Politica cantonale divisa e incerta sull’inverno demografico in Ticino

La questione demografica irrompe in campagna elettorale. E non per merito dei partiti o dei singoli candidati, quanto piuttosto per la caparbietà e l’insistenza di Coscienza Svizzera che, ormai da anni, ha messo il tema al centro delle sue riflessioni.
Dopo un importante convegno organizzato alcuni mesi fa nel campus luganese della SUPSI (sfociato nella pubblicazione di un libro edito da Dadò e curato da Ivano Dandrea ed Edoardo Slerca, L’incertezza demografica. Il Canton Ticino tra denatalità e invecchiamento), ieri sera Coscienza Svizzera ha riunito attorno a un tavolo i rappresentanti delle quattro forze di Governo cantonali, chiedendo loro risposte sulle scelte da fare per impedire che culle sempre più vuote e popolazione sempre più anziana facciano precipitare il Paese in una crisi senza ritorno. È stato proprio Ivano Dandrea, in una breve introduzione, a mettere in rilievo i «quattro principali problemi» collegati all’inverno demografico ticinese: «Il progressivo invecchiamento della popolazione, la perdita di forza lavoro, la fuga dei cervelli e la denatalità. Se è vero l’assioma “Stato sano in demografia sana” - ha detto Dandrea - quanto sta accadendo deve preoccuparci. Tra pochissimi anni, un ticinese su 3 avrà più di 65 anni, cresceranno i costi di pensioni e assistenza e non sarà forse più possibile fare ciò che gli studiosi giudicano necessario in una società sana, ovvero “soddisfare i nostri bisogni senza impoverire i nostri eredi”».
Che cosa fare?, ha aggiunto Dandrea, «è la domanda che poniamo alla politica ticinese, la cui volontà oggi si fa fatica a vedere».
Un lungo dibattito
In realtà, dopo oltre 90 minuti di discussione e di riflessioni provenienti anche dal pubblico, stipato nell’auditorium bellinzonese di BancaStato, una risposta univoca e percorribile non è emersa. Incalzati dalle domande del giornalista della RSI Reto Ceschi, gli interlocutori di Coscienza Svizzera - i consiglieri di Stato Christian Vitta (PLR) e Raffaele De Rosa (Centro), la consigliera agli Stati Marina Carobbio (PS) e la granconsigliera Sabrina Aldi (Lega) - sono rimasti ciascuno sulle rispettive posizioni. Al riconoscimento del problema, che tutti hanno giudicato importante, non è corrisposta alcuna visione comune delle possibili soluzioni. Anzi, inevitabilmente il confronto ha messo in evidenza come ciascun partito tenda tuttora ad affrontare la questione partendo dalle proprie convinzioni culturali e ideologiche.
Così, se per Sabrina Aldi «il tema principale è il mercato del lavoro in cui ci sono troppi frontalieri», per Raffaele De Rosa il problema «è soprattutto di natura sociale, impossibile quindi da risolvere per decreto». E se per Christian Vitta «bisogna uscire dallo schema classico e puntare su una maggiore flessibilità dell’impiego, perché questo vogliono gli stessi giovani», per Marina Carobbio «prima di parlare di flessibilità si dovrebbe riflettere sull’aumento del lavoro atipico e precario e sull’assenza di tutele sociali».
Il nodo del bilancio
La discussione di ieri sera ha fatto capire in modo chiaro quali siano i maggiori problemi - gli stessi elencati da Dandrea nella sua introduzione - ma ha anche fatto emergere un dato sopra ogni altro: i partiti che, con ogni probabilità, dal 2 aprile prossimo si ritroveranno ancora una volta a governare il Cantone, non concordano sull’analisi delle cause e, soprattutto, sulle possibili vie d’uscita.
Un gruppo di lavoro, denominato “Prospettiva 2040”, sta tentando di costruire una base comune da cui partire, hanno rivelato Vitta e De Rosa. Al momento questo stesso gruppo non ha prodotto alcun documento. Il suo orizzonte, ha detto Vitta, è proiettato nella prossima legislatura. Per invertire la rotta su questioni quali denatalità, invecchiamento della popolazione, scarsa attrattività del Ticino per i giovani, bisogna immaginare forti investimenti in infrastrutture sociali. Ma il pareggio di bilancio cui il Cantone sarà costretto a uniformarsi a partire dal 2025, e su cui il popolo si è espresso con un voto, rende tutto molto difficile, se non impossibile.
Alla domanda di Coscienza Svizzera su “Quale politica demografica per il Ticino”, ieri sera, la politica non ha quindi dato una risposta organica. Ma soltanto riscontri parziali. Il più interessante dei quali, forse, è il possibile innalzamento dell’età pensionabile degli infermieri e dei medici dell’EOC, i quali potrebbero lavorare sino a 68 o anche 70 anni per sopperire a una carenza che oggi sta diventando complessa da gestire. La «visione d’insieme e la strategia comune» auspicata da Aldi è invece tutta da cercare. Con quale esito, è difficile dire.