Sulla Terra 8 miliardi di sapiens, ma la crescita sta rallentando
Dall’emergere dell’Homo sapiens, ci sono voluti circa 300.000 anni prima che un miliardo di esseri umani popolasse la Terra. Era intorno al 1804, l’anno in cui Napoleone Bonaparte si auto-incoronò imperatore di Francia nella cattedrale di Notre-Dame, a Parigi, e Thomas Jefferson veniva rieletto alla presidenza degli Stati Uniti.
Da allora, la progressione demografica è stata in qualche modo impressionante. Una sorta di rullo compressore, che ha finito quasi per schiacciare il pianeta. Nel 1950 la popolazione globale ha raggiunto quota 2,5 miliardi, poi è quasi raddoppiata nel giro di un quarto di secolo: nel 1974, infatti, eravamo 4 miliardi.
Ieri, 15 novembre 2022, è stato invece il giorno in cui è nato il bimbo numero 8 miliardi. Una cifra resa ufficiale dal Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite, che ha pubblicato sul suo sito un lungo e dettagliato rapporto particolarmente ricco di numeri e di analisi. Secondo le statistiche dei ricercatori ONU, la crescita non si fermerà. Ma avrà un ritmo diverso, meno progressivo. Saremo infatti 8,5 miliardi nel 2030, 9,7 nel 2050 e 10,4 nel 2080. Poi subiremo un primo assestamento, almeno fino al 2100. Quando la Terra inizierà a diventare più “leggera”.
Altre previsioni
Altri studiosi prevedono dinamiche differenti. L’Institute for Health Statistics and Evaluation dell’Università di Washington, ad esempio, colloca il picco di 10 miliardi di abitanti già nel 2064, ma ipotizza un drastico calo per la fine di questo secolo (circa 8,7 miliardi nel 2100). All’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) di Vienna, i ricercatori da tempo hanno invece previsto che la popolazione potrebbe salire a 9,7 miliardi nel 2070, per poi tornare a circa 9 miliardi entro la fine del secolo. Per sostenere queste proiezioni, gli scienziati austriaci hanno utilizzato modelli diversi tra loro: «Abbiamo tenuto conto non soltanto della fertilità, ma dei progressi nelle politiche sanitarie e alimentari e della lotta alla mortalità infantile», ha spiegato in un’intervista al National Geographic Anne Goujon, direttrice del programma demografico di IIASA. Anche l’Institute for Health Metrics di Seattle ha fissato il picco della popolazione mondiale a circa 9,7 miliardi nel 2064, e stimato una discesa a 8,8 miliardi - e forse anche meno - entro fine secolo.
Rischi e opportunità
I rischi e le opportunità del nostro boom demografico e della parallela crisi delle risorse, sostiene l’ONU, dipendono comunque in gran parte da decisioni che non abbiamo ancora preso. Scienziati e analisti si chiedono: che cosa controllerà di più il nostro futuro? I miliardi di bocche da sfamare o i miliardi di cervelli in più che potremo impiegare per farlo? «Credo che l’impatto esatto sulla futura vita del pianeta debba ancora essere determinato - scrive Patrick Gerland, responsabile della sezione Stime della popolazione del Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite - Finora, l’esperienza complessiva ci dice che il mondo ha avuto successo nell’adattarsi e nel trovare soluzioni ai problemi. Penso che dobbiamo essere un po’ ottimisti». Tuttavia, ammette il dirigente ONU, alcune situazioni vanno affrontate con particolare attenzione. Il cambiamento climatico è una di queste, «una potente minaccia - la definisce Gerland - per frenare la quale servono interventi immediati e futuri. Mantenere semplicemente lo statu quo e fare nulla non è un’opzione».
Orizzonte sostenibilità
«Negli anni ’50 del Novecento - dice al Corriere del Ticino Patrizia Farina, ordinaria di Demografia all’Università di Milano Bicocca - si sosteneva che 2 miliardi di abitanti sarebbero stati troppi per la Terra. In realtà, l’orizzonte della sostenibilità si è sempre spostato in avanti. Certo è che oggi siamo arrivati a un punto in cui questa sostenibilità diventa sempre più complessa, soprattutto a causa di un gigantesco degrado ambientale». Tentare di fermare prima possibile la curva demografica è auspicabile, ma tutt’altro che scontato.
«Ormai è chiaro che esiste una relazione fortissima tra crescita economica e demografia. I Paesi ricchi sono quelli in cui la natalità è minore - spiega la professoressa Farina - ma se per contenere l’aumento della popolazione mondiale è necessario generare sviluppo dove non c’è, questo stesso sviluppo dovrà essere necessariamente diverso dal nostro, che sta distruggendo il pianeta».
In ogni caso, aggiunge la demografa della Bicocca, «non possiamo nascondere i due aspetti positivi che si celano dietro il traguardo simbolico degli 8 miliardi di abitanti. Il primo è che se siamo cresciuti sino a questo punto lo dobbiamo allo straordinario miglioramento delle condizioni di vita, in tutto il mondo; il secondo è che il trend, la velocità con cui la popolazione aumenta, si sta progressivamente riducendo. Con un passo diverso tra zone e continenti, il mondo sta andando verso una situazione di bassa natalità e di bassa mortalità».