Guerra

Timori per la centrale nucleare di Zaporizhzhia: quali sono i rischi?

Il direttore generale dell’AIEA lancia l'allarme all'ONU: «Esplosioni vicino all'impianto, situazione molto grave» - Gli esperti: «Più che Chernobyl, il pericolo è una nuova Fukushima»
Michele Montanari
12.08.2022 16:00

La centrale nucleare di Zaporizhzhia è da giorni la grande sorvegliata speciale della guerra in Ucraina. Ieri il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), Rafael Mariano Grossi, ha lanciato l’allarme durante un intervento in video al Consiglio di Sicurezza dell’ONU: «Queste azioni militari vicino a un impianto nucleare così grande potrebbero portare a conseguenze molto gravi». Dopo mesi di controllo russo e combattimenti nell’area circostante, negli scorsi giorni nell'impianto più grande d'Europa si sono verificate esplosioni che hanno coinvolto una linea dell’alta tensione, causando un'interruzione di corrente. I pompieri hanno domato le fiamme nella stazione di azoto-ossigeno, colpita dai bombardamenti, mentre uno dei reattori si è disconnesso dalla rete attivando il suo sistema di protezione. Al momento un grave danneggiamento sembra scongiurato, ma le riparazioni devono ancora essere esaminate e valutate dagli esperti. Secondo la AIEA, non vi è alcuna minaccia immediata alla sicurezza nucleare, tuttavia la situazione «potrebbe cambiare in qualsiasi momento», ha avvertito Grossi. «Tutti i pilastri fondamentali per la sicurezza nucleare sono stati compromessi se non del tutto violati durante questa crisi», ha ammonito il capo dell'AIEA, aggiungendo: «Un disastro nucleare è inaccettabile e quindi prevenirlo deve essere il nostro obiettivo principale: Russia e Ucraina devono collaborare con l'agenzia atomica delle Nazioni Unite. È una situazione molto grave, l'AIEA deve poter condurre la sua missione a Zaporizhzhia il prima possibile». Anche il segretario generale dell'ONU António Guterres non ha usato tanti giri di parole, definendo «suicida» qualsiasi attacco all'impianto nucleare. Ma chi ha colpito la centrale? Impossibile dirlo, senza una indagine indipendente che al momento sembra pura fantascienza, così come l'invio di una commissione di esperti della AIEA a Zaporizhzhia. Secondo i russi, le forze ucraine avrebbero usato l'artiglieria pesante contro l’impianto il 5 agosto, mentre il 6 avrebbero lanciato bombe a grappolo. Kiev afferma invece che gli attacchi sono opera dei russi e sostiene che il ritiro delle truppe di Putin, con il ritorno della stazione al controllo legittimo dell'Ucraina, è l'unico modo per rimuovere la minaccia nucleare. Attualmente i soldati stanziati presso l’impianto sarebbero circa 500 e, riporta la BBC, terrebbero in ostaggio i dipendenti dell'impianto, costringendoli a lavorare con le armi puntate «alla testa». 

«Non ci sarà una nuova Chernobyl»

Con i bombardamenti a Zaporizhzhia si sono riaccesi i timori per un disastro nucleare, tant'è che i media internazionali hanno subito interpellato gli esperti per capire quali possano essere i rischi più concreti. Secondo gli addetti ai lavori, le possibilità di una nuova Chernobyl sono molto basse, nonostante il recente monito di Volodomyr Zelensky: «Il mondo non dovrebbe dimenticare Chernobyl e ricordare che la centrale nucleare di Zaporizhzhia è la più grande d'Europa (fornisce energia a un quinto della popolazione ucraina, ndr)», ha affermato il presidente ucraino, chiedendo all’Occidente di colpire Mosca con nuove sanzioni. Anche l'ex presidente Dmitry Medvedev ha rievocato il disastro del 1986, lanciando pesanti accuse verso Ovest: «Quei pezzi di m*** a Kiev e i loro sostenitori occidentali sembrano pronti a creare un'altra Chernobyl», ha tuonato su Telegram.

Interpellato da Politico, Leon Cizelj, presidente della European Nuclear Society, ha però fatto sapere che i rischi dovuti ai bombardamenti in realtà sono minimi, in quanto i 6 reattori della centrale sono protetti da 10 metri di cemento. Secondo l’esperto, solo una raffica di bombardamenti aerei mirati riuscirebbe probabilmente a distruggere le mura che rivestono i reattori. Inoltre, un attacco ai siti di stoccaggio delle scorie avrebbe un effetto limitato, poiché, in caso di rilascio di materiale radioattivo, questo si propagherebbe al massimo fino a 20 chilometri di distanza. Il vero pericolo, secondo James Acton, co-direttore del programma di politica nucleare presso il Carnegie Endowment for International Peace, riguarda il sistema di raffreddamento dell'impianto che, a differenza dei reattori, ha «contatti con il mondo esterno» e dunque può essere colpito direttamente da un missile. Per i due esperti citati da Politico, se il sistema di raffreddamento dovesse guastarsi potrebbe – nel peggiore dei casi - «verificarsi la fusione del nucleo e questo provocherebbe enormi danni nel raggio di circa 30 km». Secondo Cizelj sarebbe una tragedia per la popolazione locale, ma per il resto d’Europa il pericolo sarebbe praticamente nullo.

«Il rischio è una seconda Fukushima»

Più che una nuova Chernobyl, in caso di bombardamenti il rischio è quello di una seconda Fukushima. Ne è convinto il radiochimico Boris Zhuikov che, in un'intervista pubblicata da Meduza, ha dichiarato: «Un disastro come quello di Chernobyl o un'esplosione nucleare sono solo fantasie. I reattori di Zaporizhzhia sono molto difficili da distruggere, essendo circondati da involucri resistenti, con ulteriori strati protettivi aggiuntivi». Secondo Zhuikov, il confronto più appropriato potrebbe essere con il disastro di Fukushima del 2011, nonostante evidenti differenze tra la centrale ucraina e quella giapponese. «L'acqua radioattiva rilasciata dopo l’incidente di Fukushima è stata parzialmente scaricata nell'Oceano Pacifico. Questo è enorme, e quindi non è accaduto niente di disastroso. La centrale di Zaporizhzhia si trova invece sulla riva del bacino idrico di Kakhovka, sul fiume Dnipro. Se i materiali radioattivi entrassero nel corso d’acqua, cosa molto probabile in caso di incidente, sarebbe gravissimo», ha sottolineato il radiochimico, ricordando che «a Fukushima non è morto nessuno, ma tutti gli abitanti sono stati evacuati e i giapponesi hanno dovuto adottare ogni tipo di misura di sicurezza». Zhuikov sostiene che se i materiali nucleari dovessero essere rilasciati, la principale minaccia per i civili sarebbe l'esposizione a lungo termine agli isotopi nucleari, che aumenterebbero gravemente il rischio di sviluppare il cancro: nel giro di pochi giorni l’intero territorio intorno all’impianto diventerebbe inabitabile. «L’unica soluzione – conclude l’esperto – è porre immediatamente fine alle operazioni militari vicino all’impianto».

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