Pensieri di libertà

Paternalismo buono e cattivo

Ho già avuto occasione di dichiarare in queste pagine il mio odio per il paternalismo, ovvero quella forma di intervento politico da parte di chi ritiene di conoscere il tuo bene meglio di te
Francesca Rigotti
Francesca Rigotti
15.12.2022 06:00

Ho già avuto occasione di dichiarare in queste pagine il mio odio per il paternalismo, ovvero quella forma di intervento politico da parte di chi ritiene di conoscere il tuo bene meglio di te e te lo impone senza chiedere il tuo parere e magari contro la tua esplicita volontà. Ma forse è opportuno che mi spieghi meglio.

Il termine paternalismo, usato per indicare forme di prescrizione autoritaria presunte benevole, non ha a che fare in particolare con la mascolinità, anche se richiama l’autorità paterna: volendo lo si potrebbe anche chiamare maternalismo o parentalismo. Parliamo qui comunque non di paternalismo familiare ma di paternalismo politico, governativo: quello che si propone di migliorare le vite dei cittadini senza tener conto della loro volontà. Ne esistono varie forme, più o meno autoritarie e più o meno imparentate con il cosiddetto «perfezionismo», cioè con l’idea che i governanti possano pretendere di plasmare la nostra concezione della vita buona e non soltanto il nostro ruolo di cittadini. Insomma l’idea che sia compito dello Stato promuovere la vita buona delle persone intervenendo sulle azioni che non sono favorevoli al loro benessere, per esempio il fumare o mangiare cibi malsani. Chi condannò paternalismo e perfezionismo fu il grande filosofo Immanuel Kant, sulla base della superiore nozione dell’autonomia e dell’autodeterminazione dei singoli, che non lascia spazio al governo di decidere che cosa è o non è una vita buona.

Ma come la mettiamo con il paternalismo morbido, con la cosiddetta «spinta gentile o nudging», che non minaccia col bastone ma solletica con la carota, messo in auge agli inizi del millennio dal premio Nobel per l’economia Richard Thaler con Cass Sunstein? Qui, grazie a misure psicologiche che intervengono sui loro impulsi, i cittadini sono spinti senza costrizione a modificare il loro comportamento. Le forme di paternalismo «soft» interferiscono con i diritti di libertà degli individui? È pur vero che le persone non sono sempre lucide e razionali nelle loro scelte e magari preferiscono caramelle gommose e tavolette di cioccolata a frutta e verdura di stagione, e tuttavia non è inquietante l’idea di uno Stato che si infila persino nel vostro frigorifero, anche se in maniera soft, morbida, buona? Come fanno del resto le tecniche pubblicitarie, che conoscono e usano tali strategie.

Non tutti gli interventi paternalisti, hard e soft, devono essere respinti come inammissibili, e qui i loro fautori portano immancabilmente l’esempio delle cinture di sicurezza, imposte ma utili a tutti. Eppure occorre essere in grado di concepire interventi che pur favorendo il benessere collettivo non interferiscano pesantemente con la libertà individuale, coinvolgendo molto di più i cittadini nelle scelte attraverso deliberazioni democratiche.