Il punto

Se l'Ucraina cerca di andare oltre l'Occidente

Il G7 di Hiroshima ha chiarito una volta di più che una larga fetta di mondo mantiene posizioni interlocutorie sul conflitto – Di qui lo sforzo, diplomatico, da parte di Kiev per convincere in particolare i Paesi africani e l'India
Modi e Zelensky. © G7 Hiroshima Summit Host / HANDO
Marcello Pelizzari
22.05.2023 11:07

E se l’Ucraina, in questi mesi, avesse parlato con gli interlocutori sbagliati? Il dubbio è stato sollevato da un editoriale del Guardian. Giusto, anche sacrosanto compattare l’Occidente, anche a fronte dell’ultima decisione da parte di Joe Biden circa l’addestramento dei piloti ucraini sugli F-16. Ma Kiev, in occasione del G7 di Hiroshima, ha compreso una volta di più che una larga fetta di mondo – Cina, Brasile, India ma non solo – ha posizioni diverse rispetto alla guerra. Che fare, dunque? O meglio: come intercettare i sentimenti di 40 Paesi, circa, che hanno mantenuto un atteggiamento distanziato o, nella peggiore delle ipotesi, pro-Russia?

La presenza in Africa

L’Ucraina, di sicuro, ha scoperto di avere un forte, fortissimo problema di presenza in Africa. Sono appena dieci, ad esempio, le ambasciate nel continente, a fronte di uno sforzo continuo e duraturo di Mosca, grazie anche al famigerato Gruppo Wagner.  

Lo scorso ottobre, non a caso, Dmytro Kuleba ha deciso di recarsi di persona in quattro nazioni africane «dove la narrativa russa è molto presente»: Senegal, Costa d’Avorio, Ghana e Kenya. «Ora è il momento delle verità ucraine» ha detto il ministro degli Esteri.

Una volta sul posto, Kuleba ha cercato di contrastare le mistificazioni e le bugie del Cremlino. Ribadendo, davanti ai giornalisti, che la Russia aveva attaccato una prima volta l’Ucraina nel 2014. Quando, cioè, la politica di Kiev era improntata sulla neutralità e sulla non appartenenza alla NATO.

Ha spiegato, altresì, che Russia e Ucraina non sono un solo Paese come vuole far credere Mosca e che, quindi, Vladimir Putin può agire nell’interesse del popolo ucraino. Così Kuleba: «In effetti siamo Paesi molto diversi con le nostre lingue, culture e storie. Immagina che il tuo vicino venga da te e ti dica che la tua lingua, cultura e storia non esistono».

Infine, il politico ucraino si è chinato sul falso mito secondo cui «solo la Russia vuole negoziare la pace».

Lo sforzo diplomatico ucraino si è concentrato altresì sull’India. Emine Dzhaparova, viceministro degli Esteri, si è chiesta (e ha chiesto) come mai il consigliere per la sicurezza nazionale di Nuova Delhi, Ajit Doval, abbia visitato tre volte Mosca di recente ma non abbia mai fatto capolino a Kiev. Possibile?

La questione delle sanzioni

L’Ucraina, nel concreto, intende allargare il consenso e il sostegno politico. Non solo, Kiev intende arginare pure il cosiddetto aggiramento delle sanzioni occidentali, con Mosca che – ad esempio – nonostante le restrizioni è riuscita a garantirsi pezzi di ricambio per aerei.

Zelensky, a Hiroshima, ha avuto un faccia a faccia con il primo ministro indiano Narendra Modi mentre a Jeddah, in Arabia Saudita, aveva parlato con il vice primo ministro degli Emirati Arabi Uniti. A entrambi ha ribadito che aiutare la Russia ad aggirare le sanzioni, per quanto legale, è certamente immorale e tutto fuorché neutrale. Gli ordini indiani di petrolio russo a basso, bassissimo prezzo, per dire, sono aumentati di 22 volte nel 2022. Certo, Zelensky secondo alcuni analisti dovrebbe pure bacchettare l’Europa visto che l’Unione reimporta questo petrolio dall’India in forma raffinata.

E il Brasile?

Se Modi ha trovato tempo e modo (scusate il gioco di parole) per parlare con Zelensky, la querelle fra Lula e il presidente ucraino – a Hiroshima – ha fatto e sta facendo discutere. Il presidente brasiliano, adducendo «motivi di programmazione» si sarebbe rifiutato di incontrare l’omologo ucraino faccia a faccia. La delegazione brasiliana ha spiegato di essersi sentita messa alle strette dal momento che non aveva ricevuto alcun preavviso sull’invito di Zelensky. Alla fine, hanno ribadito i funzionari, è stato concordato un appuntamento per incontrarsi ma Zelensky non è arrivato.

Nel suo discorso al G7, Lula ha comunque affermato di «condannare la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina» e, facendo perno sulla Carta delle Nazioni Unite, di ripudiare «con veemenza l’uso della forza come mezzo per risolvere le controversie».

Una posizione certo diversa e più vicina a Kiev rispetto alle parole dello stesso Lula durante una visita ufficiale in Cina, quando accusò l’espansionismo della NATO affermando parallelamente che Washington deve «smettere di promuovere la guerra e iniziare a parlare di pace». Dichiarazioni, queste, che valsero al presidente brasiliano l’accusa di imitare Mosca.

Le parole di Manzoni

Eppure, proprio Lula in occasione del G7 ha fatto capire di non essere allineato all’agenda occidentale. La soluzione al conflitto, a suo dire, «non sta nella formazione di blocchi antagonisti o risposte che contemplano solo un piccolo numero di Paesi». Tradotto: se i Paesi emergenti vengono invitati al tavolo, devono poter dire la loro. Lula, fra gli altri, da tempo chiede una riforma a livello di principali organi di governance globale, come il Fondo monetario internazionale e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il ticinese Mirko Manzoni, ambasciatore plenipotenziario e straordinario nelle repubbliche del Sudafrica, del Botswana, delle Mauritius e nei regni del Lesotho e di eSwatini, su questo punto in un’intervista al CdT ha spiegato: «In politica e soprattutto in geopolitica la strategia è più facile quando tutti sono allineati. Non mi preoccuperei del fatto che questi Paesi non la pensano come noi, al contrario incomincerei a lavorare in modo serio per cercare di dialogare con questo blocco, che di colpo non cambierà idea per assecondarci. I BRICS in passato hanno già dato dei segnali chiari creando un istituto bancario regionale che si pone come alternativa alle nostre istituzioni finanziarie. Questi Paesi messi insieme fanno la metà del mondo a livello demografico e non sono poca cosa. Invece di mostrarci arroganti, cercherei di capire le loro ragioni e di costruire una relazione solida per il futuro. Abbiamo investito per cinquant’anni in educazione, salute e temi importanti per lo sviluppo di questi Paesi e poi, di colpo, quando diventano più forti e indipendenti ci lamentiamo perché non fanno più quello che diciamo loro di fare».

Lo sforzo di Zelensky e dell’Ucraina, in fondo, va proprio in questo senso.

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