Storie di cinema

«Quando le persone cercano un dialogo con la mia camera, sono felice»

Intervista ad Amanda Caprara, 30.enne di Bellinzona, operatrice di ripresa e direttrice della fotografia
Amanda Caprara, 30 anni, è operatrice di ripresa e direttrice della fotografia. ©Chiara Zocchetti
Prisca Dindo
16.08.2025 06:00

Da sempre la fotografia è nelle corde di Amanda Caprara. Da piccola, quando la mamma Nadia sfogliava le riviste di moda, lei le correva accanto. Ai suoi occhi di bambina, ogni scatto rappresentava un’esplosione di bellezza e di design. «Il mio sogno più grande - ricorda - era diventare fotografa di moda e riuscire a firmare le copertine di Vanity Fair».

Nata a Bellinzona nel 1995, questa bella ragazza minuta ma dalle braccia possenti non sta facendo carriera nel mondo della fotografia di moda, bensì in quello del cinema e della televisione ticinese: sia come camerawoman, sia come direttrice della fotografia e come prima e seconda assistente della camera. Un piccolo cambiamento di programma che risale all’epoca delle scuole dell’obbligo. «Quando finii le scuole medie, mi diedi subito da fare per trovare un apprendistato nel campo della fotografia - ricorda Amanda - Le cose però diventarono complicate: il fotografo che avevo individuato mi disse che avrebbe potuto assumermi soltanto l’anno successivo, perciò lasciai perdere e continuai gli studi». Amanda ripone nel cassetto il suo sogno e si iscrive alla scuola di Commercio a Bellinzona. Come accade spesso nella vita, il destino decide altrimenti. La giovane scopre che in Ticino esiste una scuola dedicata al cinema: il Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive (CISA): «mi iscrissi subito e la scuola accettò la mia candidatura».

«Sono stati anni durante i quali mi sono sentita più libera» confida. L’aria che Amanda respira al CISA è carica di energia e creatività. «Ricordo che alla Commercio “subivo” l’insegnamento, non ero fatta per il mondo aziendale, mentre al CISA ho trovato la mia strada. L’inizio, però, non è stato semplice, «anzi, mi sono sentita un po’ un pesce fuori d’acqua»: molti compagni di corso avevano un’infarinatura di cinema, Amanda no. Passato lo smarrimento iniziale, la giovane affronta con entusiasmo il percorso di studio: due anni per il diploma e il terzo per la specializzazione. «E io, ovvio, scelsi fotografia cinetelevisiva». Amanda impara subito ad apprezzare l’empatia che nasce tra chi sta al di qua e chi sta al di là della camera. «A volte, tra l’operatore di camera e chi sta dall’altra parte nasce una sorta di magia, un qualcosa di energetico che li mette in relazione». Un feeling che la giovane ritrova spesso sul red carpet di Locarno quando riprende in diretta l’arrivo dei protagonisti dei film proiettati in Piazza. «Succede che le persone riprese cerchino un dialogo con la mia camera e ciò mi rende molto orgogliosa del mio lavoro». In otto anni di attività, la giovane ha lavorato in molte produzioni svizzere: quattro in veste di direttrice della fotografia di documentari; due come prima assistente, altre come seconda assistente camera. «Imparo qualcosa quasi ogni giorno».

Il fatto di essere donna in questo ambito non le ha creato particolari problemi, «tuttavia all’inizio ho sottovalutato il fattore muscoli: il ruolo del secondo assistente camera è bellissimo perché fa in modo che il reparto possa lavorare senza intoppi, c’è molta organizzazione e manualità ma è anche un mestiere piuttosto fisico. Ricordo che agli inizi volevo dimostrare di essere forte come i miei colleghi e quindi non chiedevo aiuto. Ma quando la schiena cominciò a farsi sentire, smisi di giocare il ruolo della forzuta e mi feci aiutare. I muscoli contano nel mio mestiere, ma è soprattutto l’occhio che fa la differenza».