Politica

Riforma della Polizia ticinese: «Un progetto calato dall’alto»

Dopo la stroncatura dei Comuni del Luganese, anche i sindacati criticano il rapporto elaborato dal Gruppo di lavoro del Cantone - Cimbri (FSFP-TI): «Non siamo stati coinvolti» - Ghisletta (VPOD): «Preoccupa il travaso dei compiti» - Fonio (OCST): «Occhio alla motivazione degli agenti»
© CdT / Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
15.11.2024 06:00

«Mi passi la provocazione: se la riforma della Polizia ticinese è mandare in giro gli agenti della Comunale in bicicletta, siamo a posto».

Dopo la secca presa di posizione dei Comuni del Luganese contro il progetto elaborato dal gruppo di lavoro promosso dal Cantone, anche i sindacati - interpellati dal CdT - sollevano timori e critiche. «Innanzitutto non siamo stati coinvolti», osserva Ivan Cimbri, presidente del Comitato Federazione funzionari di polizia. «Ciò che sappiamo lo abbiamo appreso dalla stampa. Se però la riforma dei compiti per le Comunali si riducesse realmente al pattugliamento in modalità lenta, non potremmo che esprimere perplessità». Secondo Cimbri, una condivisione maggiore del progetto avrebbe giovato a tutti: «I sindacati avrebbero avuto modo di capire meglio i contenuti, mentre il Gruppo di lavoro avrebbe potuto accogliere le riflessioni che vengono dal basso». E ancora: «Da un lato non comprendiamo il motivo della nostra esclusione, dall’altro è evidente che ci sentiremo autorizzati a esprimere tutto ciò che riterremo opportuno».

Perplessità per una riforma calata dall’alto, la esprime anche Raoul Ghisletta, segretario cantonale della VPOD e sindacalista responsabile del settore Polizia. «Non abbiamo ancora visto nulla, se non quanto emerso dalla stampa. La settimana scorsa abbiamo avuto una prima discussione interna. La preoccupazione maggiore riguarda il previsto travaso di compiti legati all’interventistica verso la Polizia cantonale». Le risorse della Gendarmeria - prosegue Ghisletta - sono già piuttosto misurate a causa di un’eccessiva burocrazia che tiene gli agenti lontano dai compiti di pattuglia. «Un aumento dei compiti graverebbe ulteriormente sul corpo di Polizia. Speriamo che abbiano fatto i calcoli correttamente».

Sulla falsariga anche il sindacato OCST che a inizio settimana ha avuto un primo contatto con il Comando della Polizia cantonale. Il responsabile del settore Polizia, Giorgio Fonio, spiega: «Abbiamo sollecitato un aggiornamento sui contenuti del progetto. Per lo stesso motivo, insieme agli altri sindacati, abbiamo chiesto un’audizione con Luca Filippini, segretario generale del Dipartimento delle Istituzioni e coordinatore del Gruppo di lavoro». Fonio sottolinea che le principali preoccupazioni tra gli agenti riguardano la nuova ripartizione dei compiti: «In futuro sarà essenziale garantire un equilibrio nei carichi di lavoro e fare in modo che gli agenti si identifichino con le nuove mansioni. In caso contrario, la motivazione individuale potrebbe risentirne negativamente».

E sugli agenti in bicicletta? «Se ci dimostreranno che non è così, ben venga», commenta ancora Cimbri. «In caso contrario sarebbe uno stravolgimento della situazione attuale. Le Polizie comunali in realtà oggi danno un grande sostegno alla Cantonale nella maggior parte degli interventi in ambiente urbano».

Sulla riorganizzazione dei flussi di lavoro tra PolCant e PolCom, a favore di una maggiore sinergia, Cimbri è cauto. «A livello sindacale, riteniamo che sia giunto il momento per la politica di definire chiaramente le competenze da attribuire alla Polizia cantonale e, rispettivamente, a quella comunale». Un tema che, secondo Cimbri, va però letto in relazione a quello delle risorse. «La tendenza a una diminuzione dell’organico ci preoccupa, anche a fronte della decisione del Governo di cancellare, nel 2026, la Scuola di polizia e di ridurre, nel 2025, l’accesso per la formazione a 15 gendarmi anziché 20». Tra i temi sensibili della riforma, oggetto della stroncatura da parte dei Comuni, c’è poi l’abolizione della distinzione tra Polizie polo e Polizie strutturate. «Gli equilibri attuali sono frutto di decisioni della politica comunale. Questo cambiamento introdurrebbe uno stravolgimento difficile da gestire a vantaggio di tutti».

