Non ritira la raccomandata: espulsa

BELLINZONA - In Svizzera si possono avere conseguenze veramente nefaste se non si ritira entro sette giorni dall'intimazione una lettera raccomandata alla Posta e non si riesce a dimostrare un impedimento di cui non si ha colpa. Le ripercussioni possono essere gravi soprattutto se il mancato ritiro non permette di dar seguito all'atto di un'autorità.
Ne sa qualcosa la cittadina colombiana che, in estrema sintesi, sarà costretta a lasciare il nostro Paese proprio a causa del mancato ritiro di una raccomandata della Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, nella quale si comunicava la decisione di non rinnovare il suo permesso di dimora. La conseguenza? Non ha potuto ricorrere all'istanza superiore. Ha cercato in un secondo tempo di far valere i suoi presunti diritti ma troppo tardi: tutte le autorità ticinesi, e per finire anche il Tribunale federale, hanno bocciato ogni sua pretesa.
La donna era sposata con un cittadino svizzero e aveva ottenuto così un permesso di dimora. In seguito la coppia divorziò. Così la Sezione della popolazione, facendo riferimento ad un precedente ammonimento, decise per la revoca dell'autorizzazione a vivere da noi. La comunicazione partì con lettera raccomandata che la colombiana non ritirò entro il termine perentorio di sette giorni, asserendo di non averla mai ricevuta perché malata e degente in ospedale.
Queste motivazioni non sono però state accolte e così la richiesta di vedersi restituito per intero il termine per un ricorso. In pratica la donna avrebbe dovuto dimostrare un errore da parte della Posta e non limitarsi ad affermare di non aver ricevuto la raccomandata.
Anche per quanto riguarda il suo stato di salute, è stato dimostrato che al momento dell'invio della lettera, la colombiana non si trovava ricoverata. E che le sue condizioni non erano così gravi «da non poter delegare a terzi la gestione delle proprie incombenze burocratiche» scrive il Tribunale federale.
Insomma, i giudici di Losanna hanno ritenuto inammissibili e tardive le censure inoltrate dalla donna, tanto da affermate che «il ricorso è infondato e va respinto». Alla colombiana, che dovrà ora partire dalla Svizzera, sono poi state accollate anche le spese giudiziarie ammontanti a 2.000 franchi.