Italia

«Sovranità alimentare», ovvero come alimentare le polemiche

Il governo Meloni cambia nome al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, e c'è chi critica: «Piuttosto sarà sovranismo alimentare: conservatore e anti-ecologico»
Michele Montanari
22.10.2022 15:00

«Mi preoccupa il cambio di nome in ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, perché non ho capito se potremo continuare a mangiare gli hamburger o il sushi. Cioè, potremo mangiare solo le polpette e gli spaghetti? Scherzi a parte, questo mi è sembrato il punto debole di una giornata trionfale per Giorgia Meloni, perché sa di «anno uno» dell’era meloniana». Se l’editorialista de La Stampa Marcello Sorgi ironizza durante la trasmissione di Rete 4 Stasera Italia, ben più critico è il segretario del PD Enrico Letta: «Dopo aver ascoltato lista, nomi e denominazioni del Governo Meloni dico ancora più convintamente opposizione, opposizione, opposizione». Da ieri, in Italia, si discute animatamente non solo per i nuovi membri dell’Esecutivo, ma anche per il cambio di denominazione di alcuni ministeri, emersi durante la presentazione del Governo da parte della premier Giorgia Meloni. In particolare, quello finora chiamato ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali è stato ribattezzato ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare (assegnato a Francesco Lollobrigida). Ma perché questa terminologia ha fatto storcere il naso a qualcuno? In primis perché il concetto di «sovranità» è stato associato a quello di «sovranismo» politico, caratterizzato da ideologie fortemente conservatrici. Secondo alcuni osservatori, si rischia infatti la distorsione di una politica caratterizzata da altre radici, ossia l'impegno sociale, la salvaguardia dei diritti e la solidarietà.

Cos'è la sovranità alimentare

La terminologia risale al 1996 ed è stata coniata dai membri di Via Campesina, l'organizzazione internazionale di agricoltori fondata in Belgio e formata, oggi, da 182 organizzazioni di 81 Paesi. Citando Wikipedia, la sovranità alimentare è un «indirizzo politico-economico volto ad affermare il diritto dei popoli a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di cibo, basandole sulla piccola e media produzione». Secondo i sostenitori, la sovranità alimentare dovrebbe prendere in considerazione problemi globali come il cambiamento climatico e le crisi alimentari internazionali, ma anche criticità nazionali, come lo sfruttamento del territorio e dei lavoratori. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), nel documento Food security and sovereignty, sposa le indicazioni dell’ONG canadese Food Secure Canada, sottolineando alcuni punti cardine su cui si fonda la sovranità alimentare. Riassumendo, si parla di come il bisogno di cibo delle persone debba essere collocato al centro della politica e i generi alimentari considerati molto di più di una semplice merce. E non solo, viene sottolineata l'importanza dei diritti e delle condizioni dei lavoratori, nonché la centralità dell'ecosostenibilità, con l'utilizzo di «filiere corte» e prodotti a chilometro zero. Ma anche il rifiuto di tecnologie invasive tipiche delle multinazionali e modelli produttivi dannosi per l'ambiente. In Svizzera la terminologia è nota, specialmente dopo l’iniziativa popolare «Per la sovranità alimentare. L'agricoltura riguarda noi tutti» (respinta dal popolo nel 2018), che mirava a «promuovere un’agricoltura contadina indigena, rimunerativa e diversificata, che fornisse derrate alimentari sane e confacenti alle aspettative sociali ed ecologiche della popolazione». La scelta del nuovo Governo italiano, di fatto, guarda alla Francia, dove, proprio quest’anno, è nato il «ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire».

I timori italiani

Tra Italia e Francia ci sarebbe però una bella differenza. Secondo l’Huffington Post, Oltralpe è infatti «minore il rischio di confondere la sovranità alimentare con il sovranismo». Nell'articolo firmato da Luca Colombo si legge che la sovranità alimentare «ha portato i movimenti sociali del pianeta in una dimensione di dialogo, solidarietà internazionale e prospettiva agro-ecologica», mentre per quella della Penisola «emerge il timore che si preoccuperà della produzione italiana, ma non delle braccia migranti che ne generano gran parte, che spingerà la massimizzazione delle rese a fini di aumento dell’autosufficienza a scapito degli equilibri climatico-ambientali, che punterà all’eccellenza del Made in Italy da esportazione, dimenticando i meccanismi solidaristici sul piano internazionale e gli obblighi intergenerazionali, che userà la guerra e le crisi per l’accaparramento e lo stivaggio, non per costruire resilienza e sobrietà». Lo scrittore e attivista Fabio Ciconte, su Domani, invece sottolinea come Meloni abbia svuotato di senso il concetto di sovranità alimentare «per declinarlo in chiave conservatrice e anti-ecologica», con un «modello che sembra essere quello nel quale il contadino-patriota viene dispensato dai vincoli ambientali per consentirgli di sfamare la Nazione». Ciconte critica: «Dobbiamo aspettarci un contrasto alle strategie europee di riduzione dei pesticidi e dei fertilizzanti chimici, l’introduzione dei nuovi OGM senza etichettatura, l’allevamento intensivo di animali in spregio alle emissioni di gas serra. Avremo prodotti realizzati (forse) in Italia, certo, ma in un sistema dove le grandi multinazionali continueranno a detenere l’oligopolio del mercato della chimica, delle sementi, della meccanica e del commercio globale». Il timore è quello di «un ritiro definitivo della politica dalla transizione ecologica dei sistemi alimentari per sostenere un’agricoltura intensiva sempre più fuori dal tempo». Ma il diretto interessato che dice? Francesco Lollobrigida, nuovo capo del «ministero della discordia», ha dichiarato: «Non è inedito, lo hanno anche in Francia. Hanno difeso meglio i loro prodotti. Riteniamo sia in linea con la vocazione che avremo anche noi: difendere i nostri prodotti». Insomma, al di là delle preoccupazioni, una cosa è certa: il nuovo Governo non ha ancora iniziato i lavori, ma i fucili degli avversari sono già puntati e pronti a far fuoco.