L'analisi

Negli USA la Chiesa di Leone XIV cammina sulle orme di Francesco

Nei primi sette mesi di pontificato Robert Prevost ha nominato otto nuovi vescovi e insediato complessivamente 14 ordinari e 5 ausiliari - Il profilo dei presuli è molto connotato - Nelle loro parole prevalgono l’attenzione alle condizioni di vita degli immigrati e la critica alle politiche del Governo
Papa Leone XIV è salito al soglio pontificio l’8 maggio di quest’anno succedendo a Francesco. ©Stefano Costantino
Dario Campione
27.12.2025 06:00

«Mentre un’economia distorta induce a trattare gli uomini come merce, Dio si fa simile a noi, rivelando l’infinita dignità di ogni persona. Mentre l’uomo vuole diventare Dio per dominare sul prossimo, Dio vuole diventare uomo per liberarci da ogni schiavitù. Ci basterà questo amore, per cambiare la nostra storia?».

Le parole della prima omelia della Notte di Natale, pronunciata da Leone XIV in San Pietro mercoledì scorso, hanno acceso molte discussioni tra analisti e commentatori.

I riferimenti a papa Francesco, la conferma del bisogno di una pace «disarmata e disarmante» - già evocata il giorno dell’elezione al soglio petrino - tracciano il profilo di un pontefice non facilmente incasellabile in schemi preordinati.

Chi è, davvero, Robert Prevost? E quale Chiesa sta plasmando? Non è facile rispondere a questa domanda, anche perché Leone non comunica in modo spontaneo e genuino come il predecessore. Pesa ogni parola. E ogni atto.

E tuttavia, alcune scelte possono aiutare a capire meglio. Ad esempio, le nomine dei vescovi delle diocesi del Paese d’origine. È noto come i rapporti tra la conferenza episcopale statunitense e papa Francesco non fossero facili. Le critiche più dure al magistero di Bergoglio sono arrivate, nei 12 anni del suo regno, proprio d’oltreoceano. Molti si chiedevano quale atteggiamento avrebbe assunto Leone XIV verso una delle Chiese con più fedeli (72 milioni) e, soprattutto, con più risorse finanziarie.

Cambio di direzione a New York

Ebbene, Prevost ha deciso, almeno fino a questo momento, di proseguire lungo il cammino tracciato dal predecessore. La nomina ad arcivescovo di New York di Ronald Aldon Hicks, 58 anni, attuale vescovo di Joliet (Illinois) che si insedierà a San Patrizio il prossimo 6 febbraio, è un segnale chiaro in tal senso. Un’autentica svolta, che arriva mentre la Chiesa americana si esprime apertamente a sostegno degli immigrati sotto minaccia di deportazione.

A differenza dell’uscente cardinale Timothy Dolan, che ha sostenuto apertamente le cause più conservatrici e ha pregato in entrambi gli insediamenti di Donald Trump alla Casa Bianca, Hicks - nella prima conferenza stampa dopo la nomina ad arcivescovo - ha detto di essere orgoglioso della recente dichiarazione dei vescovi cattolici che ha rimproverato la campagna di deportazione dell’amministrazione Trump. Gli Stati Uniti, ha detto, dovrebbero «essere un Paese che difende la dignità umana, il rispetto, il buon trattamento reciproco e si assicura che tutto ciò che riguarda queste politiche sia collegato al giusto processo».

Hicks, così come papa Leone, è cresciuto nei sobborghi meridionali di Chicago - il vescovo all’angolo tra la 155th e Woodlawn, e Prevost a sette minuti di macchina a nord, all’angolo tra la 141st e Indiana.

Entrambi sono stati missionari in America Latina. Come sacerdote, a El Salvador, Hicks ha guidato Nuestros Pequeños Hermanos, un’organizzazione che si prende cura di bambini orfani in nove Paesi latino-americani, ed è sempre stato devotissimo di Óscar Arnulfo Romero, il vescovo-santo salvadoregno difensore dei poveri, assassinato dagli squadroni della morte della giunta militare mentre celebrava messa, il 24 marzo 1980, nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza.

Tutte le nomine

L’arrivo di Ronald Hicks a New York non è, però, un fatto isolato. Da quando è Papa, infatti, Leone XIV ha accolto la rinuncia di 9 vescovi per raggiunti limiti d’età, nominato 8 nuovi presuli e insediato, complessivamente, 14 ordinari e 5 ausiliari in altrettante diocesi. La prima nomina risale al 22 maggio, 4 giorni dopo l’insediamento in San Pietro. L’ultima è di 5 giorni fa.

