Sanità

Le infezioni fungine stanno diventando più comuni: il mondo è pronto a combatterle?

Un po' come i batteri, anche i funghi – in grado di colpire in profondità tessuti e organi – stanno diventando più resistenti ai medicinali: in parte anche grazie al largo uso di fungicidi nell'industria agricola – Nuove classi di antifungini, fortunatamente, sono in fase di sperimentazione, ma la battaglia è appena iniziata
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Red. Online
30.05.2025 10:00

Quando si parla dello sviluppo di resistenze ai medicinali, il pensiero vola subito alla capacità dei batteri di adattarsi per rispondere all'uso di antibiotici. Un’associazione comprensibile, considerato che le infezioni batteriche causano ogni anno circa 8 milioni di morti nel mondo, spesso legate a ceppi resistenti. Tuttavia, i batteri non sono gli unici a mutare. Patogeni opportunisti che causano malattie difficili da trattare, i funghi possono causare infezioni latenti che si rivelano solo quando il paziente è già in fase avanzata. Infezioni di questo tipo sono relativamente rare: i funghi faticano a sopravvivere oltre i 37 gradi e la nostra alta temperatura corporea rappresenta dunque una buona difesa. Ma che cosa fare se il cambiamento climatico spingesse i funghi ad adattarsi, a resistere a temperature più alte, rendendo così più facili le infezioni? L'industria farmaceutica è pronta a rispondere a questa possibile minaccia? 

Una minaccia seria

Il processo, in parte, è già avviato: i casi di infezioni fungine - si legge in un recente articolo dell'Economist - stanno aumentando a livello globale e colpiscono in particolare le persone con un sistema immunitario compromesso. Parliamo di infezioni sistemiche, che colpiscono in profondità tessuti e organi e che causano danni devastanti. Ogni anno, secondo le stime, sono già 7 milioni le infezioni potenzialmente letali dovute a funghi e più di 2,5 milioni i decessi. 

Il problema è che, come i batteri, anche i funghi stanno anche sviluppando resistenza ai farmaci destinati a combatterli. Le opzioni terapeutiche, del resto, sono poche. Se le classi di antibiotici sono oltre una dozzina, i principali antifungini appartengono solamente a tre distinte classi: polieni, azoli e echinocandine. Una vulnerabilità, questa, dovuta in parte alla parentela evolutiva tra funghi e animali: colpire un fungo in modo selettivo senza danneggiare le cellule umane è una sfida complessa. Ma a influire, sottolinea il settimanale britannico, è anche lo scarso interesse dell'industria farmaceutica, che tende a concentrarsi su medicinali più appetibili – quelli utilizzati per terapie croniche – invece che su quelli per le gravi infezioni fungine, prescritti per periodi più brevi. Senza considerare che è solo dall'ottobre 2022 che l'OMS tiene un elenco dei patogeni fungini più pericolosi per guidare la ricerca, lo sviluppo e l'azione per la salute pubblica.

La situazione si complica ulteriormente per via dell’uso diffuso di fungicidi in agricoltura. Alcuni di questi, pensati per eliminare funghi patogeni delle piante, agiscono tramite meccanismi simili a quelli dei farmaci antifungini. Ciò può favorire la selezione di resistenze anche tra funghi che colpiscono l’uomo, specialmente se esposti in ambienti condivisi come compost o suoli agricoli. Un male, tuttavia, inevitabile, considerato che i fungicidi difendono i raccolti da infezioni che possono distruggere fino al 40% della produzione globale – abbastanza cibo per circa 4 miliardi di persone.

Buone notizie

Ci sono, tuttavia, alcune buone notizie. Nuove classi di antifungini – l’ibrexafungerp di Scynexis, commercializzato da GSK e il fosmanogepix di Amplyx Pharmaceuticals, ora parte di Pfizer – sono in fase di sperimentazione clinica e con tassi di efficacia intorno all’80% in pazienti con infezioni gravi e resistenti. Un altro farmaco promettente è l’olorofim, sviluppato dall’azienda britannica F2G: invece di attaccare la parete cellulare fungina (come fanno tutte le altre classi sin qui pensate e sviluppate), interferisce con la sintesi del DNA dei funghi. In una sperimentazione ha mostrato un tasso di successo del 29% nei casi resistenti ad altri trattamenti.

Non solo: anche le classi già esistenti potrebbero offrire nuovi strumenti: un gruppo di ricercatori cinesi ha recentemente annunciato su Nature la scoperta di un nuovo composto della classe dei polieni, efficace contro ceppi multi-resistenti e con minore tossicità rispetto ai polieni attuali.

Tanto ora, dipende da come verranno utilizzati i fungicidi nelle colture. Il fungicida agricolo ipflufenoquin, approvato in Stati Uniti, Canada, Giappone e Corea del Sud, agisce attraverso lo stesso enzima bersaglio dell’olorofim. Studi di laboratorio hanno già mostrato che i funghi resistenti a ipflufenoquin possono sviluppare resistenza anche all’olorofim. Simili preoccupazioni riguardano anche il fosmanogepix di Pfizer. Insomma, se non si fa attenzione, i farmaci in via di sviluppo potrebbero presto divenire obsoleti. 

L’Agenzia per la Protezione Ambientale statunitense ha deciso di considerare i rischi legati alla resistenza antimicotica nell’approvazione di nuovi fungicidi e anche l’Unione Europea ha avviato un’indagine sull’uso di azoli e fungicidi agricoli, raccomandando che i futuri processi di approvazione tengano conto del rischio per la salute umana.

Nuovi impulsi, poi, potrebbero venire grazie alle emergenti tecnologie di sequenziamento genetico, le quali potrebbero aiutare nell'identificare nuovi composti o bersagli terapeutici. Alcuni scienziati stanno persino studiando i micovirus – virus che infettano i funghi – come potenziali alleati.

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