Cambiamento climatico

Quando in Alaska si prega per il funzionamento dei congelatori

Nel mese di settembre, il tifone Merbok ha causato notevoli danni ad alcuni villaggi della costa occidentale dello Stato – Questi fenomeni, sempre più frequenti, causano black out che compromettono l'utilizzo di elettrodomestici essenziali per la sopravvivenza dei nativi
Federica Serrao
05.10.2022 12:14

A Hooper Bay, sulla costa occidentale dell'Alaska, il paesaggio è diviso fra tundra e innumerevoli laghi. Qui, ai margini dell'oceano, tra i fiumi Yukon e Kuskokwim, il villaggio conta circa 1.400 persone, metà delle quali sono bambini. Le case, abitati principalmente da nativi americani, sono spesso affollate e vecchie di decenni, costruite con materiali inadatti a sopportare il clima polare. Oggi, qualcosa sta cambiando. Ma non in positivo.

Il 16 settembre una potentissima tempesta si è abbattuta sull'Alaska occidentale. Parliamo del tifone Merbok, un fenomeno record mai misurato dagli scienziati in quelle regioni. Piogge intense, onde estreme, mareggiate di quindici metri, forti raffiche di vento, quasi da uragano, e anche episodi di erosione costiera. Disastri che, come si può ben immaginare, hanno causato danni notevoli ai residenti di alcuni remoti villaggi del territorio. C'è chi è rimasto senza corrente elettrica. Chi senz'acqua. O senza cibo. Ma soprattutto, senza congelatori. Per i nativi dell'Alaska si tratta di un elettrodomestico essenziale per sopravvivere, ma il cambiamento climatico ne minaccia sempre più l'utilizzo. 

Tra costolette di alce e pizze surgelate

Nei congelatori dei villaggi come Hooper Bay, c'è tutto ciò che serve per sopravvivere. Stiamo parlando dei tradizionali cibi di sussistenza che, come spiega il New York Times, comprendono costolette di alce, pesce bianco, uova di aringa, salmone chinook, foca barbuta, beluga, litri di bacche. Ma anche cibi pronti sfusi, come i prodotti di Cool Whip per guarnire i dessert. E perché no, anche pizza e ghiaccioli. Il tifone Merbok ha messo in pericolo le scorte di cibo di mesi. Per alcuni, addirittura di un intero anno. Da quando il cambiamento climatico ha cancellato i metodi tradizionali utilizzati per decenni dagli indigeni d'Alaska per conservare il cibo, il congelatore indipendente è diventato l'unico mezzo di salvezza per sopravvivere. I villaggi dell'Alaska occidentale hanno infatti dovuto attendere fino agli anni '60 prima di ricevere l'elettricità, necessaria per far funzionare gli elettrodomestici. Prima di allora, le persone conservavano il cibo al fresco scavando una buca nel permafrost. Permafrost che, neanche a dirlo, non è più una soluzione contemplabile. Negli ultimi 50 anni, infatti, la temperatura media annuale è aumentata di quattro gradi, il che significa che scendere sotto lo zero non è più così comune. Un grosso campanello d'allarme mascherato da finto sollievo di poter convivere con temperature più miti.

«Ho chiesto a Dio di vegliare sui congelatori»

Quando il tifone ha cominciato ad abbattersi sulla zona, la signora Stone - intervistata dal quotidiano americano - ha «pregato Dio» chiedendo una specifica «misericordia». Quella di «vegliare sui congelatori», proteggendoli dai blackout. Dopo che l'aumento delle temperature ha privato dell'utilizzo di altri metodi tradizionali, i nativi dell'Alaska si sono aggrappati ai congelatori, diventandone totalmente dipendenti. La loro funzione è essenziale specialmente con l'arrivo dell'autunno. In quei mesi, contengono una scorta invernale di cacciagione sufficiente a ridurre al minimo gli acquisti di generi alimentari trasportati in aereo. Prodotti il cui prezzo, come si fa presto a immaginare, è piuttosto elevato. Nessuno degli abitanti del villaggio Yup'ik (lingua nativa del territorio), del resto, potrebbe infatti sopravvivere cibandosi unicamente di viveri reperiti dai pochi supermercati della zona. Basti pensare che un gallone di latte (che in Svizzera equivale a quasi 4 litri) costa 16 dollari (ossia quasi 16 franchi). Il doppio del costo del carburante. Non a caso, come rivela Jan Olson, amministratore tribale del villaggio nativo di Hooper Bay, i cittadini preferiscono pagare questi soldi per la benzina, piuttosto che per il cibo. «Possiamo pagare il cibo al negozio, ma se paghiamo la stessa cifra in benzina possiamo procurarci pesce, uccelli e alci. E a volte anche foche che troviamo sulla strada di casa». 