La governance

Più conciliante, invece, il presidente delle Polizie comunali ticinesi, Orio Galli. Il quale, sulla stroncatura dei Comuni del Luganese, osserva: «Le critiche maggiori toccano l’aspetto della governance». Secondo i Comuni del Luganese, il progetto prevede infatti la nascita di una Conferenza cantonale sulla sicurezza al posto dei vari livelli comunali e regionali. In realtà, secondo Galli, questo aspetto della governance è stato volutamente tralasciato: «Approfondiremo il tema unicamente se il Parlamento dovesse scegliere questo progetto e non quello della Polizia unica o, ancora, lo status quo». Ad ogni modo, aggiunge Galli, le sollecitazioni dei Comuni verranno prese in considerazione dal Gruppo di lavoro. «La questione della governance verrà inserita nel progetto; come verranno inserite le critiche legate all’abolizione delle Polizie polo». Insomma, il progetto è ancora aperto e, comunque, «rappresenta una valida alternativa alla Polizia unica. Ci sono aspetti da migliorare, ma toccano essenzialmente questioni di natura politica di cui il Gruppo di lavoro saprà tenere conto».

Gobbi risponde ai Comuni del Luganese

Il direttore del DI Norman Gobbi si dice «sorpreso». Sorpreso dalla stroncatura con cui i Comuni del Luganese hanno reagito. «Il progetto sviluppato dal Gruppo di lavoro si basa sul rafforzamento del ruolo di prossimità per le Polizie comunali. Una richiesta giunta dagli stessi Comuni per il tramite dell’Associazione dei Comuni». La critica di una «ridotta autonomia decisionale» avanzata dai Comuni quindi non tiene. Non solo. Gobbi sottolinea che «il Gruppo di lavoro è costituito pariteticamente da rappresentanti dei Comuni e delle loro Polizie e da rappresentanti della Polizia cantonale e del Cantone. Inoltre, stiamo parlando di un rapporto che non è ancora consolidato, né da parte mia, né tantomeno dal Governo». Gobbi si dice pertanto sorpreso dal «tono di chiusura che posso leggere nel comunicato diramato l’altro giorno».

«Costo sostenibile?»

Le critiche, ad ogni modo, saranno tenute in considerazione. Secondo i Comuni, tuttavia, l’attuale sistema funziona bene. Perché cambiarlo? «La premessa è che questo progetto nasce dalla constatazione condivisa che l’attuale sistema, pur garantendo livelli di sicurezza adeguati, ha un costo non sempre giustificabile per il cittadino. Penso in particolare a una ripartizione in parte non chiara e adeguata e alla ridondanza di alcune attività svolte contemporaneamente dalle Polizie comunali e dalla Cantonale. Certo, nel suo complesso funziona bene, ma dovrebbe funzionare meglio, mettendo al centro il cittadino, e non le istituzioni».

Il rischio della Polizia unica

I Comuni più critici, in realtà, leggono nel progetto un de-potenziamento delle Comunali e un’affermazione, magari light, della Polizia unica. «Se non ammettiamo la necessità per le Polizie comunali, così come per la Polizia cantonale, di trovare nuove coordinate, senza stravolgere l’attuale impostazione, allora manchiamo nel nostro lavoro e diamo fiato a chi già oggi insiste sulla creazione di una Polizia unica, cancellando, di fatto, il patrimonio delle nostre Polizie comunali. Ed è in questo senso che ritengo interessante quanto scaturito dal Gruppo di lavoro, poiché rafforza il ruolo di prossimità del Comune che per il cittadino è fondamentale. È in base a questa riflessione che ritengo perlomeno controproducente l’intervento dei Comuni del Luganese, fermo restando il diritto alla critica».

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