Quando a pagare per le aspettative sono gli studenti

Disagio durante le lezioni, ansia di fronte a un sistema scolastico che limita fortemente lo spazio dell’errore, frustrazione e delusione.
È uno spaccato poco rassicurante quello che emerge dall’inchiesta presentata nei giorni scorsi dal Movimento per il socialismo (MPS) sull’impiego, da parte degli studenti del Liceo e della Commercio di Bellinzona, delle lezioni private. Stando al sondaggio realizzato a inizio anno, un allievo su tre si appoggia a insegnanti esterni per restare al passo con lo svolgimento del programma scolastico, giudicato «eccessivo» da quasi il 70% degli alunni interpellati.
Il referto finale è duro, difficile da digerire per una società che ha il compito di tutelare la salute dei giovani. Scrive il deputato Pino Sergi: «Se la selezione è concepita come un metodo per garantire qualità e meritocrazia, il prezzo psicologico pagato dagli studenti rischia di essere troppo alto. L’aumento delle richieste di lezioni private – spesso vissute come un supporto indispensabile per colmare lacune e superare le difficoltà – suggerisce inoltre che la scuola pubblica da sola fatica a rispondere efficacemente ai bisogni degli studenti».
A questo si aggiunge il tema, tutt’altro che secondario, del rischio di erosione del principio di equità su cui si fonda la scuola pubblica. Detto altrimenti: le lezioni private hanno un costo che non tutte le famiglie possono permettersi.
Non stupisce, allora, che il Consiglio di Stato già nel 2022 riconoscesse l’esistenza del problema nel suo rapporto su un’analoga mozione inoltrata dall’MPS. L’atto parlamentare, che chiedeva l’assegnazione di ore supplementari per le attività di recupero e l’organizzazione di sostegni scolastici gratuiti, è stato infine respinto dalla maggioranza del Parlamento lo scorso gennaio. Il Consiglio di Stato ha tuttavia confermato l’intenzione di approfondire la «correlazione tra il ricorso a lezioni private e il successo o insuccesso scolastico». Lo studio, ha confermato di recente il DECS, dovrebbe arrivare entro giugno. Ma qual è la posizione delle associazioni sindacali e magistrali? La scuola è davvero diventata troppo selettiva?
Allievi per classe
«Concordo sul fatto che il ricorso alle lezioni private rappresenti un problema, in quanto accentua le disuguaglianze legate alla provenienza socioeconomica degli studenti», commenta al CdT il presidente della VPOD docenti Ticino, Adriano Merlini, per il quale «la scuola pubblica ha le capacità e le risorse potenziali per prendersi cura degli studenti che incontrano maggiori difficoltà, ad esempio organizzando corsi di recupero gratuiti». Secondo Merlini, un altro elemento che potrebbe incidere positivamente è la riduzione del numero di studenti per classe. «Classi meno numerose permettono una maggiore individualizzazione dell’insegnamento e quindi un aiuto più mirato per chi incontra difficoltà». Il presidente della VPOD esprime anche scetticismo rispetto all’argomentazione del Consiglio di Stato che, nel messaggio del 2022, invitava a respingere la mozione dell’MPS sostenendo che la scuola deve trovare soluzioni all’interno della griglia oraria (vedi colonna di sinistra). Secondo Merlini, questo può forse funzionare in condizioni ideali, ma non nella realtà quotidiana delle nostre scuole. «L’eterogeneità degli studenti, il numero elevato di allievi per classe e la presenza di studenti con difficoltà di attenzione o che non frequentano regolarmente i corsi rendono inevitabile che alcuni fatichino a seguire le lezioni, anche quando l’insegnante cerca di coinvolgere tutti». Ad ogni modo, l’impossibilità di accedere a lezioni di recupero può effettivamente incidere sul tasso di insuccesso scolastico. «Alcuni abbandoni sono dovuti alla mancanza di motivazione generale, ma altri potrebbero essere evitati se gli studenti in difficoltà in una o due materie avessero accesso a un supporto gratuito offerto dalla scuola pubblica». In questi casi, conclude Merlini, l’offerta di un aiuto accessibile potrebbe fare davvero la differenza.
