Stati Uniti

Perché Big Tech licenzia o non assume?

Diverse start-up e molti colossi sono alle prese con tagli e ridimensionamenti – Sullo sfondo, il timore della recessione
Marcello Pelizzari
28.07.2022 06:00

C’è una parola, più di tutte, che spaventa. L’America, innanzitutto. Ma non solo. Recessione. Diciamolo: gli ultimi mesi sono stati piuttosto turbolenti, complici l’inflazione galoppante e un generale aumento dei prezzi, per tacere dell’incertezza sul fronte dei mercati.

La paura, leggiamo, è entrata e penetrata in molti corridoi delle start-up e dei colossi tech. C’è chi, non a caso, ha deciso di bloccare le assunzioni nella speranza di tempi migliori. Ma c’è anche chi, anche a centinaia per volta, ha cominciato a licenziare dipendenti.

Secondo alcuni esperti, un intero settore è vicino, anzi vicinissimo al crollo. Come, se non peggio, quando scoppiò la bolla di Internet alla fine degli anni Novanta.  

Netflix, Twitter e gli altri

Le notizie brutte, in effetti, si susseguono. Non c’è giorno senza ondate di tagli o altro. Shopify, fra le più note piattaforme di e-commerce, capace durante la pandemia di far registrare un aumento del suo business dell’80% e oltre, ha licenziato 1.000 persone. Un lavoratore su dieci, in azienda, ha perso il posto per farla breve. Il motivo? Le proiezioni, errate, in merito alla crescita dell’azienda. Ahia.

Maggio e giugno, in questo senso, sono stati mesi terribili. Netflix, un colosso, con due colpi di spugna particolarmente decisi e violenti ha licenziato 450 dipendenti. Normale, verrebbe da dire: gli abbonati sono in calo dall’inizio del 2022 e la concorrenza preme. A luglio, invece, Twitter si è liberato del 30% del suo team di – citiamo – talent acquisition. Il tutto dopo un blocco delle assunzioni durato due mesi. Non solo, la piattaforma ha appena annunciato ai suoi dipendenti che si lavorerà (quasi) solo in remoto, complici le riduzioni degli uffici a San Francisco, Sydney e New York. Gli spazi fisici, si sa, generano costi di gestione e manutenzione non indifferenti. Meglio liberarsene, di questi tempi.

Le cose, ancora, non sembrano andare bene pure a Meta, dove diverse fonti – una su tutte: Business Insider – parlano di un clima da caccia delle streghe nei confronti dei lavoratori meno produttivi. Nell’aria, secondo i bene informati, ci sarebbe un taglio del 10%.

Anche Google rallenta

Google, per contro, licenziamenti veri e propri non ne ha annunciati. Tuttavia, le assunzioni stanno avvenendo a ritmi molto più lenti rispetto al passato. Di più, dopo due anni «pompati» dalla pandemia, Alphabet – la società madre – ha appena salutato un secondo trimestre al di sotto delle attese, con risultati inferiori perfino all’epoca pre-COVID. Il gruppo, infatti, ha chiuso il trimestre con un fatturato pari a 69,69 miliardi di dollari, solo (si fa per dire) il 13% in più rispetto al medesimo periodo del 2021. Si tratta della crescita più debole dal secondo trimestre del 2020, quando si verificò il crollo dei budget pubblicitari, di 6 punti inferiore se paragonata al 2019. La Borsa, almeno quella, ha reagito bene. 

L’elenco, dicevamo, è lungo. Microsoft ha tagliato e «riallineato»; Apple secondo Bloomberg non assumerà come in passato, quantomeno nel 2023; Amazon, attraverso il suo direttore finanziario, ha fatto capire di avere troppe persone a libro paga; Tesla ha chiuso le porte a 200 lavoratori, il tutto mentre Elon Musk giochicchiava con l’affare Twitter. Potremmo andare avanti (quasi) all’infinito, citando le motivazioni più disparate.

Su un punto, in ogni caso, Big Tech sembra concordare: l’America potrebbe entrare in una fase di recessione e nemmeno colossi come quelli citati riuscirebbero a sfuggirvi.

Fine di un'epoca? Non proprio

Eppure, fino a ieri l’altro lavorare nel settore tech non dava preoccupazioni particolari: era considerato un impiego sicuro, complice una certa flessibilità. L’orizzonte, nel frattempo, è cambiato e pure di molto.

Anche perché molte aziende devono affrontare da un lato le strette legali varate dall’Unione Europea e, dall’altro, costi legati a nuovi, mastodontici progetti. Come Meta per il metaverso.

Detto del timore delle aziende, legato appunto alla particolare congiuntura economica, non pochi attivisti hanno sottolineato come i licenziamenti nel settore tech potrebbero colpire in particolare persone appartenenti a minoranze etniche o religiose.

Forse, però, Big Tech sta semplicemente pagando una politica di assunzioni – portata avanti nei cosiddetti anni buoni – sbagliata. L’analista Dan Ives, ad esempio, ha detto che il settore si è comportato come un marinaio ubriaco. Spendendo, dunque, tanti, troppi soldi. Quello che stiamo assistendo, concludendo, sarebbe una semplice correzione. E non la fine di un’epoca.

In questo articolo: