Il reportage

Santa Barbara prega per noi

Nel cantiere del San Gottardo 17 infortuni gravi finora – La messa per la Patrona: «La tecnologia non basta»
©Gabriele Putzu
Davide Illarietti
10.12.2023 13:45

La teca è illuminata da una luce elettrica, nell’oscurità al limitare del tunnel. Michele Fomasi apre l’anta di vetro e, alzandosi sulle punte dei piedi, ripone con cura la statua sopra un cuscinetto bianco. Sorride e torna fuori sotto la neve.

I fiocchi scendono leggeri sopra il cantiere di Airolo: quest’anno la cerimonia di Santa Barbara (4 dicembre), patrona dei minatori, per via del freddo si è tenuta in un’officina al coperto, tra tubi idraulici e ruspe a riposo. Un centinaio di operai del consorzio che sta realizzando la seconda canna del tunnel stradale si sono ritrovati alle 10.30 di mattina davanti a un altare improvvisato su assi di legno.

La svolta nei lavori

«Vi do il benvenuto alla festa della nostra patrona» ha esordito un portavoce del consorzio in piedi sotto una grande croce. In un discorso bilingue italiano-tedesco ha ricordato i progressi fatti finora ad Airolo: in agosto sono stati completati i lavori del lotto 343, con la creazione di un tunnel di emergenza, e a inizio novembre è stato aperto il lotto 341 che prevede lo scavo di 17 kilometri di galleria fino a Göschenen. «È un lavoro immenso» ha sottolineato il portavoce Roberto Zanoli. «Con la protezione della nostra patrona non si sono avuti, finora, incidenti gravi».

Ma il lavoro è ancora lungo sotto la montagna. Il programma prevede sette anni di lavori per un totale di 445 collaboratori impiegati a pieno regime, che confluiranno gradualmente verso il lotto principale. Attualmente gli operai al lavoro nel Gottardo sono 302, di cui 182 ad Airolo. Alla cerimonia tenutasi lunedì lontano da riflettori e telecamere (come da tradizione) erano presenti anche «i colleghi e vicini» del lotto 111 - che si occupa si smaltire le macerie - e del cantiere del Ritom anch’esso prossimo al completamento. Una cerimonia parallela si è svolta a Göschenen dove al momento lavorano 110 operai.

Nove morti dal 2000

La devozione a Santa Barbara dimostra quanto la sicurezza sia un tema sentito non solo nel cantiere del tunnel stradale ma, in generale, da tutti gli addetti del settore in Ticino (altri 80 sono impiegati, ad esempio, nel cantiere del tunnel ferroviario dopo l’incidente del 10 agosto). Nei tunnel di montagna l’esposizione al rischio è alta e l’allerta massima: a giugno la galleria 341 è stata evacuata a seguito di un allarme gas scattato in automatico, gli accertamenti successivi hanno appurato che non si trattava di un pericolo reale, ma il cantiere è rimasto fermo per due giorni.

La prudenza e la tecnologia aiutano, ma non sono una garanzia totale. Nella costruzione della galleria di base del Gottardo, completata nel 2016, incidenti letali si sono verificati a Faido, Amsteg, Sedrun e Bodio, per un totale di 9 vittime. Tra i lavoratori che si fanno il segno della croce davanti alle statuette della Santa radunate sull’altare - quattro, provenienti da altrettanti cantieri - diversi hanno esperienze dirette di incidenti gravi. Venanzio Dominguez ha perso «diversi amici» in quarant’anni di lavoro nelle montagne svizzere: gli ultimi nel 2001 nel cantiere di Sedrun. È molto devoto: tutti i lunedì prega assieme ai colleghi davanti alla Santa al cantiere del Ritom, prima di iniziare la settimana di lavoro.

«Da quando è stato aperto il traforo del Gottardo è cambiato il mondo, la tecnologia è migliorata» conclude il portavoce Zanoli. «Ma l’intreccio tra forza umana e tecnologia non è sufficiente. Chiediamo a Santa Barbara di illuminare il nostro cammino». Davanti alle statuette prima della messa c’è una piccola ressa. Chi scatta una foto, chi prega o fa un video per i colleghi rimasti a casa: molti hanno approfittato del «ponte» per rimanere con le famiglie all’estero, in Spagna, Italia, Austria o Est Europa.

La Santa dei pericoli

«La ricorrenza è osservata in tutto il mondo» ricorda don Demdam Elizalde prima di iniziare la cerimonia. Scarponi ai piedi e accento spagnolo (viene dalle Filippine) da quando è parroco di Airolo e Bedretto conosce bene la storia della Santa. Nella valle i cantieri non mancano mai e domineranno il paesaggio fino al 2034 almeno: per don Elizalde è la terza cerimonia. «Barbara era una martire cristiana del terzo secolo - racconta - fu uccisa da suo padre perché non volle abiurare la Fede cristiana». Esistono diverse versioni, ma il parroco propende per spiegare il collegamento con i minatori con il fatto che il padre-assassino fu colpito da un fulmine per punizione divina.

Il bilancio

Dall’apertura del primo tunnel ferroviario ad Airolo (1872-1882) sono 228 gli operai morti in quello che, in seguito, sarebbe diventato il progetto Alptransit. Il numero è diminuito progressivamente: nella costruzione della galleria autostradale (1969-1976) le vittime erano già scese a 19, meno di un decimo rispetto al cantiere ottocentesco. In tre anni di lavori alla seconda canna autostradale per fortuna non ci sono stati incidenti letali: gli infortuni, tuttavia, sono stati 25 di cui 17 registrati come «gravi» (oltre tre giorni di assenza) e 8 come bagatelle. Per i sindacati è la prova del fatto che c’è ancora tanta strada da fare, sopra e sotto terra. «È evidente che ci sono stati grandi progressi nelle tecniche di scavo, ma questo non toglie che il ritmo dei lavori e la fretta per rispettare i tempi di consegna portino tendenzialmente a un’infortunistica ancora troppo alta» avverte Igor Cima di Unia.

Dal canto suo la Marti Tunnel, il colosso bernese appaltatore dei lavori in consorzio con due ditte ticinesi (Mancini&Marti ed Ennio Ferrari) assicura di dare priorità alla sicurezza delle maestranze. «Investiamo tantissimo nella formazione del personale, che rappresenta la nostra strategia di sicurezza principale, assieme all’innovazione e al continuo aggiornamento delle tecnolgie» spiega il capo-progetto Roberto Zanoli. Ma un margine di pericolo rimane sempre e qui entra in gioco la Santa. «Non è una semplice tradizione - assicura Zanoli -, è qualcosa che aiuta i nostri minatori a entrare in galleria con uno spirito diverso».

Terminata la cerimonia Fomasi, 50 anni di Mendrisio, ha raccolto la statua del «suo» lotto (il 343) ed è andato ricollocarla assieme ad alcuni colleghi. Hanno stampato delle felpe con l’effigie della patrona e la scritta «Santa Barbara underground». Non hanno mai subìto infortuni di persona ma conoscono i rischi: Fomasi si occupa di esplosivi, è lui a premere l’interruttore quando un pezzo di roccia è fatto brillare. Racconta che in fondo alla galleria si vede un lampo seguito da un boato assordante. «Chiaro che un po’ di paura c’è». La Santa nella sua teca di vetro sembra guardarlo con aria tranquillizzante. All’indomani della festa lo aspetterà qui, per ricominciare il lavoro.

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