L'intervista

«Mattarella sferza i partiti di Governo, ma Draghi potrebbe ribadire il suo no»

Con Carlo Galli, professore emerito di Storia delle dottrine politiche all’Università di Bologna, analizziamo l'attuale crisi in Italia
Osvaldo Migotto
16.07.2022 06:00

Dopo la crisi di governo scatenata giovedì dai pentastellati l’Italia guarda con trepidazione all’incontro di mercoledì tra Draghi e i due rami del Parlamento. Il premier saprà o vorrà ricompattare la maggioranza? Abbiamo sentito il parere di Carlo Galli, politologo, saggista, nonché editorialista del quotidiano «La Repubblica».

Professor Galli, negli ultimi anni la politica italiana ci ha abituati ai colpi di scena. Mercoledì potrebbe arrivarne un altro, con Draghi che riesce a rimettere a posto i cocci della maggioranza di governo nata per far fronte alle emergenze del Paese?
«I cocci della maggioranza di governo sono già a posto, a sentire i 5 Stelle. Vi è infatti chi si dice disponibile a lavorare di nuovo con il Governo Draghi. Il punto è che il premier sembra che non ci stia, mentre la Lega ha preso la mossa di Conte come l’occasione, a lungo attesa, per uscire dall’Esecutivo, in quanto il partito di Salvini soffre a restare nel Governo. È vero che una parte dell’elettorato leghista è governista. I Governatori delle Regioni e parte del ceto economico-sociale che dà il voto alla Lega, ossia i piccoli imprenditori, sono governisti. Tuttavia la Lega è anche un partito con forti pulsioni antisistema. Sono comunque certo che il capo dello Stato sta cercando in questo momento di convincere tutti a tornare sulle proprie posizioni e far sì che mercoledì Draghi vada in Parlamento accolto da un applauso e da un ordine del giorno che gli riconfermerà la fiducia. Però non so se Mattarella riuscirà a ottenere questo risultato».

Come valuta la scelta di Conte di porre un ultimatum a Draghi?
«Sono certo che la motivazione vera di Conte è stata quella di assecondare la maggioranza dei suoi, dopo che una parte dei parlamentari è uscita dal Movimento per seguire Di Maio. I pentastellati stanno perdendo milioni di voti e hanno la percezione che più restano al Governo più perdono voti. Quindi i 9 punti presentati da Conte a Draghi a mio parere sono la copertura della vera causa di tutto ciò, ossia il loro tentativo affannoso di uscire dal Governo e farsi sei mesi all’opposizione per rifarsi una verginità. Per cui ai 5 Stelle le elezioni anticipate non vanno bene».

Draghi potrebbe accettare una nuova maggioranza senza i pentastellati, che anche il PD ora definisce ormai inaffidabili?
«Se togliamo i pentastellati bisogna pensare a un Governo PD-Lega e nessuno dei due partiti sarebbe d’accordo a una tale opzione. Non appare neppure praticabile un’alleanza tra PD e Forza Italia con la Lega fuori dall’Esecutivo. Il PD dal canto suo non potrebbe accettare un’alleanza di Governo con Lega e Forza Italia che sono due partiti di destra. In una tale ipotesi il Partito democratico si sentirebbe prigioniero di due partiti di destra. A quel punto è il PD che non ci starebbe».

Anche se vi sarebbe un’altra ipotesi che non è del tutto fuori gioco: i partiti, sferzati da Mattarella, si inginocchiano davanti a Draghi e promettono obbedienza al premier

Quindi l’unica soluzione per evitare il voto anticipato sarebbe di tapparsi il naso e proseguire con l’attuale coalizione?
«Io credo di sì. Anche se vi sarebbe un’altra ipotesi che non è del tutto fuori gioco: i partiti, sferzati da Mattarella, si inginocchiano davanti a Draghi e promettono obbedienza al premier. Ma non sono sicuro che Mattarella riesca ad ottenere un tale risultato. Una terza ipotesi è una specialità della politica italiana, ossia il Governo balneare che verrebbe affidato a Giuliano Amato, specialista di Governi di fine legislatura e che potrebbe tentare di formare un Esecutivo che ha come obiettivo quello di fare la legge finanziaria e di portare l’Italia al voto a febbraio. Un Governo che si reggerebbe con l’astensione di tutti i partiti. Anche se tale soluzione sarebbe un bel sacrificio per Lega e Fratelli d’Italia».

Negli ultimi mesi anche la Lega non si è mostrata sempre affidabile. Le critiche di Salvini a Draghi a cosa puntavano?
«Sicuramente a ridurre il vantaggio della Meloni nei sondaggi, considerato che se al voto vincerà la destra il primo ministro lo designa il partito più grosso. Quindi Salvini, stando agli ultimi sondaggi, ha un futuro come ministro dell’Interno e non come premier; magari è quello che poi desidera. Però è chiaro che più Salvini riesce a erodere il gap che c’è tra il suo partito e quello della Meloni, meglio è».

Come vede il futuro di Di Maio?
«Di Maio si è diviso da Conte per seguire un percorso di carriera individuale. Ma non è un leader politico e non può pensare di ottenere risultati elettorali significativi, anche perché il centro è fin troppo affollato di “generali” e alla fine bisognerà vedere se i “generali” troveranno le truppe da comandare».

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