Scuola selettiva?
L’esito del sondaggio non sorprende neppure Gianluca D’Ettorre, presidente del sindacato OCST-Docenti. «Il ricorso diffuso alle lezioni private da parte degli allievi di scuola media superiore non rappresenta una novità per gli addetti ai lavori». Ciò detto, secondo D’Ettorre, questa tendenza merita una riflessione più articolata prima di giungere a conclusioni affrettate: «Il fatto che molti studenti ricorrano alle lezioni di ripetizione non dimostra, per esempio, in modo automatico che la scuola sia troppo selettiva, come vorrebbe far credere l’MPS». In generale, secondo D’Ettorre, i temi sollevati dal Movimento meritano di essere indagati: «Ma attenzione a saltare a conclusioni affrettate». Sul tasso di bocciatura e di abbandono degli studenti che iniziano un percorso di studio nel medio superiore – secondo l’MPS, il 50% non arriverebbe a conseguire il certificato di maturità – D’Ettorre osserva che, in realtà, in Ticino, «il liceo spesso viene vissuto come un’alternativa di ripiego rispetto alla formazione professionale, che presenta numeri chiusi e liste d’attesa». Pertanto, nel medio superiore potrebbero giungere profili di studenti che attendono altre soluzioni o che non hanno ancora maturato una scelta definitiva. Venendo alle lezioni di recupero, il docente osserva come, a livello pratico, i corsi non siano sempre così frequentati: «Possiamo immaginare che forme di insegnamento personalizzate siano preferite dagli studenti». Ciò detto, D’Ettorre ricorda come l’OCST, sin dal 2022, abbia inserito nel documento programmatico sulla scuola il potenziamento – già nella scuola dell’obbligo e in particolare nel medio superiore – dei corsi di recupero, che effettivamente, come osserva l’MPS, sono diminuiti per motivi di risparmio. Condivisa anche l’analisi che tangenzialmente emerge dal sondaggio: «È un dato di fatto, i ragazzi oggi sono più fragili e in difficoltà». Il ricorso alle lezioni private è un sintomo e una conseguenza. Ma si chiede D’Ettorre: è davvero la scuola ad essere diventata più selettiva? Secondo il docente, l’esperienza scolastica attuale sembra essere influenzata da una serie di fattori che travalicano i confini dell’istituzione scolastica. «Le pratiche didattiche che ho impiegato per un ventennio oggi non funzionano più allo stesso modo. Mi sembra che le capacità di attenzione e di comprensione, negli anni, siano diminuite». Un’involuzione riconducibile, forse, all’esposizione prolungata dei ragazzi agli schermi. «Diversi studi pubblicati in Francia sembrano andare in questa direzione». Di qui, insomma, le maggiori difficoltà e il maggior ricorso al supporto esterno. Anche dal profilo emotivo D’Ettorre avverte una minore solidità da parte degli studenti. «Non c’è in atto alcuna selezione da parte della scuola e dei docenti. Credo piuttosto che una serie di fattori contribuiscano ad aumentare la pressione». D’Ettorre non esclude che le richieste scolastiche siano effettivamente aumentate («andrebbe analizzato caso per caso, materia per materia»), forse anche per effetto della crescente digitalizzazione della didattica. «Sono tutti aspetti che meriterebbero un’indagine approfondita. Il campanello d’allarme lanciato dall’MPS va preso sul serio – afferma D’Ettorre – ma prima di concludere che la scuola sia diventata più selettiva, bisogna capire bene le dinamiche in gioco». Anche perché, se la soluzione fosse semplicemente quella di abbassare le richieste in una materia o nell’altra, il rischio di compromettere la qualità della scuola sarebbe dietro l’angolo. Calma e gesso, dunque.