Inondazioni a Nome, a pochi passi dal mare di Bering, il 17 settembre. © AP Photo/Peggy Fagerstrom
Inondazioni a Nome, a pochi passi dal mare di Bering, il 17 settembre. © AP Photo/Peggy Fagerstrom

Un'altra tempesta in arrivo

Ma ritorniamo sul cambiamento climatico e sulla minaccia che comporta per i congelatori. Subito dopo l'arrivo del tifone Merbok, ai nativi dell'Alaska era chiaro che eventi di questo tipo si sarebbero ripetuti con maggior frequenza. E neanche un mese dopo, un paio di giorni fa, è stata segnalata l'allerta per una nuova tempesta che, partendo dalla Russia - dove si è originata -, si sposterà a breve a nord della penisola siberiana, raggiungendo ancora una volta l'Alaska, proprio a metà di questa settimana. Il meteorologo del National Weather Service, Scott Berg, ha dichiarato a KTOO che questa volta il fenomeno dovrebbe essere più leggero. «Arriveranno forti venti da sud-ovest e più in generale da sud. Quando si dirigeranno verso l'interno, i venti diventeranno più occidentali e si prevede a quel punto un'ondata di maltempo. Al momento parliamo di inondazioni, ma potrebbero verificarsi ancora erosioni costiere a cause delle onde causate dalle raffiche».

Territori vulnerabili

Le piogge, a quanto pare, potrebbero fare la loro comparsa a breve. Proprio per questo pomeriggio (quando in Svizzera sarà ormai tarda sera), un comunicato speciale ha previsto forti venti nel Mare di Bering orientale e nel Mare di Chukchi, portando a un elevato rischio di inondazioni costiere a partire dallo stretto di Bering a Point Hope nei prossimi giorni. Dopotutto, i segnali erano già chiari da tempo. Secondo Rick Thomas, specialista del clima dell'Alaska Center for Climate Assessment and Policy, dell'Università dell'Alaska, tutte le comunità costiere dell'Alaska e gran parte delle loro infrastrutture sono vulnerabili alle inondazioni, soprattutto in caso di eventi estremi. Eventi che, secondo le indicazioni, saranno sempre più frequenti. «La regione si sta scaldando tre volte più velocemente rispetto agli altri 48 Stati più a Sud. Anche le tempeste più piccole causano più danni rispetto a un tempo, perché c'è meno ghiaccio marino per calmare l'oceano. Lo stesso discorso vale per il ghiaccio costiero che assorbe le onde», ha spiegato l'esperto al New York Times. Come se non fosse abbastanza, lo scioglimento del permafrost minaccia ulteriormente il terreno, che diventa sempre più instabile. 

Pesca e caccia a rischio

Oltre ai congelatori, la tempesta di metà settembre ha danneggiato anche altri strumenti essenziali per la sussistenza. Sempre a Hopper Bay, diverse imbarcazioni (i cosiddetti skiff) utilizzate per la pesca, la caccia ai mammiferi marini e per raggiungere i territori di caccia all'alce, sono stati trasportati per più di un chilometro verso l'interno dell'area, venendo depositati su un terreno paludoso. Gli accampamenti di pesca e di caccia, anche piuttosto longevi, costruiti da piccole cabine, stenditoi e attrezzature per le reti sono invece stati distrutti dal tifone. Anche molte motoslitte per la caccia invernale, reti da pesca, affumicatoi e barche sono andati persi. Fortunatamente, nonostante i tanti danni al paesaggio e alle strutture, non si contano morti o feriti. Una magra consolazione, se pensiamo che in alcuni casi i nativi dell'Alaska hanno dovuto abbandonare le abitazioni a causa delle inondazioni, rifugiandosi in zone più alte. 

© Twitter, New York Post
© Twitter, New York Post

Biden interviene, ma non è abbastanza

Dopo la tempesta, il presidente americano Biden ha approvato diversi aiuti di emergenza per le comunità. Il piano attualmente prevede sovvenzioni per alloggi temporanei, riparazioni di case e prestiti a basso interesse per coprire le perdite di proprietà non assicurate. Tuttavia, per i leader dei villaggi della costa occidentale dell'Alaska, tutto ciò non è abbastanza. Quello che chiedono sono misure più drastiche e permanenti, per riuscire a sopravvivere in un territorio dove anche poche ore senza corrente elettrica possono compromettere le scorte di cibo di un anno intero. Lasciando il territorio, letteralmente, in balia della tempesta.