Guerra e armamenti

Pile di morti e razzi a catinelle: quanto reggeranno Kiev e Mosca?

Il conflitto negli ultimi mesi si è concentrato nell'est del Paese, incancrenendosi — Soldati e risorse vengono utilizzati senza badare a numeri e spese, ma chi trae maggior beneficio dal cristallizzarsi della guerra?
Giacomo Butti
04.07.2022 17:05

Nessuna Blitzkrieg. Proprio no, il conflitto scoppiato il 24 febbraio con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia non è definibile "guerra lampo". Con buona pace degli esperti occidentali che, assistendo con orrore al dilagare delle truppe del Cremlino, pronosticavano una rapida disfatta per Kiev. A 130 giorni dall'inizio della guerra, la bandiera giallo-blu continua fieramente a sventolare sulla capitale. Non solo: è tornata a farlo in territori caduti inizialmente in mani russe. Ora, tuttavia, la situazione sembra incancrenitasi. Lo scontro si è spostato più a est e si è rallentato, concentrandosi nella regione del Donbass. Qui la Russia sta tentando di riguadagnare terreno facendo sua la città di Lysychansk, l'ultimo centro ucraino a resistere e a impedire il passaggio dell'intero oblast al nemico. Fra ieri e oggi, Mosca ha due volte annunciato la caduta dell'importante snodo, notizia altrettante volte smentita da Kiev. Per quanto lentamente, tuttavia, l'esercito russo sta portando avanti i propri piani. L'intelligence britannica, citata dal Guardian, ha evidenziato come le truppe di Putin stiano riuscendo a compiere «piccoli progressi», tra continui attacchi aerei e di artiglieria. 

Già. Il lento progredire russo è reso possibile solo da bombardamenti massicci e indiscriminati. Ma quanto a lungo questo "tira e molla" sarà possibile nella regione? Quando le risorse (militari, ma anche umane) delle due parti si esauriranno? Chi, tra Kiev e Mosca, trae maggior beneficio dal cristallizzarsi del conflitto? I timori, per l'Ucraina, sono diversi. Come ben evidenziato in un recente articolo dell'Economist, tra le principali preoccupazioni occidentali v'è che l'Ucraina non abbia adattato la sua strategia in modo sufficiente per combattere una guerra di logoramento prolungata. Che la sua economia collassi mentre soldati e munizioni cominciano a venire meno, così come la forza di volontà necessaria a combattere. Pressioni, queste, che a dire il vero non risparmiano nemmeno la Russia. Intenta a prosciugare la propria economia mentre procede spedita la cancellazione, dai villaggi più sperduti e indifesi dal volere del Cremlino, di intere generazioni di giovani.

In questa foto del 2005, un lanciarazzi HIMARS montato su un camion M1140 dell'esercito americano. © Wikipedia/U.S. Army photo
In questa foto del 2005, un lanciarazzi HIMARS montato su un camion M1140 dell'esercito americano. © Wikipedia/U.S. Army photo

Meglio fare in fretta

Missili, droni, carri armati. Da mesi, ormai, vediamo l'Occidente concentrare i propri sforzi nel rifornire Kiev di attrezzatura militare. Dopo aver puntato tutto, inizialmente, su modesti missili anticarro e antiaerei con i quali resistere all'impatto dell'onda russa, più di recente Kiev sta ottenendo armamenti sempre più sofisticati, utili al contrattacco e alla ripresa dei territori perduti. Un esempio? I lanciarazzi americani M142 HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System), muniti di missili guidati da GPS. Con attrezzatura come questa, promettono diversi funzionari ucraini (tra i quali lo stesso Volodymyr Zelensky), «Kiev potrebbe vincere la guerra prima dell'arrivo dell'inverno».

Ma è davvero così? L'ottimismo non guasta. Ma le difficoltà da superare sono numerose. Come evidenziato dal già citato settimanale britannico, ad oggi le forze ucraine hanno utilizzato la maggior parte delle loro munizioni e, non avendo la capacità produttiva nazionale per rifornirle, dipendono ora completamente dai "benefattori" occidentali. E anche questi potrebbero presto cominciare a scarseggiare. Già, perché l'Ucraina sta rispondendo al fuoco con il fuoco: ai pesanti e ininterrotti bombardamenti russi, Kiev ha opposto un altrettanto pesante sbarramento. Insomma, non si è badato a bossolo. 

