare particolarmente i passeggeri a bordo dello yacht «Princess»: tra qualche giorno si ritroveranno nella villa di uno di loro, durante una serata ispirata al classico americano «Il grande Gatsby» di Fitzgerald (tema di festa più popolare tra i milionari russi, secondo il coordinatore di eventi Denys), per una nuova notte all'insegna dell'ebbrezza.