La storia

Migliaia di russi in fuga dalla repressione

Chi si è schierato contro la guerra in Ucraina rischia conseguenze pesantissime – Per molti, visti i prezzi dei pochi voli a disposizione, la sola opzione è il Kirghizistan: un Paese ambiguo e pro Mosca
Marcello Pelizzari
08.03.2022 19:41

L’invasione. La guerra. L’orrore. E il rifiuto, di molti. Non tutta la Russia è allineata a Vladimir Putin. Lo sono le alte sfere, certo. E lo sono tanti cittadini, almeno stando ai sondaggi ufficiali. Le proteste di piazza e gli arresti in tutto il Paese, però, dimostrano che non tutti la pensano come il leader del Cremlino. Piccolo particolare: manifestare il proprio dissenso, beh, significa andare incontro a conseguenze pesanti. Se non pesantissime. E così, chi può – semplicemente – fugge. Dalla repressione e dalla follia dall’establishment.

Poche opzioni (e costose)
Diversi hanno scelto la Finlandia, grazie al collegamento via treno fra San Pietroburgo e Helsinki. Ma anche i pochi collegamenti aerei disponibili – Turchia, Armenia, Golfo Persico – sono stati presi d’assalto. A sorpresa, ma nemmeno troppo, fra le vie di fuga è sbucata anche quella che porta in Kirghizistan. Il Moscow Times, fra i pochi media indipendenti rimasti nel Paese, ha tracciato la rotta di Kirill Shamiev, uno studente di stanza a San Pietroburgo: prima un volo interno a Yekaterinburg, negli Urali, poi il collegamento per Bishkek, la capitale della repubblica asiatica. «La vita costa poco e la gente è gentile con i russi» le sue parole. Shamiev, nel frattempo, ha comunque raggiunto l’Unione Europea.

Gli interrogatori alla frontiera
A opporsi alla guerra, dicevamo, sono migliaia. E migliaia sono i russi fuggiti all’estero. Molto, va da sé, ha fatto il timore (fondato) verso le nuove leggi draconiane come l’indiscrezione secondo cui Putin avrebbe imposto la legge marziale e la chiusura dei confini. Molto, di riflesso, hanno fatto le sanzioni e la chiusura dello spazio aereo europeo. Ovvero, le repubbliche ex sovietiche sono diventate la meta finale per parecchi.

Bloccato in Russia, il sito Mediazona ha riferito di interrogatori piuttosto lunghi – e inquietanti – alla frontiera: gli uomini dell’FSB, il servizio federale di sicurezza, hanno fatto tante, tantissime domande a chi, vista l’età, era in odore di arruolamento forzato nell’esercito.

La fuga, è bene ribadirlo, non è per tutti. A maggior ragione con le compagnie aeree russe in ginocchio. Un biglietto di sola andata per Dubai ha toccato i 4.000 dollari mentre per Yerevan, in Armenia, secondo i vari siti di monitoraggio dei prezzi in questi giorni bisogna sborsarne 1.840.

Il governo georgiano, ad esempio, ha comunicato che recentemente sono sbarcati almeno 25 mila russi.

C’è anche chi, sui social, ha ribattezzato Yerevan la nuova Costantinopoli, riferendosi alla fuga di molti russi dopo la Rivoluzione di Ottobre.

Un aereo stracolmo
Bishkek, viste le premesse, era la sola opzione per una moltitudine di russi. Un biglietto, infatti, costa 300 dollari.

Un giornalista del Moscow Times ha coperto la tratta da Mosca. L’aereo, un Boeing 777, la cui capacità sfiora le 400 persone, era stracolmo di russi. Una volta sbarcati, che fossero famiglie o giovani in cerca di un nuovo inizio, tutti si sono detti sollevati. Pazienza se Bishkek è una città completamente nuova ai loro occhi. E se in ogni angolo della capitale il passato sovietico riemerge con forza.

E se fosse una trappola?
Al di là della questione economica, il Kirghizistan ha una politica piuttosto lassista a livello di visti: ai cittadini russi, ad esempio, è concesso rimanere tutto il tempo necessario.

Stando all’articolo del Moscow Times, le autorità erano quasi divertite nel vedere così tanti russi ai controlli.

C’è chi, quasi rassegnato, alla domanda «qual è lo scopo della sua visita?» ha risposto «turismo». Aggiungendo, con un sospiro, «per ora». Come dire: finché Putin non verrà fermato, difficilmente chi è contro la guerra potrà tornare in Russia.

La fuga, tuttavia, potrebbe rivelarsi una trappola. L’ex repubblica sovietica, infatti, dipende in gran parte dalla Russia, dove vivono e lavorano un milione di kirghisi. Il governo di Bishkek, non a caso, ha fatto il possibile per non attirare le ire di Mosca.

Considerato un Paese democratico ancorché movimentato, ad immagine delle tre rivoluzioni dal 2005 a oggi, il Kirghizistan ha già bloccato due media di opposizione per come hanno coperto la guerra in Ucraina. Secondo il Cremlino, il presidente Japarov – definito un populista – ha sposato l’invasione.

Della serie: dalla padella alla brace, pensando ai russi contrari alla guerra appena sbarcati.

Le poche proteste, davanti all’ambasciata russa, sono state risolte a suon di minacce dalle autorità.

Le carte di credito
A tutto ciò, beh, va aggiunto il blocco delle carte di credito dei circuiti principali. Visa, Mastercard, American Express. I russi che si trovano all’estero non possono usarle, poiché le carte sono legate alle banche sanzionate. Un danno minore, in fondo, se paragonato alle conseguenze da affrontare in patria per essersi schierati contro la guerra in Ucraina.

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