«Non c'è nessuna crisi migranti, l'Italia sventola la bandiera del sovranismo»

In Italia tornano ad accendersi i riflettori sulla questione migranti. Dopo le tensioni con la Francia – uno scaricabarile culminato con lo sbarco delle 230 persone a bordo della Ocean Viking al porto francese di Tolone – si sono moltiplicate le richieste di aiuto da parte della Penisola all’Unione europea: «L’Italia non può essere lasciata sola». Un appello lanciato non solo dai politici, ma persino da papa Francesco. Insomma, leggendo i giornali italiani in questi giorni si ha l’impressione di essere nel bel mezzo di un’emergenza migratoria, che non c'entra nulla con i rifugiati ucraini. È davvero così? L’Italia è lasciata sola ad affrontare la gestione dei richiedenti asilo? Ne parliamo con il professor Maurizio Ambrosini, docente di sociologia delle migrazioni all’Università degli Studi di Milano, nonché editorialista di Avvenire.
Italia, un Paese di transito
Il professor Ambrosini parte dai dati di Eurostat relativi al 2021: «La Germania ha accolto 148 mila richieste di asilo, seguita dalla Francia, 104 mila, e dalla Spagna, 62 mila. L’Italia si è collocata al quarto posto, con 45 mila richieste di asilo. Ci sono poi altri Paesi che hanno più ragioni di criticare rispetto all'Italia, pensiamo alla Svezia, che ha 25 rifugiati ogni 1000 abitanti, o a Malta, che ne ha 18 ogni 1000. È vero, la Penisola riceve numerose persone che sbarcano dal mare, oltre 90 mila nel 2022, ma, fino ad oggi, non è stata certo l’Italia ad accogliere più rifugiati, sia in numeri assoluti, sia relativi. Questa è una leggenda che continuano a raccontare e a cui tutti credono, persino le forze di sinistra. Lo hanno fatto dire – informandolo male – persino al Papa». Il docente universitario prosegue: «Non è vero che l'Italia è lasciata sola. Chi lo afferma guarda solo gli sbarchi, che sono certamente l’aspetto più drammatico degli arrivi dei richiedenti asilo, e non tiene in considerazione tutti i migranti che si muovono in aereo, in macchina, in treno, in pullman o a piedi, se pensiamo alla rotta balcanica. In Italia non si riesce, o probabilmente non si vuole, prendere atto di questo fatto. Si considerano solo le persone che arrivano dal mare e allora si pensa “ce li lasciano tutti qui a noi”. Poi bisogna tener conto anche delle seconde migrazioni, cioè tutte quelle persone che arrivano in un Paese e si spostano in un altro, ripresentando una domanda di asilo. La Francia ha ricevuto 30 mila migranti così, molti dei quali provenienti dall’Italia, che, in questo senso, è più un Paese di transito: i rifugiati arrivano nella Penisola, ma la maggior parte di loro vuole andare da un’altra parte, verso nord. In questo quadro, i partner europei, per dare un segnale di disponibilità alle autorità italiane, avevano accettato di ricollocare un limitato numero di richiedenti asilo sbarcati nella Penisola». Questo, prima del braccio di ferro sulla Ocean Viking: la Francia avrebbe dovuto accogliere, volontariamente, 3.500 richiedenti asilo sbarcati sulle coste italiane. Il recente incidente diplomatico ha portato al blocco del ricollocamento.


Il ruolo limitato delle ONG
Il Governo Meloni, proprio in questi giorni, sta ragionando su una misura per limitare l’azione delle navi delle ONG che prestano soccorso in mare. Queste, in futuro, potrebbero dover fornire prove sul soccorso di un’imbarcazione effettivamente a rischio naufragio. Non proprio semplice da dimostrare, se si pensa ai barchini sovraffollati che sfidano il Mar Mediterraneo. A tal proposito, il professor Ambrosini evidenzia: «Di tutte le persone sbarcate in Italia, le ONG, nel 2022, ne hanno portate meno del 12%. Dunque le associazioni tra gli sbarchi e il ruolo delle ONG, accusate di essere vice scafisti o alleate dei trafficanti di esseri umani, non sono vere. Il loro ruolo è molto limitato, lo dicono i dati». E allora perché il Governo italiano spinge per arginare l’azione di imbarcazioni come la Ocean Viking? Secondo l’esperto, «il governo italiano, come era prevedibile, ha colto l’occasione per dare un segnale di discontinuità, per alzare la bandiera del sovranismo e della difesa dei confini, cercando di creare un contenzioso con i tradizionali partner europei, secondo tutti i cliché populisti e sovranisti. Lo aveva già fatto il primo Governo Conte e ora lo fa il nuovo Esecutivo. Non potendo scostarsi molto dal quadro vigente su altri dossier, specialmente di politica estera, pensiamo alla guerra in Ucraina, alle alleanze internazionali o ai fondi europei per il rilancio post pandemia, il Governo sente il bisogno di marcare la propria identità politica facendo fuochi d’artificio su altri temi, possibilmente a basso impatto economico». Il docente universitario continua: «Stanno cercando di limitare il ruolo delle ONG che, come detto, soccorrono qualcosa come il 12% dei migranti. Gli altri arrivano via mare per conto loro o sono salvati da normali mercantili, persino da navi militari, che però non possono dirlo. Avremo dei paradossi: la petroliera di turno potrà caricare persone e portarle in Italia, mentre la nave di una ONG potrà farlo solo se in grado di dimostrare che i migranti stavano annegando. Queste misure sono pretesti per rendere difficile la vita di chi parte verso l’Europa. È stato già fatto, in passato, sequestrando le navi delle ONG e lasciandole ferme per mesi».
I centri accoglienza e i rifugiati ucraini
Se dunque non possiamo parlare di un’emergenza migranti, com’è la situazione nei centri di accoglienza? L’hotspot di Lampedusa è puntualmente sovraffollato, questo non è un problema? Il professor Ambrosini constata: «È facilissimo “creare” un’emergenza dell’accoglienza, basta non prevedere un numero sufficiente di posti. Basta che gli ospiti dell’hotspot di Lampedusa non vengano portatati in altri centri accoglienza: si lasciano lì, si intasa l’hotspot dell’isola, e la crisi è servita. È una tattica già utilizzata dal ministro Roberto Maroni agli inizi del ciclo di arrivi legati alle primavere arabe. Si lasciano i profughi sul molo all’addiaccio per poter dire: “C’è un’emergenza, l’Europa deve intervenire”». Per il nostro interlocutore, insomma, «è un’emergenza artefatta. In realtà l’Italia ha chiuso molti centri di accoglienza che erano stati istituiti per gestire il fenomeno quando aveva numeri più importanti di quelli di oggi. Mai numeri drammatici, come vengono sbandierati, però negli anni centrali dello scorso decennio l’Italia ha avuto qualcosa come 100 mila richieste di asilo». E allora, suonerà come una provocazione, ma è giusto chiederselo: perché per i rifugiati ucraini il posto c’è? Il professor Ambrosini non ha dubbi: «Perché l’attuale Governo vuole creare un contenzioso per affermare la sua identità politica e dare un messaggio ai suoi elettori, che infatti plaudono. Un Paese con oltre 60 milioni di abitanti e un bilancio pubblico di non so quanti miliardi, davvero non riesce ad accogliere qualche migliaio di rifugiati? Ha già accolto 170 mila ucraini, ma non può trovare posto a chi arriva dall’Africa, dalla Siria o dall’Afghanistan: è una manovra finalizzata al consenso politico piuttosto che al risparmio di risorse».