La Russia sta sparando in modo così indiscriminato che l'intera produzione annuale americana sarebbe sufficiente a far funzionare i suoi cannoni per sole due settimane
Alex Vershinin, ufficiale in pensione dell'esercito statunitense, all'Economist

Ma Mosca, si vocifera fra gli addetti ai lavori, gode di una riserva di missili incredibilmente ampia. Secondo Alex Vershinin, ufficiale in pensione dell'esercito statunitense intervistato dall'Economist, «la Russia sta sparando in modo così indiscriminato che l'intera produzione annuale americana sarebbe sufficiente a far funzionare i suoi cannoni per sole due settimane». Un dato impressionante. E che pone davanti alla fatidica domanda: quanto a lungo Kiev e alleati riusciranno a mantenere il ritmo? Parliamo, ad esempio, dei famosi missili anticarro Javelin. Secondo dati forniti dalla CNN a fine marzo, nelle prime settimane di guerra Kiev arrivava ad utilizzare anche 500 di questi missili al giorno. Il numero di Javelin inviati in Ucraina dagli Stati Uniti si aggirava attorno alle 7.000 unità. Mentre la produzione americana, secondo dati forniti dalla stessa azienda responsabile, Lockheed Martin, tocca i 2.100 missili l'anno. Questa ha recentemente annunciato di voler portare a 4.000 il numero di missili costruiti. Ma ci vorrà del tempo: in un'intervista a CBS, il CEO James Taiclet ha affermato che per portare a termine l'operazione ci potrebbero volere diversi mesi, «forse anche un paio di anni». Il calcolo è rapido: non ci sono abbastanza munizioni per l'utilizzo fattone da Kiev. Il timore di alcuni Paesi occidentali è dunque che l'Ucraina tenti di competere con la Russia, continuando a consumare le munizioni a un ritmo deleterio.

Ma a preoccupare è anche il numero di perdite sul fronte ucraino. Kiev ha affermato recentemente di perdere fino a 200 soldati al giorno. Mentre il 15 giugno, un generale ha diffuso alcuni dati sui mezzi persi: 1.300 veicoli blindati, 400 carri armati e 700 sistemi di artiglieria, riporta l'Economist. Molti più di quanto si pensasse in precedenza. È da considerare anche il fatto che molte delle unità più esperte e meglio addestrate dell'Ucraina sono state distrutte, portando i riservisti più giovani a prendere il loro posto.

E l'economia? Oggi Kiev non è solo alla disperata ricerca di armi, ma anche di denaro. Secondo previsioni della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale, il PIL ucraino potrebbe vedersi ridotta di oltre un terzo quest'anno. Un colpo pari alla depressione americana degli anni Trenta. Altre analisi, più ottimistiche, parlano di una contrazione su base annua pari al 15%. Un colpo, in ogni caso, non indifferente e che rende gli investitori più riluttanti a investire nel Paese. Kiev, intanto, si è ridotta a stampare denaro per fare quadrare i conti, facendo impennare l'inflazione. 

Una catena di problematiche che spinge a sperare che la guerra non si trascini troppo in là.

Putin attende

E la Russia? Economicamente, Mosca sembra passarsela meglio. Il rublo si è infatti ripreso dopo un'oscillazione causata dalle dure sanzioni occidentali. I timori di una corsa agli sportelli bancari sono diminuiti. E mentre le aziende occidentali hanno ridotto o cessato ogni attività nel Paese, la maggior parte degli osservatori prevede per il PIL russo una contrazione decisamente più gestibile rispetto a quella ucraina: negli scorsi mesi, riporta l'agenzia Reuters, si immaginava un -7,8 - 8,4% su base annua. A inizio giugno il calo previsto per il 2022 era già sceso al 5%.

Le sanzioni sono dunque inutili? No. Mentre Putin insiste con la sua narrativa («Le sanzioni danneggiano più l'Occidente che la Russia»), tali misure stanno avendo un impatto negativo soprattutto perché privano l'economia di importazioni cruciali. La produzione di automobili, secondo l'Economist, è diminuita di oltre l'80% rispetto ai livelli precedenti all'invasione, in parte a causa della difficoltà dei produttori a reperire i pezzi dall'estero, ma anche per il calo della domanda dei consumatori. La produzione di ascensori si è dimezzata: un dettaglio che fa pensare a un crollo dei grandi progetti edilizi. E la carenza di componenti di primaria importanza preoccupa anche i generali russi. Secondo dati della scorsa settimana, le esportazioni globali di semiconduttori verso la Russia sono crollate del 90% da quando Stati Uniti e alleati hanno imposto controlli sulle esportazioni. Tanto che, già lo affermava a maggio la segretaria al Commercio Gina Raimondo, le «attrezzature militari abbandonate dai russi sono piene di semiconduttori derivati da lavastoviglie e frigoriferi». Discorso diverso per le fabbriche di munizioni. Retaggio della pianificazione centrale sovietica, le aziende del settore della Difesa tendono ancora oggi ad accumulare i pezzi importanti: difficile dunque che la macchina delle armi si fermi tanto presto. 

