Ticino

PFAS nell'acqua: «Dobbiamo correggere questa situazione»

Nicola Solcà, capo della Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo: «Cercheremo di capire quali tecnologie impiegare per mitigare il problema delle acque che fuoriescono dal tunnel che vengono in contatto con le pareti di cemento»
Giona Carcano
12.10.2023 22:00

Circa la metà delle falde svizzere, da cui si ricava l’80% dell’acqua potabile del Paese, contiene sostanze polifluoroalchiliche (PFAS). È il risultato di uno studio pilota dell’Osservazione nazionale delle acque sotterranee (NAQUA). Uno studio che ha permesso di meglio identificare il problema, anche in vista di un vasto piano d’azione nazionale. Su iniziativa del Parlamento, infatti, l’Ufficio federale dell’ambiente sta verificando la necessità di un programma di prevenzione per ridurre l’impatto sulle persone e sull’ambiente dei PFAS e di altre sostanze chimiche persistenti. Inoltre, si intendono introdurre valori limite per i PFAS anche a livello di siti contaminati, rifiuti, suolo e immissione nelle acque di scarico.

Parallelamente alla ricerca promossa dall’Ufficio federale dell’ambiente, l’Associazione dei chimici cantonali svizzeri (ACCS) ha invece analizzato la qualità delle acque potabili nella rete di distribuzione. In un comunicato, il Dipartimento del territorio ha confermato la presenza di PFAS nella falda che alimenta il pozzo Pra Tiro a Chiasso. Il pozzo è l’unico a superare i limiti consentiti di queste sostanze inquinanti in Svizzera. Tuttavia, come rileva ancora il DT, «la qualità dell’acqua distribuita è stata garantita grazie a specifici filtri». Non solo. L’analisi condotta dell’ACCS ha evidenziato la presenza di PFAS in altri due campioni di acqua potabile ticinesi, provenienti dai Comuni di Capriasca (pozzo Pezza) e di Sant’Antonino (pozzo Boschetti). E la presenza di queste sostanze «è riconducibile a materiali utilizzati nella realizzazione della Galleria di base ferroviaria del Ceneri».

«Non siamo sorpresi da questi risultati», ci spiega Nicola Solcà, capo della Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo. «Già dai monitoraggi effettuati dapprima presso il deposito ex AlpTransit di Sigirino e in seguito al portale nord (in zona Vigana) della galleria di base del Ceneri, unitamente ad altre indagini, hanno permesso di stabilire che almeno una tipologia di materiale da costruzione utilizzata nella realizzazione dell’opera è all’origine della presenza di PFAS nell’acqua che fuoriesce dai due versanti del tunnel». Probabilmente, ci spiega ancora Solcà, l’origine va ricercata negli additivi utilizzati nei materiali cementizi. Che fare, dunque? «Dobbiamo correggere questa situazione», spiega ancora il capo sezione. «Cercheremo di capire quali tecnologie impiegare per mitigare il problema delle acque che fuoriescono dal tunnel che vengono in contatto con le pareti di cemento».

Il Dipartimento del territorio convoglierà gli scarichi di acque contenenti PFAS nei punti critici, analogamente a quanto fatto per il pozzo Pra Tiro, attraverso una serie di provvedimenti specifici ancora in corso di valutazione. Anche Capriasca e Sant’Antonino stanno vagliando possibili misure per diminuire la concentrazione di PFAS nell’acqua potabile. È bene sottolineare che i valori rilevati nei due Comuni interessati «non presuppongono a oggi restrizioni sulla potabilità dell’acqua».

Verso una stretta ai limiti

«Quello degli PFAS è un problema emergente», evidenzia Solcà. «Si trovano un po’ ovunque, e questi studi hanno permesso di avere un quadro più preciso della situazione. In Svizzera ci si sta muovendo per colmare il vuoto dell’apparato legale sul tema degli PFAS». Infatti, in vista del previsto inasprimento dei valori massimi (la Confederazione si adeguerà ai limiti imposti dall’UE, e passerà da gli attuali 0,3 µg/l a 0,1 μµg/l), i servizi di approvvigionamento idrico saranno tenuti a chiarire quali misure intendono adottare per conformarsi al nuovo valore massimo. Ad ogni modo, come evidenzia l’ACCS, «la campagna mostra un quadro positivo della situazione rispetto agli PFAS nelle acque svizzere».

Ce ne sono a migliaia

Gli PFAS sono un gruppo di composti chimici difficilmente degradabili che l’industria produce e impiega da decenni. Ce ne sono a migliaia, e vengono assorbiti principalmente attraverso gli alimenti di origine animale e l’acqua potabile. 

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