Quei sottomarini russi nelle acque attorno all'Islanda

Che Mosca abbia messo gli occhi sull'Artico, ormai, è risaputo. Ma ora, mese dopo mese, la presenza della Russia nelle acque del nord del mondo si sta facendo sempre più importante. Al punto da non poter passare inosservata. Neppure in Islanda. Qui, le forze americane sono state infatti incaricate di sorvegliare l'oceano, andando alla ricerca di sottomarini russi. Nel Paese nordico – membro della NATO sin dalla sua fondazione dopo la Seconda Guerra Mondiale – negli ultimi tempi le operazioni statunitensi sono infatti aumentate, a causa della guerra in Ucraina. Ma facciamo un passo indietro, e osserviamo, nel dettaglio, che cosa sta succedendo, nello specifico, nella terra del ghiaccio e del fuoco.
Una rara visita
Come abbiamo detto, le tensioni nell'Artico, di recente, non hanno fatto che intensificarsi. Complice, da un lato, il cambiamento climatico. Ma non solo. Questa remota area, considerata a lungo un luogo «di tutti e di nessuno», è diventata teatro di diverse tensioni militari, complice soprattutto il conflitto in Ucraina. Inoltre, qualche mese fa, Stati Uniti, Canada e Finlandia hanno dato il via a una partnership per costruire rompighiaccio nel Grande Nord, con l'obiettivo di contrastare Mosca e Pechino che, ormai da tempo, hanno messo gli occhi sul territorio.
Ora, però, una «rara visita» del presidente degli Stati Maggiori Riuniti – il generale Charles Q. Brown Jr. – in Islanda ha acceso i riflettori su quanto sta accadendo anche nelle acque limitrofe. A raccontarlo, nei dettagli, è un articolo del Washington Post. Articolo in cui si sottolinea sia la riluttanza dei funzionari statunitensi e inglesi nel discutere delle recenti attività dei sottomarini russi, ma anche l'importanza della visita di Brown.
Islanda e USA
Facendo un salto indietro nel tempo, le forze statunitensi sono state dislocate in Islanda, per la prima volta nel 1941, in sostituzione delle truppe britanniche, che erano sbarcate un anno prima nel tentativo di evitare che il Paese cadesse nelle mani dei nazisti. Dieci anni dopo, spiega il Washington Post, con l'inizio della Guerra Fredda, Washington e Reykjavik firmarono un accordo bilaterale, che prevedeva che le truppe statunitensi fossero basate a Keflavik principalmente per svolgere attività di difesa aerea e sorveglianza marittima nell'Atlantico settentrionale. Accordo che è rimasto in vigore fino al 2006, anno in cui l'amministrazione del presidente George W. Bush, a causa delle minacce «in altre parti del mondo», ha deciso di ritirare tutte le forze statunitensi dall'Islanda.
Dieci anni dopo, nel 2016, l'amministrazione Obama ha firmato un nuovo accordo con il Paese nordico, che permetteva «un aumento dei dispiegamenti a rotazione, come necessario, incluso ma non limitato alla guerra antisommergibile». Non solo. L'Islanda, continua il Washington Post, ha anche concesso al governo statunitense di effettuare aggiornamenti alla base aerea, situata nell'angolo sud-occidentale dell'isola. L'aeronautica militare statunitense ha annunciato diversi progetti di costruzione del campo d'aviazione per un valore complessivo di 38 milioni di dollari nel 2020, tra cui l'espansione dei piazzali di parcheggio e il miglioramento di una piattaforma di carico per la movimentazione degli esplosivi.
Arrivando agli ultimi anni, dopo l'invasione russa dell'Ucraina, l'Islanda ha sempre più collaborato con gli Stati Uniti, ospitando uno squadrone P-8 a rotazione e visite di jet da combattimento e bombardieri B-2 stealth. Al contempo, Reykjavik ha speso 4 miliardi di corone islandesi (circa 30 milioni di dollari) per fornire all'Ucraina supporto militare e umanitario. In un'intervista recente, la ministra degli Esteri islandese Thordis Kolbrun Reykfjord Gylfadottir ha dichiarato che il Paese «è pronto ad assumersi maggiori responsabilità nell'Alleanza». «Avere forze statunitensi in Islanda non è stato facile dal punto di vista politico nel corso dei decenni, ma il governo ha bisogno di appoggiarsi su un terreno solido e spiegare ai suoi cittadini cosa significa essere un alleato affidabile», ha aggiunto. E ancora: «Anche se non abbiamo un esercito permanente, abbiamo sicuramente un ruolo da svolgere. Non direi che c'è una linea di demarcazione nel futuro per quanto riguarda il nostro impegno. Dipende solo dagli sviluppi intorno a noi».
A tal proposito, la ministra degli Esteri ha ribadito i problemi legati alla presenza di Mosca nelle acque del nord. Sottolineando come, nonostante l'attenzione sia sulla guerra in Ucraina, la Russia mantiene «significative capacità sottomarine nell'Artico». Ragione per cui è necessario «rimanere vigili». Dopotutto, l'Islanda si trova a metà strada tra il continente europeo e il Nord America. «In futuro potremmo assistere a un dispiegamento maggiore di forze statunitensi. Ci chiediamo non solo se questo possa rendere l'Islanda e i suoi cittadini più sicuri, ma anche quale sia la nostra responsabilità, vista la posizione del nostro territorio».