Putin sembra dunque deciso a giocarsela sul lungo periodo, fiducioso che tempo e denaro siano dalla sua parte.

Ma è davvero così? Gli sforzi compiuti dallo zar per evitare una mobilitazione generale suggeriscono una certa insicurezza sul possibile sostegno dell'opinione pubblica. Finora Putin è riuscito a ridurre al minimo il dissenso grazie agli importanti sforzi di propaganda e repressione degli oppositori. Aiuta anche il fatto che la maggior parte delle nuove reclute e delle vittime dell'esercito provengano da piccoli centri delle province più povere, lasciando così intatte le famiglie delle grandi città russe. Per trovare nuove reclute, il governo ha dovuto offrire paghe sontuose, pari a quasi tre volte il salario medio russo, promettendo anche a feriti e famiglie dei caduti generosi risarcimenti. La Duma, intanto, ha recentemente innalzato l'età massima per il reclutamento da 40 a 65 anni. Ma quanto a lungo potrà reggere questa strategia? Secondo un articolo della BBC, le nuove reclute ricevono solo pochi giorni di addestramento prima di essere gettate in battaglia. Carne da cannone, insomma. Il morale è basso e l'intelligence britannica ha recentemente segnalato «scontri armati tra gli ufficiali e le loro truppe».

Anche la Russia, insomma, non può permettersi di giocare col fuoco.

© AP Photo/Evgeniy Maloletka
© AP Photo/Evgeniy Maloletka

Il futuro

Ma arriviamo al dunque. Chi trae maggior vantaggio dall'"endemizzazione" della guerra? Se il conflitto dovesse protrarsi, raggiungendo l'inverno, molti temono che la Russia possa usare tattiche ancora più spietate per piegare la resistenza ucraina. Come la presa di mira delle reti elettriche o di riscaldamento. Gli ucraini, tuttavia, sembrano essere pronti ad affrontare tali privazioni. I dati dell'agenzia di sondaggi Rating mostravano a giugno che oltre il 93% degli intervistati crede in una vittoria dell'Ucraina, con un alto livello di fiducia tra i residenti di tutte le macroregioni e tra i rappresentanti di diversi gruppi di età. Oggi, la maggioranza della popolazione (57%) ritiene che l'Ucraina impiegherà almeno sei mesi o più per vincere. 

Gli ucraini rimangono fermamente contrari all'idea di un negoziato con la Russia, e l'umore contro il compromesso è cambiato decisamente dopo la denuncia delle atrocità russe nella seconda metà di marzo. In un'intervista rilasciata ieri al Telegraph, la politica Yulia Tymoshenko ha affermato: «Sono sorpresa che alcuni Paesi continuino a cercare di perseguire politiche di appeasement. È una soluzione inaccettabile per tutta l'Ucraina. Un accordo di pace è un'illusione, l'unica via d'uscita è la vittoria in battaglia. Qualsiasi accordo di pace sarà il primo passo verso la prossima guerra».

Qualsiasi accordo di pace sarà il primo passo verso la prossima guerra
Yulia Tymoshenko, politica ed ex prima ministra al Telegraph

Ma l'Occidente sarà disposto a sostenere, sempre e comunque, gli sforzi bellici anche su un periodo così lungo? Tagliando le esportazioni di gas attraverso il principale gasdotto dalla Russia alla Germania, Putin ha recentemente segnalato che è disposto a prendere in ostaggio l'economia europea per portare avanti i suoi obiettivi di guerra. Secondo l'Economist, l'impennata dei prezzi del gas e le carenze economiche che si verificheranno durante l'inverno indurranno con ogni probabilità alcuni governi europei a spingere l'Ucraina ad accettare una «tregua imperfetta». Già, perché quanto più a lungo si protrae la guerra, tanto più gli alleati dell'Ucraina diventeranno riluttanti a fornire armi e denaro.

Tanto, dunque, sta all'Ucraina. Alla gestione che Kiev farà delle risorse inviatele dall'Occidente. Se missili, mezzi e attrezzature militari dovessero essere utilizzate con parsimonia e precisione, le truppe di Zelensky potrebbero essere in grado di bersagliare centri di comando e altri punti nevralgici dell'esercito russo, inducendo così il Cremlino a più miti consigli. Se invece dovesse continuare a rispondere al fuoco col fuoco, a impegnarsi in un costosissimo fuoco di sbarramento che, ogni giorno, brucia un quarto dell'annuale produzione statunitense di missili, allora le cose potrebbero farsi più complicate. 

Una guerra lunga, insomma, metterà alla prova entrambe le parti. Ma molto dipenderà dalle strategie messe in campo dall'Ucraina e dalla disponibilità dell'Occidente. 

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