Il punto

Perché manca una definizione universale del terrorismo?

Tanto le Nazioni Unite quanto la Corte penale internazionale hanno faticato, negli anni, a trovare un terreno d'intesa su questa parola e questo concetto – Proviamo a fare chiarezza
Le autorità belghe dopo l'attentato di Bruxelles. © OLIVIER HOSLET
Marcello Pelizzari
18.10.2023 15:01

Terrorismo. Citiamo una delle definizioni proposte dal vocabolario Treccani: «L’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine, mediante azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e sim.; possono farvi ricorso sia gruppi, movimenti o formazioni di vario genere (ma anche individui isolati), che vogliono conseguire mutamenti radicali del quadro politico-istituzionale, sia apparati, istituzionali o deviati, di governo interessati a reprimere il dissenso interno e a impedire particolari sviluppi politici». Una definizione puntuale, oseremmo dire. Perché, allora, come ricorda Le Monde, non è stato possibile finora accordarsi universalmente su che cosa sia, con precisione ed esattezza, il terrorismo? Un esercizio, questo, sfuggito tanto alle Nazioni Unite (ONU) quanto alla Corte penale internazionale (CPI).

«Il terrorismo – spiega al quotidiano Elie Tenenbaum, direttore del Centre des Études de Sécurité de l’Institut Français des Relations Internationales – non è un’ideologia ma una modalità d’azione che può servire alle ideologie più diverse». Secondo logica, dunque, «un’organizzazione terroristica è un’organizzazione che pratica con regolarità e sistematicità atti terroristici». Altri esperti, fra cui Cyrille Bret, professore di scienze politiche all’Istituto di studi politici di Parigi, sottolineano che molte definizioni (anche) internazionali del terrorismo siano state criticate, negli anni, perché eccessivamente tautologiche: il terrorismo, in sostanza, è semplicemente chi crea terrore.

Il Regime del Terrore

Se la definizione di terrorismo è complicata, o vaga, la nascita di questa parola e questo concetto è ben documentata. Risale alla Rivoluzione francese e, più precisamente, al Regime del Terrore o Terrore giacobino (1793-94). «Le prime persone nella storia a essere chiamate terroristi sono stati i membri della Convenzione inviati in missione nelle province per reprimere il realismo e il federalismo» hanno scritto al riguardo Jean-François Gayraud e David Sénat nel loro Le Terrorisme. Sottolineando, di riflesso, che «il terrorismo è quindi nato ai vertici, nel cuore stesso dello Stato».

Una strategia contro lo Stato

Il terrorismo degli albori, insomma, è indissolubilmente legato alla violenza rivoluzionaria. Una violenza, citiamo Le Monde, che distrugge il vecchio mondo ed elimina i suoi rappresentanti.

Idee, queste, riprese nel corso del diciannovesimo secolo dagli anarchici come dai populisti russi, protagonisti di numerosi attentati contro le cosiddette teste coronate. Ed è proprio qui che, sensibilmente, il concetto di terrorismo e terrorista cambia. Diventando, dall’oggi al domani, una strategia di contestazione – violenta, va da sé – contro lo Stato. Dapprima abbracciando le classi più povere e sfruttate, quindi i popoli oppressi e desiderosi di liberarsi dal colonizzatore di turno.

In epoca più recente, il terrorismo è diventato una vera e propria arma dei deboli, per quanto questa sovrapposizione sia stata spesso manipolata. In particolare, fa notare ancora Le Monde, durante la Guerra Fredda. Diventando, di nuovo, terrorismo di Stato.

Che cosa dice il codice penale svizzero

Le ambiguità attorno al concetto di terrorismo spiegano, in parte, perché ad oggi manchi una definizione internazionale comune. Alla confusione, mettiamola così, hanno contribuito anche le organizzazioni per i diritti umani e i movimenti di liberazione nazionale: il timore, per farla breve, è che all’interno di una definizione così ampia potessero finire anche moti del tutto legittimi. E pacifici, di per sé.

La situazione è rimasta praticamente ferma, anzi fermissima fino alla caduta del Muro di Berlino e al crollo del blocco comunista. A quel punto, gli Stati hanno iniziato a organizzarsi per contrastare il fenomeno, in particolare a livello di fonti di finanziamento. Detto ciò, le Nazioni Unite non sono mai riuscite a stilare una lista di organizzazioni terroristiche. Limitandosi a una risoluzione sui talebani afghani, cui si è aggiunto in seguito lo Stato Islamico.

Le liste

Per certi versi, il dibattito accesosi in Svizzera attorno alla catalogazione di Hamas può essere letto in questo senso. Nella Confederazione, il reato di terrorismo evidentemente è disciplinato dal Codice penale. Anche in relazione al finanziamento di organizzazioni terroristiche o al reclutamento, l’addestramento e i viaggi finalizzati alla commissione di un reato di terrorismo.

L’elenco dell’Unione Europea delle organizzazioni terroristiche, fra gli altri, comprende l’ala militare di Hezbollah ma non la sua componente politica, che partecipa regolarmente alle elezioni in Libano, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, e ovviamente Hamas. E questo perché, ribadisce Tenenbaum, «il terrorismo è la modalità d’azione fondamentale di questa organizzazione, anche se non si riduce a questo, perché Hamas è anche un movimento con una base politica che compie azioni militari. Ma il suo ricorso al terrorismo è sistematico e concepito come tale». Basti pensare al manifesto di Hamas del 1988, incentrato sulla distruzione dello Stato di Israele.