Quando sul palco del Forum di San Pietroburgo c'erano veri giornalisti

C'è stato un tempo in cui il Forum economico internazionale di San Pietroburgo, SPIEF, veniva chiamato «la Davos russa». L'invasione dell'Ucraina e l'isolamento internazionale della Russia, va da sé, hanno cambiato, e di molto, le carte in tavola. L'edizione di quest'anno si è chiusa venerdì con una sessione plenaria con il leader del Cremlino Vladimir Putin e il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune.
A moderare la discussione, per contro, c'era Dmitri Simes, un politologo e storico statunitense di chiara ispirazione conservatrice, oltreché di origine sovietica. Un simbolo, a suo modo, di quanto la Russia e il Forum, oramai, non godano più né del sostegno né dell'attenzione dell'Occidente. In passato, infatti, la sessione plenaria dello SPIEF con Putin è sempre stata moderata da nomi grossi dei media occidentali. Il Moscow Times, al riguardo, cita Fareed Zakaria della CNN, ma anche Charlie Rose e Megyn Kelly.
Quest'anno, beh, è stato impossibile, semplicemente impossibile attirare a San Pietroburgo un nome dal profilo simile. Lo hanno rivelato proprio al Moscow Times un funzionario governativo a conoscenza del dossier SPIEF e un ex funzionario del Cremlino. «Ci sono stati tentativi quest'anno di negoziare con diversi giornalisti stranieri, ma alla fine non ha funzionato» ha detto il funzionario governativo.
Tucker Carlson sì o no?
«L'elenco includeva anche Tucker Carlson, l'ex star di Fox News» ha detto un dipendente dell'organizzatore del Forum, Roscongress. Carlson, che ha condotto uno dei notiziari via cavo più seguiti negli Stati Uniti prima della sua cancellazione ad aprile, è stato a lungo uno dei favoriti della propaganda russa per i suoi controversi commenti e per la promozione di teorie complottiste, nonché per le critiche all'amministrazione Biden, il Partito Democratico e funzionari ucraini.
Dopo l'addio a Fox News il principale propagandista pro-Cremlino, Vladimir Solovyov, famoso anche alle nostre latitudini per aver incontrato il consigliere nazionale dell'UDC Roger Köppel, ha tentato invano di invitare Carlson nel suo programma sull'emittente statale Rossiya 1. L'idea di far sì che il giornalista americano potesse moderare il panel con Putin «è nata quasi immediatamente dopo il suo licenziamento» ha detto sempre l'impiegato di Roscongress. Affermazioni, queste, che il Cremlino ha smentito spiegando che Tucker Carlson non è mai stato preso in considerazione per quel ruolo. «Non è affatto così, Carlson non doveva nemmeno essere invitato» ha dichiarato al Moscow Times il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
La selezione di un moderatore per la sessione plenaria, evidentemente, è un complito delicato. Che coinvolge giocoforza anche il Cremlino. L'elaborazione della lista dei nomi inizia sempre molto prima del Forum, ha indicato un funzionario del governo russo coinvolto nei preparativi. »Il compito di questo ruolo è trovare persone di status e allo stesso tempo professionali. Anche la moderazione è una specie di arte«. L'ex funzionario del Cremlino ha affermato che avere uno straniero »rispettabile« come moderatore è importante per Putin, poiché conferisce »ulteriore legittimità« alla discussione plenaria. «Una cosa è avere i nostri conduttori televisivi, russi, che faranno domande nel modo più coerente e confortevole possibile. Un'altra cosa è avere una persona indipendente.
Chi è Dmitri Simes
Per le plenarie passate dello SPIEF, inoltre, il nome dell'ospite – chiamato a trascorrere diverse ore sul palco con Putin di fronte all'élite politica e imprenditoriale russa e a ospiti stranieri di alto rango – è stato sempre annunciato in anticipo. Quest'anno, visto che la rosa di candidati non era esattamente paragonabile agli altri anni, gli organizzatori dello SPIEF hanno trascinato l'annuncio fino all'ultimo minuto nel tentativo di suscitare comunque interesse. Infine, a poche ore dall'inizio della sessione plenaria, il Cremlino ha annunciato Simes come moderatore.
Simes è considerato uno degli emigrati russo-sovietici di maggior successo. Negli ultimi anni ha co-condotto uno spettacolo politico sull'emittente statale russa Channel One. In precedenza, ha diretto il think tank Center for the National Interest a Washington, ha pubblicato la rivista conservatrice The National Interest ed è apparso nel rapporto Mueller sulla presunta interferenza russa nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016.
Durante la sessione plenaria di venerdì, Simes si è tenuto alla larga da qualsiasi domanda che avrebbe potuto sfidare Putin e ha ripetutamente espresso sentimenti filo-russi e anti-ucraini. «Il suo compito è interpretare il ruolo del modello americano, per mostrare agli spettatori che esiste un'altra America, normale» ha detto al Moscow Times una vecchia conoscenza di Simes. «Quindi è stato ringraziato e promosso al ruolo onorario di moderatore».
Libertà di pensiero? Non quest'anno...
Al presidente russo, è vero, a suo tempo piaceva impegnarsi in polemiche e in dibattiti vibranti, come successe con il caporedattore di Bloomberg John Micklethwait, che Putin definì un provocatore durante la sessione plenaria dello SPIEF nel 2018.
Tuttavia, con la guerra in corso in Ucraina, un moderatore indipendente e fuori controllo avrebbe potuto rappresentare un problema, hanno ammesso i funzionari russi. «Al presidente piace ravvivare la discussione, ma probabilmente ha anche un certo limite alla sua sensibilità» ha detto un funzionario del governo russo. «Se avessero cominciato a dire, sul palco, che è un criminale di guerra e che dovrebbe andare all'Aia, non so quale sarebbe stata la sua reazione»