Morire d'inflazione

«Sarà una cosa da dieci minuti, senza il parroco». Fabio Soldini è al telefono con un cliente nel suo ufficio a Coldrerio. È circondato da urne cinerarie, una lapide di fianco alla scrivania. «Perfetto, allora a sabato. Arrivederci». Attacca il telefono e riprende il lavoro: ha ritirato tre salme in pochi giorni - «una settimana di fuoco» - e prepara le ceneri per portarle al cimitero. Dalla composizione del defunto - di cui si occupa di persona - alla posa nel loculo dell’urna possono passare giorni o settimane. Ma negli ultimi anni i tempi si sono accorciati. Spesso i parenti chiedono a Soldini di portare la salma direttamente al forno crematorio. E alla sepoltura non chiedono la presenza del sacerdote.

È un segno dei tempi. C’entra l’evoluzione sociale, culturale, ma anche il carovita. Fatto sta che «ultimamente la richiesta di grandi funerali con tutti i crismi, che una volta erano la regola, è nettamente diminuita» spiega l’impresario, 49 anni, figlio d’arte. Ne aveva 15 quando ha iniziato a fare il «becchino» - si chiamava ancora così - e la vita in Ticino era completamente diversa, come pure la morte. «L’aspetto religioso e comunitario era molto più sentito di oggi» sottolinea Soldini. «Questo ha avuto naturalmente un impatto sul nostro lavoro».
La spesa imprevista
Dallo scoppio della pandemia la tendenza ha avuto un’accelerazione. Nell’«annus horribilis» del Covid i decessi in Ticino si sono impennati - da 3.238 nel 2019 a 4.067 nel 2020 - surriscaldando il settore. Il lavoro delle onoranze funebri è cambiato assieme alle normative sugli assembramenti (funerali compresi) e i tempi si sono compressi. «Abbiamo avuto un grande aumento di servizi ma in modalità diverse, sicuramente più frettolose» ricorda il presidente dell’associazione di categoria Emiliano Delmenico. «Non è stato un bel periodo». Finita la crisi i decessi sono scesi per poi tornare a salire (3.118 nel 2021, 3.537 nel 2022) seguendo un trend pluriennale in rialzo. Poi la guerra in Ucraina e l’inflazione galoppante hanno inciso sui prezzi e sul portafogli dei consumatori. In vita e anche dopo.

«Il nostro mestiere è spesso percepito come se appartenesse a un altro mondo. In realtà risente dei fenomeni economici come ogni altro settore» spiega Delmenico. L’Associazione della Svizzera italiana impresari di onoranze funebri (Asiiof) riunisce una cinquantina di operatori accomunati da una serie di rincari a cui far fronte: dalle materie prime - il legno delle bare in primis, più 30 per cento dal 2022 - alle bollette dei frigoriferi e dei forni crematori alimentati a gas. «A fronte di costi in aumento abbiamo una clientela che sta facendo più fatica a fronteggiare le spese impreviste. Che sia un’operazione dentaria, un’auto da riparare o un parente defunto».
Un lavoro difficile
Soldini ha ereditato dal padre e dallo zio l’attività. Un’ex falegnameria, come la maggior parte delle imprese funerarie in Ticino. «Sono cresciuto giocando tra le bare» racconta. «Ho sempre voluto fare questo mestiere, mio padre mi frenava ma alla fine ha dovuto cedere». Il 49.enne ricorda come ancora giovanissimo entrò nell’obitorio di Locarno la notte della strage di Rivera, il 4 marzo 1992 - «eravamo di picchetto, c’erano bare ovunque, anche sotto le scrivanie» - e dei tanti giovani vittime della strada o di altra morte violenta - «i treni sono la cosa peggiore» - raccolti magari in piena notte. La reperibilità totale per i clienti o per le emergenze della Polizia cantonale, organizzata a turni tra le imprese funerarie dei vari distretti, è uno degli aspetti più duri della professione. «Non ci sono orari né weekend che tengano, e le vacanze sono poche» sottolinea Soldini. «La morte arriva quando vuole».
Cercansi giovani
Forse anche per questo oggi i giovani non scalpitano come Soldini per imparare il mestiere. A parte una manciata di aziende con personale proprio, in Ticino la maggior parte degli impresari - una quarantina - lavorano con collaboratori a chiamata. Sono per lo più pensionati che «arrotondano» come Ernesto (nome di fantasia) che in una stanza sopra l’ufficio di Soldini svela i segreti del mestiere. «È un truccatore eccezionale» spiega il titolare. «Per i casi più difficili mi affido a lui o a mia moglie».

La pulizia dei defunti e il «trucco» sono operazioni delicate, che richiedono tempo e pazienza. L’igiene nella sala è maniacale, Ernesto maneggia i suoi attrezzi - pennelli, pinzette, il volto di un manichino per le prove - con la cura di un chirurgo, anche solo per fare una dimostrazione. Indossa camice, guanti e mascherina. L’atmosfera è a metà tra rigore sanitario e sacralità.
«Il nostro non è un lavoro qualunque, impone rispetto in molti aspetti» spiega Soldini facendo strada verso la sala attigua, dove una quarantina di bare sono ordinate su dei carrelli. I prezzi variano in base al tipo di legno e alle finiture. «Le versioni più economiche sono di compensato, ma personalmente mi rifiuto di usarle. È una questione di rispetto». Per lo stesso motivo Soldini come la maggior parte dei concorrenti applica tariffe forfettarie. «È difficile fatturare la singola ora o la singola voce al cliente in un momento doloroso. Se dovessimo calcolare tutto, un funerale costerebbe come un’automobile». Ma ci sono voci su cui non si fanno sconti - fiori, annunci, imposte comunali, tariffe di cremazione - perché «non dipendono da noi anche se spesso la gente non lo capisce» spiega l’impresario. Tra inflazione e carovita i margini si sono ridotti rispetto a una volta, calcola Soldini. Ma alla fine del giorno ritiene ancora che il mestiere «ripaghi dei tanti sacrifici» non solo in termini economici. Mercoledì, per i Morti, festeggerà come sempre. Reperibile e pronto a correre, se arriverà la chiamata.
