«Se Netanyahu venisse in Svizzera per il WEF dovrebbe essere arrestato»

Il 20 maggio 2024, il procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI) Karim Khan ha chiesto alla Camera preliminare del tribunale dell'Aja di emettere mandati di arresto nei confronti – tra gli altri – di Benjamin Netanyahu, sotto accusa per crimini di guerra e contro l’umanità nel quadro del conflitto a Gaza. Sei mesi dopo, la CPI ha emesso il mandato di cattura. La domanda, da fine novembre, è: qualcuno lo farà? Una questione che diventa anche svizzera, qualora il premier israeliano si recasse a Davos per il prossimo Forum economico mondiale (WEF), in programma dal 20 al 24 gennaio.
In un’intervista pubblicata oggi dal Sonntagsblick, l’esperto di diritto internazionale Didier Pfirter, già diplomatico del Dipartimento federale degli esteri (DFAE), afferma che la Confederazione, in quanto aderente alla Corte penale internazionale, deve eseguire incondizionatamente i mandati d’arresto emessi da quest’ultima. Tradotto: qualora Netanyahu mettesse piede a Davos, la Svizzera sarebbe obbligata a procedere al suo arresto.
«Non spetta a noi giudicare se la decisione della Corte sia giustificata o meno«, ha dichiarato Pfirter. »Ma, la Svizzera si impegna a eseguire incondizionatamente i mandati d'arresto della CPI. Netanyahu si guarderà bene dal recarsi in Svizzera senza la certezza di non essere arrestato».
Lo scorso fine novembre, l'Ufficio federale di giustizia (UFG) ha spiegato che, in linea di principio, la Confederazione dovrebbe arrestare il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu se dovesse venire in Svizzera. «In qualità di Stato parte dello Statuto di Roma, Berna è obbligata a cooperare con la Corte penale internazionale». Se il mandato d’arresto riguarda un capo di Stato o di governo in carica, che gode di immunità ai sensi del diritto internazionale pubblico, il Consiglio federale decide, su proposta del Dipartimento federale di giustizia e polizia, in merito alle questioni di immunità che si pongono al momento dell’esecuzione della richiesta, aveva precisato l’UFG. La Svizzera ha ratificato lo Statuto di Roma, che costituisce la base giuridica della CPI, nel 2001, e «sostiene la Corte penale internazionale, la sua indipendenza e la lotta contro l’impunità in ogni circostanza».
Per Didier Pfirter, «il Consiglio federale violerebbe il trattato se non rinunciasse all'immunità. Se la Svizzera violasse i suoi obblighi, sarebbe un disastro». Anche perché «la Svizzera ha svolto un ruolo speciale nella stesura dello Statuto della CPI. L'elenco dei crimini stilato si basa sulle Convenzioni di Ginevra e serve a garantirne il rispetto. In quanto Stato depositario di queste convenzioni, la Svizzera ha una responsabilità particolare in questo senso».
Insomma, qualora Netanyahu mettesse piede in Svizzera, secondo l'ex diplomatico del DFAE le motivazioni del premier israeliano su Gaza sarebbero irrilevanti. «Aggressori e difensori devono rispettare le Convenzioni di Ginevra allo stesso modo. L'obiettivo è proteggere la popolazione civile. La Russia, come la Siria, non ha accettato il Trattato di Roma che regola la CPI, e quindi quest'ultima non ha giurisdizione sui crimini di guerra commessi sul loro territorio. Ciò vale anche per Israele, gli Stati Uniti, la Cina e l'India. Ma la CPI ha giurisdizione nei territori palestinesi e in Ucraina, motivo per cui può incriminare Netanyahu e Putin».