Il caso

Quella volta che la Russia vendette l'Alaska agli USA a un prezzo stracciato

L'imminente incontro tra Trump e Putin riporta alla mente quanto accadde nel 1867, anno in cui il remoto territorio venne venduto agli Stati Uniti per 7,2 milioni di dollari
Federica Serrao
09.08.2025 20:00

Sì, Putin e Trump si incontreranno. E lo faranno in Alaska. Lo Stato più grande e meno popoloso degli Stati Uniti. L'«ultima frontiera» nell'Artico. Un luogo carico di significato, soprattutto per le relazioni tra Mosca e Washington. E Trump lo sa bene.

La scelta di incontrarsi in Alaska non è passata inosservata. Un secolo e mezzo fa, infatti, gli Stati Uniti acquistarono questo territorio strategico proprio dai russi, per «soli» 7,2 milioni di dollari. Una cifra irrisoria, rispetto al reale valore del territorio acquistato. All'epoca, però, ancora non si conosceva la moltitudine di risorse naturali dell'Alaska. Solo qualche decennio più tardi si scoprì che il territorio era ricco di oro, petrolio e gas. Quando i russi, ormai, lo avevano venduto.

I fatti risalgono al 1867. Anno in cui gli Stati Uniti d'America e l'Impero russo stipularono un accordo internazionale passato alla storia come «l'acquisto dell'Alaska». Alaska Purchase. Come si intuisce dal nome, gli USA acquisirono il remoto territorio, per un'estensione di circa 1600000 km². L'accordo venne negoziato dall'allora segretario di Stato William H. Seward e ratificato dal Senato degli Stati Uniti nel marzo del 1867. Mesi dopo, nel corso di quello stesso anno, avvenne il trasferimento formale della sovranità dell'Alaska, che diventò, nel tempo, uno degli Stati federati d'America, come lo conosciamo oggi. La cerimonia di passaggio dei poteri avvenne a Nuova Arcangelo - oggi conosciuta come Sirka - il 18 ottobre 1867.

Ma come si arrivò a questo accordo? Semplice. La Russia aveva valide ragioni per cedere il territorio. Mentre gli Stati Uniti erano desiderosi di espandersi. Una combinazione fortunata - almeno così sembrava, per la Russia - che ha reso l'accordo molto veloce.

Andando con ordine, lo zar aveva rivendicato il possesso dell'Alaska nel 1741. In quell'anno, Vitus Bering, navigatore al servizio della Russia, aveva compiuto infatti la prima esplorazione delle coste dell'Alaska. In un primo momento, il territorio si rivelò di interesse solo per commercianti e cacciatori di pellicce, che iniziarono a rifornirsi sulle isole Aleutine e sul continente americano. Con il passare del tempo, però, verso la fine del Settecento, con il trasferimento di alcuni russi, in Alaska vennero creati i primi insediamenti permanenti. 

Possedere l'Alaska, però, per i russi non si rivelò un grande vantaggio. Per diversi motivi. Di conseguenza, dopo non molto, lo zar Alessandro II autorizzò l'operazione di vendita del territorio, in primo luogo nel tentativo di risanare le finanze del Paese, prosciugate dalla guerra di Crimea del 1856. Ma non è tutto. A causa della caccia senza limiti, in Alaska era calato drasticamente il numero di animali disponibili da cui commercianti e cacciatori si rifornivano per le pellicce. Un motivo in più che faceva perdere attrattività al territorio.

Soprattutto, però, la Russia temeva l'espansione britannica. Il Regno Unito, infatti, attraverso il Canada, avrebbe potuto facilmente annettere l'Alaska, posizionandosi sulla sponda del Pacifico dello stretto di Bering, a meno di un centinaio di chilometri dalle coste russe, minacciando l'Impero. Proprio per questa ragione, gli Stati Uniti, in quel momento, sembrarono l'acquirente migliore a cui cedere i propri territori. Secondo un documentario della SRF andato in onda nel novembre del 2018, la scelta, tuttavia, ricadde sugli Stati Uniti dopo che la Russia offrì, in prima battuta, la vendita dell'Alaska al Liechtenstein. Un'offerta che l'allora principe del Liechtenstein Giovanni II, però, rifiutò. 

Gli Stati Uniti, neanche a dirlo, colsero al volo l'occasione. Ma solo grazie «all'intuizione di Seward». L'allora segretario di Stato, infatti, era convinto della strategicità del territorio, prima ancora che, a tutti gli effetti, se ne scoprissero risorse e potenzialità. Eppure, sebbene riuscì a convincere il presidente Andrew Jackson a firmare l'accordo di vendita, gli americani, negli anni successivi, considerarono l'acquisto dell'Alaska un vero e proprio azzardo. Per l'opinione pubblica, si trattava infatti di un territorio inutile e costoso, oltre che ghiacciato e remoto. Tanto che l'operazione venne etichettata, per i primi tempi, come «follia di Seward». 

Qualche anno più tardi, la percezione pubblica cambiò radicalmente quando in Alaska vennero scoperti importanti giacimenti d'oro. Parallelamente, neanche a dirlo, anche i russi, resisi conto dell'importanza del territorio, in breve tempo si pentirono di aver ceduto il territorio. 

Dall'acquisto nel 1867, l'Alaska divenne ufficialmente il 49. Stato federato degli USA nel 1959. Oggi, come detto, è lo Stato più grande ma meno popoloso degli Stati Uniti. Il suo motto è «north to the future», ossia «a nord verso il futuro». In altre parole, l'Alaska ha come obiettivo quello di essere una sorta di «terra promessa». Dopotutto, si tratta - soprattutto oggi - di un territorio interessante agli occhi di molti, complici le aperture di nuove rotte nell'Artico, con lo scioglimento dei ghiacci. 

Dove sarà l'incontro?

Al momento, non è ancora stata resa nota la località precisa in cui si incontreranno Putin e Trump. Di certo, non è la prima volta che l'Alaska viene scelta come sede di un vertice internazionale. Nel marzo 2021 si svolse infatti ad Anchorage il primo incontro - particolarmente turbolento - tra Stati Uniti e Cina dell'era Biden. 

Tuttavia, secondo le indiscrezioni, la location scelta per il faccia a faccia tra Trump e Putin potrebbe essere molto diversa. I due, verosimilmente, potrebbero incontrarsi su una delle tante isole dell'Alaska. Lontano da occhi indiscreti.