Scorrendo i profili dei prelati, alcuni elementi spiccano con immediata evidenza: la continuità con le scelte di papa Francesco, l’attenzione alle molte etnie presenti negli Stati Uniti (e, in particolare, a quella ispanica), una virata decisa in direzione opposta al conservatorismo. Anche se le categorie della politica non possono adattarsi a quelle ecclesiali, è pur vero che gli ordinari e gli ausiliari nominati da Leone sembrano mostrare il volto di una Chiesa aperta al dialogo con tutti.

Il nuovo ordinario di Monterey (California), Ramon Bejarano, nominato vescovo nel 2020 da papa Francesco, è ad esempio lo stesso che da ausiliare della diocesi di San Diego, nel giugno dello scorso anno - scatenando molte polemiche - si era scusato con la comunità LGBTQ+ dicendo, in un’omelia: «Chiedo perdono per il dolore e la sofferenza che io e la Chiesa abbiamo causato a molti di voi. Mi scuso per la stigmatizzazione e il trauma che abbiamo causato agli altri, perché abbiamo detto loro che non sono valorizzati e che non sono degni dell’amore di Dio. I membri della Chiesa molte volte non hanno accolto i senzatetto, i prigionieri, gli immigrati, i malati mentali, le persone LGBTQ, chi parla una lingua diversa o ha un colore di pelle diverso. Corriamo il rischio di vederli come “loro” e “noi”. La Chiesa è un corpo accogliente per chiunque voglia avvicinarsi a Gesù. In questo corpo esiste solo “noi”».

Altro esempio: il 10 luglio, Leone ha sostituito l’ultraconservatore Liam Stephen Cary nel ruolo di ordinario della diocesi di Baker (Oregon) con Thomas J. Hennen. Anche in questo caso, un cambio di direzione radicale. Il 9 febbraio 2024, contravvenendo alle indicazioni della dichiarazione Fiducia supplicans, Cary aveva chiesto ai sacerdoti della diocesi di «non benedire coppie conviventi conosciute, dello stesso sesso o di entrambi i sessi» convinto che le benedizioni per coppie in tali situazioni non potessero essere effettuate in modo «privo di scandali».

Hennen, che a 47 anni è l’ordinario più giovane degli Stati Uniti, è stato membro del Comitato per il genere formato nel 2021 dall’allora vescovo di Davenport Thomas Zinkula, e ha partecipato alla redazione di una guida pastorale riguardante il genere e l’identità sessuale. «In qualche modo - ha detto Hennen - dobbiamo capire come conciliare la nostra teologia, in particolare la nostra antropologia cristiana, inclusa l’idea che siamo corpo e anima, con il modo in cui affrontiamo queste questioni in modo pastorale. L’approccio dei cattolici verso le persone transgender non dovrebbe essere “o/o” ma dovrebbe essere “entrambi/e”».

La lettera aperta

Un ultimo esempio. Il 4 giugno, Robert Prevost ha accettato la rinuncia del vescovo di Pittsburgh (Pennsylvania), David Allen Zubik, il prelato che nell’aprile 2009 aveva definito «dolorosa» e «imbarazzante» la decisione dell’Università di Notre Dame di chiedere al presidente Barack Obama di tenere il discorso di apertura dell’anno accademico e di assegnargli una laurea honoris causa.

Al posto di Zubik, Leone ha nominato Mark Anthony Eckman, 66 anni, il quale, in una lettera aperta nel giorno della la festa di Madre Francesca Cabrini (13 novembre), la patrona degli immigrati, ha scritto: «L’insegnamento della Chiesa riconosce il diritto di una nazione a far rispettare le proprie leggi e controllare i suoi confini, ma eleva e difende anche i diritti e la dignità della persona umana, compresi i migranti, oggi diventati persone spesso ingiustamente capri espiatori per i mali sociali della nostra nazione e disumanizzati». Attualmente, ha aggiunto, «gli immigrati rischiano la deportazione, spesso senza preavviso e talvolta senza tutele del giusto processo e con tattiche di separazione familiare crudeli e disumane».

Parole chiare e messaggi forti. Negli USA, la Chiesa di Leone XIV si muove nel solco di quella di Francesco.

La scheda

Il 19% della popolazione
Con oltre 72 milioni di fedeli, il 19% della popolazione adulta, la Chiesa cattolica è il secondo gruppo religioso più grande degli Stati Uniti dopo la galassia del protestantesimo. Gli USA hanno la quarta popolazione cattolica più grande al mondo, dopo Brasile, Messico e Filippine.

Quasi 200 diocesi
La Chiesa Cattolica statunitense è suddivisa in 34 arcidiocesi, 143 diocesi, un ordinariato personale per gli ex anglicani, 2 arcieparchie e 16 eparchie delle Chiese cattoliche orientali.

Più di 17 mila parrocchie
Nelle oltre 17 mila parrocchie del Paese operano poco meno di 37 mila sacerdoti diocesani o regolari. I vescovi, invece, sono oltre 430; di questi, 260 sono attivi, gli altri hanno superato i 75 anni.

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