Ma come vede la guerra il Brasile?
Jair Bolsonaro, negli anni, si è fatto (ri)conoscere abbracciando posizioni piuttosto scomode per quanto, paradossalmente, popolari. Ad esempio, il presidente del Brasile non ha mai sposato la causa climatica. Né quella dei vaccini anti-COVID. Normale, in fondo, soprattutto per chi, in piena prima ondata, aveva parlato di «influenza». Ora, il leader sudamericano appare quantomeno confuso di fronte al conflitto ucraino. Tant’è che si rifiuta di voltare le spalle alla Russia. Perché?
Un partner importante
La posizione «neutrale» del Brasile, stando agli esperti, è motivata da svariati fattori. Interessi economici, ma anche rapporti storici e – soprattutto – calcoli elettorali dello stesso Bolsonaro, a caccia di un secondo mandato in questo folle 2022.
La Russia, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, è diventata un partner di rilievo per il Paese sudamericano. Brasilia, in particolare, ha dimostrato un certo interesse nei fertilizzanti russi, necessari a sostenere l’imponente industria agroalimentare.
Per dire: il Brasile è il più grande produttore ed esportatore di soia al mondo. 86 milioni di tonnellate solo nel 2021, con la Cina quale prima destinazione. Allo stesso tempo, il Paese importa l’85% di fertilizzanti di cui ha bisogno per produrre soia, mais, canna da zucchero e cotone. La Russia garantisce il 23% di un totale di 40 milioni di tonnellate di importazioni, secondo l'Associazione nazionale brasiliana per la diffusione dei fertilizzanti.
Fertilizzanti che, per ora, non sono stati sanzionati. Né, viene da pensare, lo saranno a stretto giro di posta.
La visita a Mosca
Detto ciò, il Brasile teme – e pure parecchio – possibili, finanche probabili strozzature sul fronte logistico oltreché aumenti a livello di prezzi.
Fra i seguaci più fedeli di Bolsonaro, manco a dirlo, c’è il settore agroalimentare. Non a caso, il presidente brasiliano ha giocato a carte apertissime su questo tema. Andando perfino a Mosca poco prima dell’invasione dell’Ucraina, con tanto di stretta di mano a Putin in un periodo caratterizzato dal distanziamento fisico (ricordate il tavolone riservato a Macron? Ecco).
Pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, Bolsonaro si è spinto oltre. Parlando sì di neutralità e necessità di una soluzione, ma ribadendo la sacralità dei fertilizzanti. Come dire: il Brasile spinge per la pace, ma intanto fa affari come meglio crede.
Fra BRICS e incoerenze
Sullo sfondo, dicevamo, ci sono anche rapporti storici. O, meglio, percorsi comuni. Il Brasile ha condiviso con la Russia, l’India, la Cina e il Sudafrica la piattaforma BRICS. Ci sono, altresì, incoerenze interne o, se preferite, voci fuori dal coro e lontane dalla narrazione di Bolsonaro. Il generale Hamilton Mourao, vicepresidente, ha apertamente criticato la Russia paragonando Putin a Hitler. E difendendo il supporto occidentale all’Ucraina.
Se è vero che il Brasile, alle Nazioni Unite, ha condannato l’invasione è altrettanto vero che ha sostenuto la presenza di Putin al G20 di novembre a Bali. La Russia, dal canto suo, si sarebbe rivolta proprio al Brasile per un sostegno.
La colpa? Del presidente
La guerra, è stato detto, ha ridotto le aspettative di crescita. Il Fondo monetario internazionale, fra gli altri, ha rivisto al ribasso le sue stime del PIL globale mentre prevede una leggera crescita per il Brasile.
La situazione, nel Paese, resta tesa se non tesissima. L’inflazione in Brasile era già piuttosto alta prima della guerra. Fame e povertà, non a caso, rappresentavano due ostacoli imponenti per la rielezione di Bolsonaro in ottobre.
Ora, beh, a giocare contro l’attuale presidente c’è l’aumento del prezzo del petrolio. Il cui impatto è diretto, basti pensare al costo della benzina, ma anche indiretto. Il grosso delle derrate alimentari infatti viene spostato su strada: se la benzina costa di più, anche il trasporto costa di più. E il cibo nei supermercati, di riflesso, rischia di costare di più. Per tacere del grano, che il Brasile importa(va) in grandi quantità, sempre più caro.
La colpa, agli occhi della gente, è proprio di Bolsonaro. Un leader dalle posizioni e dalle idee scomode, ancorché popolari in determinate fasce. Paradossalmente, ma nemmeno troppo, le azioni scellerate di un alleato come la Russia potrebbero costargli la rielezione.