«Per ogni carro armato distrutto, guadagnerete punti»: da guerra a (video)gioco

In una guerra sempre più «robotica», come lo è quella fra Russia e Ucraina, l'abilità con i videogiochi può aiutare, e molto, i soldati. Ne avevamo già parlato: guidare droni velocissimi non è per nulla facile. Tanto che, in questi anni di guerra, a preoccupare Kiev non è stata la produzione di droni, quanto più la formazione adeguata degli operatori. Il funzionamento di droni FPV (con guida in prima persona) richiede abilità e riflessi veloci. La «scuola» per apprenderne i segreti dura un mese e i risultati parlano chiaro: è chi ha già esperienza nei videogiochi ad ottenere i risultati migliori.
Data questa affinità fra le abilità sviluppate con i videogiochi e quelle utili per l'utilizzo di droni da guerra, non stupisce che l'innovazione militare in Ucraina si stia spingendo, anche, verso una «gamification» del concetto di guerra. Un'implementazione, cioè, delle logiche dei videogiochi nei contesti militari.
Già nell’agosto 2024 l’iniziativa «Army of Drones», sostenuta dal governo di Kiev, aveva introdotto un sistema a bonus: ogni missione con drone che colpisce un obiettivo certificato viene registrata e trasformata in punti. Un operatore che distrugge un carro armato T‑90M con un drone FPV usa‑e-getta guadagna abbastanza punti per permettere alla sua unità di ottenere 15 droni aggiuntivi. Per chi invece i droni kamikaze li fa schiantare nei grandi prati ucraini, nessuna - o quasi - «ricarica».
Ora, si legge in un articolo dell'Economist, il processo viene aggiornato con quello che Mykhailo Fedorov, ministro ucraino per la trasformazione digitale, ha definito «Amazon per le forze armate»: uno schema che consente alle unità di acquistare kit da battaglia con i punti ottenuti distruggendo veicoli russi e altri obiettivi. I punti accumulati permetteranno alle unità di accedere alla piattaforma Brave 1 Market, un sistema che consente alle unità da combattimento di acquistare direttamente le attrezzature, aggirando il processo di approvvigionamento standard, che può essere lento e macchinoso. Un sistema rapido, efficiente e a premio che motiva le truppe a registrare ogni attacco dei droni, garantendo ai comandanti anche una visione più completa dei risultati sul campo di battaglia.
Secondo Fedorov, oltre a convogliare le risorse dove sono meglio utilizzate, la «gamification» modella il carattere del combattimento. «Army of Drones», ad esempio, ha recentemente aumentato il numero di punti per l'uccisione di un soldato di fanteria da due a sei. Un aumento che, secondo il ministro ucraino per la trasformazione digitale ha portato a un raddoppio del numero di vittime nella fanteria russa e alla diminuzione di carri armati distrutti. Insomma, basta cambiare i valori per guidare l'esercito verso bersagli diversi.
Deumanizzazione?
L'uso di metriche quantitative in guerra non è un concetto nuovo: da sempre, praticamente, il «body counts», il conteggio delle uccisioni, fa parte delle logiche militari. In Vietnam, ad esempio, determinavano chi otteneva medaglie, promozioni e persino ricompense, come tempo trascorso lontano dal fronte. Non mancano, tuttavia, i critici che descrivono come «disumanizzanti» le «guerre da videogioco» sin dalla prima guerra del Golfo nel 1991. E c'è chi teme che la «gamification» metta in crisi la gerarchia militare decentrando il controllo delle forniture.