Il caso

TikTok? È il megafono del Cremlino

Gli utenti pro-Putin in Russia riescono ad aggirare il blocco imposto dal social cinese e a pubblicare indisturbati
Marcello Pelizzari
19.03.2022 06:00

Nell’ultimo trimestre del 2021, statistiche alla mano, TikTok aveva 1,2 miliardi di utenti attivi mensili. Secondo le stime, entro la fine del 2022 raggiungerà e, forse, supererà quota 1,5 miliardi. Tradotto: il social network cinese è ovunque, oramai. Soprattutto, continua a crescere. Lo scorso anno, ha generato un fatturato di 4,6 miliardi di dollari.

Allargando il campo, TikTok è (anche) un mezzo di informazione. Gli ucraini, ad esempio, ne fanno ampio uso per documentare l’invasione russa. Chiamatela controffensiva digitale, sì. Peccato che in Russia, certi video, non arrivino. O, peggio, non si possano vedere. TikTok, ancora, sta infatti applicando una censura «senza precedenti» nella Federazione Russa. A dirlo è un rapporto di Tracking Exposed, un’organizzazione non profit focalizzata sui diritti digitali. Addirittura, leggiamo che la piattaforma sta bloccando l’accesso al 95% dei contenuti precedentemente disponibili per gli utenti russi.

TikTok è andato oltre

Lo scorso 6 marzo, l’app di proprietà cinese aveva risposto alle nuove leggi di censura varate dalla Russia annunciando che, nella Federazione, avrebbe sospeso il live-streaming e il caricamento di nuovi contenuti. Una decisione apparentemente a tutela degli utenti, ritrovatisi dall’oggi al domani a non poter utilizzare parole come «invasione» o «guerra». In realtà, stando al rapporto TikTok si è spinto oltre. Bloccando l’accesso alla quasi totalità degli account stranieri e, di riflesso, permettendo alla propaganda putiniana di guadagnare spazio e forza.

Tramite l’utilizzo di una VPN (un servizio che protegge la connessione internet e la privacy online) e svariati indirizzi IP russi Tracking Exposed ha tentato di accedere a contenuti non russi pubblicati su TikTok. Ebbene, nessun video proveniente da account europei o americani era fruibile in Russia. Neppure profili ufficiali come l’Organizzazione mondiale della sanità o le Nazioni Unite davano segni di vita. E ancora: nessuno dei dieci account più seguiti a livello globale era accessibile.

Non finisce qui, perché la censura è legata a doppio filo a TikTok. È stata l’applicazione stessa a sospendere l’accesso. Nei risultati di ricerca russi, infatti, è tuttora possibile risalire agli account dei media internazionali, degli influencer più famosi e di leader politici stranieri. Mancano, però, i video.

Il cortocircuito

Dall’altra parte, invece, la narrazione pro-Cremlino ha trovato sempre più spazio. Anzi, ha saputo aggirare il blocco. Verosimilmente con la complicità della piattaforma e di Mosca. E così, concetti quali operazione speciale, denazificazione dell’Ucraina e mondo russo – sbandierati da Vladimir Putin ad ogni piè sospinto – vengono riproposti anche su TikTok. Un cortocircuito creato, forse voluto, proprio dall’app cinese, legatissima al mercato russo. Il quarto in ordine di grandezza.

TikTok, di fatto, nel territorio della Federazione si è trasformato in un canale di propaganda del Cremlino. Interrogato da Euronews Next, un portavoce dell’azienda ha rimandato alla dichiarazione del 6 marzo scorso. La massima priorità, insomma, «è la sicurezza dei nostri dipendenti e dei nostri utenti». Mmmh.

«Alla luce della nuova legge russa sulle fake news, non abbiamo altra scelta che sospendere il live-streaming e i nuovi contenuti del nostro servizio video in Russia mentre rivediamo le implicazioni di questa legge sulla sicurezza», aveva aggiunto TikTok.

Tuttavia, come svelato da Tracking Exposed TikTok si è spinto oltre. Molto oltre. Privando il popolo russo di una prospettiva globale in merito alle azioni russe in Ucraina e, peggio ancora, appoggiando gli ideali di Putin che hanno spinto Mosca a invadere Kiev. Difficile, viste simili premesse, che l’opinione pubblica possa farsi un’opinione veritiera sulla guerra. Che, detto in altri termini, la cosiddetta pancia del Paese apra gli occhi.

La Russia come la Cina

TikTok non è nuovo a simili decisioni e storture. Le piattaforme, in generale, regolano i contenuti in base alle singole leggi nazionali. Anche altri giganti, in passato, hanno ceduto alle pressioni di governi o leader politici. 

Bytedance, l’azienda proprietaria di TikTok, gestisce già un’app parallela per il mercato interno, quello cinese: si chiama Douyin. Quasi tutte le piattaforme social, in Cina, si sono affrettate a sopprimere o limitare le dichiarazioni sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Come dire: meglio se vi attenete alla versione ufficiale di Vladimir Putin, un partner di Xi Jinping.

La stessa Russia, è notizia di questi giorni, dopo il blocco di Instagram deciso dal Cremlino si appresta a lanciare Rossgram. Mosca, in questo senso, assomiglia sempre di più a Pechino. In entrambi i casi, par di capire, restano sul mercato solo e soltanto le piattaforme che rispettano le linee guida della censura. O che non le contrastano.

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